LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –
Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11277/2015 R.G. proposto da:
P.R., rappresentato e difeso dall’avv. Attilio Panagrosso, presso cui è elettivamente domiciliato in Cimitile al vico Carradori n. 1;
– ricorrente –
contro
Equitalia Sud S.p.A., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Fulvio Ceglio, presso con cui è elettivamente domiciliata in Roma alla via dei Pontefici n. 3, presso lo studio Capece Minutolo del Sasso;
– controricorrente –
e:
Camera di commercio di ***** e Camera di commercio di ***** –
Registro delle imprese;
– intimate –
avverso la sentenza n. 8407/32/14 della Commissione tributaria regionale della Campania, pronunciata in data 11 luglio 2014, depositata in data 3 ottobre 2014 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 luglio 2021 dal consigliere Andreina Giudicepietro.
RILEVATO
che:
P.R. ricorre con un unico motivo avverso Equitalia Sud S.p.A., la Camera di commercio di ***** e la Camera di commercio di ***** – Registro delle imprese – per la cassazione della sentenza n. 8407/32/14 della Commissione tributaria regionale della Campania, pronunciata in data 11 luglio 2014, depositata in data 3 ottobre 2014 e non notificata, che ha accolto parzialmente l’appello dell’ufficio, in controversia concernente l’impugnativa di un estratto di ruolo relativo a numerose cartelle di pagamento, di cui il contribuente contestava di aver ricevuto la notifica;
con la sentenza impugnata la C.t.r. ha ritenuto che delle notifiche delle cartelle specificamente indicate fossero avvenute regolarmente mediante consegna alla sorella del destinatario o a persona addetta alla casa e che le relate risultavano sottoscritte dal soggetto ricevente;
per quanto ancora di interesse, la C.t.r. riteneva, inoltre, che la mancata (indicazione, nella relata, della qualità di convivente accanto al nome della sorella del destinatario, non comportasse la nullità della notifica, che era avvenuta presso l’abitazione di quest’ultimo;
a seguito del ricorso, Equitalia Sud S.p.A. si è costituita e resiste con controricorso, mentre la Camera di commercio di ***** e la Camera di commercio di ***** – Registro delle imprese – sono rimaste intimate;
il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 6 luglio 2021, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197;
il contribuente ha depositato memoria telematica.
CONSIDERATO
che:
con l’unico motivo, il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione delle norme che disciplinano la notifica degli atti a persona diversa del destinatario;
secondo il ricorrente, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 7, in tema di notificazione di atti a mezzo del servizio postale e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari, il rapporto di convivenza del familiare, a cui viene materialmente consegnato l’atto, deve essere esplicitamente indicato nella relata di notifica;
nel caso di specie, invece, nella relata non sarebbe stato indicato il rapporto di convivenza della sorella del contribuente, che materialmente ha ricevuto la notifica delle cartelle di pagamento contestate;
inoltre, rileva il ricorrente che la L. 28 febbraio 2008, n. 31, art. 36, comma 2-quater di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (decreto cd. Milleproroghe), ha aggiunto alla L. n. 890 del 1982, art. 7, ulteriore comma, il quale prevede che “se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata”;
secondo il ricorrente, la previsione, che apparentemente ricalca la disciplina prevista dall’art. 139 c.p.c., se ne discosta poiché prevede la comunicazione dell’avvenuta notifica in tutte le ipotesi in cui l’atto non viene consegnato personalmente al destinatario della notifica;
di contro l’art. 139 c.p.c., onera l’ufficiale giudiziario incaricato della notifica a spedire l’avviso dell’avvenuta notificazione solo nell’eventualità che l’atto venga consegnato al portiere dello stabile ovvero ad un vicino di casa del destinatario che accetta di riceverlo (cfr. art. 139, commi 3 e 4);
inoltre, la previsione contenuta nell’art. 36, comma 2-quinquies, sancisce che “la disposizione di cui al comma 2-quater, si applica ai procedimenti di notifica effettuati, ai sensi della citata L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 7, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Le notificazioni delle sentenze già effettuate, ai sensi della citata L. n. 890 del 1982, art. 7, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto non producono la decorrenza del relativo termine di impugnazione se non vi è stata consegna del piego personalmente al destinatario e se è provato che questi non ne ha avuto conoscenza”;
al riguardo osserva il ricorrente che la legge di conversione del c.d. Decreto Milleproroghe è entrata in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 29 febbraio del 2008 n. 51, data da cui far decorrere gli effetti delle novità introdotte;
per il caso di notifiche avvenute a mezzo posta, qualora il notificatore non abbia spedito l’avviso, cosi come richiesto della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, si verifica un’ ipotesi di mancato perfezionamento della notifica e/o di nullità della stessa;
dunque, secondo il ricorrente, la Commissione regionale avrebbe dovuto dichiarare nulle le notifiche impugnate, perché tutte consegnate a persona diversa dal destinatario, senza essere seguite dalla raccomandata, così come prescritto dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6;
il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile, perché difetta di autosufficienza;
invero, la C.t.r. ha accertato che, in ordine alla notifica delle quattro cartelle di pagamento contestate, la prima (contrassegnata nella sentenza impugnata con la lettera a) era stata regolarmente eseguita ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 3;
in particolare, la norma citata, prevede che “nei casi previsti dall’art. 140 c.p.c., la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del comune”;
nel ricorso non è rinvenibile alcuna doglianza specifica su tale statuizione, pertanto deve ritenersi che l’accertamento del giudice di appello sul punto non sia stato in alcun modo impugnato;
in relazione alla notifica delle ulteriori cartelle (contrassegnate nella sentenza impugnata con le lettere b, c, e d), la C.t.r ha ritenuto che l’Equitalia avesse prodotto le relate della notifica, debitamente sottoscritte dai soggetti riceventi (per le prime due la sorella del destinatario e per la terza un’adetta alla casa) e che fossero riconducibili con sicurezza alle cartelle contestate;
in particolare, con riferimento alle notifiche consegnate alla sorella del destinatario, la C.t.r. ha ritenuto che non vi fosse alcuna nullità della notifica nel caso in cui nella relata non fosse indicato il rapporto di convivenza;
la soluzione della C.t.r. appare in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, eseguita mediante consegna dell’atto a persona di famiglia che conviva, anche temporaneamente, con il destinatario, il rapporto di convivenza, almeno provvisorio, può essere presunto sulla base del fatto che il familiare si sia trovato nell’abitazione del destinatario ed abbia preso in consegna l’atto da notificare, con la conseguente rilevanza esclusiva della prova della non convivenza, che il destinatario ha l’onere di fornire” (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 28591 del 29/11/2017; Sez. 5, Sentenza n. 27587 del 30/10/2018);
pertanto, risulta destituito di fondamento l’assunto del ricorrente, secondo cui, in ordine alla notifica delle cartelle di pagamento ricevute materialmente dalla sorella del contribuente, il rapporto di convivenza, non manifestato all’ufficiale giudiziario, non poteva presumersi;
sotto altro profilo, il ricorrente sostiene la nullità della notifica delle cartelle (evidentemente quelle contrassegnate nella sentenza impugnata dalle lettere b, c e d) recapitate materialmente alla sorella del destinatario ed all’addetta alla casa, in quanto la consegna sarebbe avvenuta a persona diversa dal destinatario senza l’inoltro della successiva raccomandata informativa, prevista dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, come introdotto dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31, art. 36 comma 2-quater di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248;
ai sensi dell’articolo citato, “L’agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito (…) Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notificazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata”;
sul punto Equitalia contesta l’applicabilità della normativa richiamata dal ricorrente, in quanto afferma di aver effettuato le notifiche a mezzo del messo notificatore e non a mezzo posta;
di fronte alle contestazioni specifiche della controricorrente ed in assenza di un univoco accertamento fattuale in sentenza sulle circostanze contestate, il ricorrente avrebbe dovuto indicare le specifiche modalità di notifica delle cartelle di pagamento, per consentire al collegio l’esame della ricorrenza dei presupposti per l’applicazione della normativa invocata;
né la mancanza di autosufficienza del ricorso può essere sanata dalla produzione della copia delle relate da parte della controricorrente, peraltro a dimostrazione che la notifica non è stata effettuata a mezzo posta;
“i requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza” (Cass. Sez. 5, Sentenza n, 29093 del 13/11/2018);
nel caso di specie, in cui il ricorrente deduce la nullità delle notifiche per il mancato invio della raccomandata informativa, prevista dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, la trascrizione della relata avrebbe consentito alla Corte di verificare le modalità della notifica e se la normativa invocata dal ricorrente era applicabile in concreto;
con la memoria depositata telematicamente, il ricorrente invoca, invece, l’applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 60, lett. b-bis, a seguito della modifica introdotta dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, comma 27, lett. a), conv. dalla L. 4 agosto 2006 n. 248, valevole non solo per le notifiche degli avvisi di accertamento, ma anche per quelle delle cartelle di pagamento, in quanto richiamato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, u.c.;
il riferimento, nella memoria illustrativa, a norme che non si riferiscono alla notifica a mezzo posta e che sono del tutto diverse da quelle di cui si è denunziata la violazione in ricorso, concorre ad ingenerare confusione sulle modalità di notifica concretamente adottate ed evidenzia ulteriormente la carenza di autosufficienza del ricorso;
le spese seguono la soccombenza di parte ricorrente e si liquidano in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre il 15% per spese generali, Euro 200,00 per esborsi, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021