LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2978-2019 proposto da:
T.R., P.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA N. 50-A, presso lo studio dell’Avvocato NICOLA LAURENTI, rappresentati e difesi dall’Avvocato MARCO TRAIL;
– ricorrenti –
contro
BREVI SPA, elettivamente domiciliata in BERGAMO, VIALE VITTORIO EMANUELE II N. 23, presso lo studio dell’Avvocato ATTILIO BELLOLI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro V.S.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1055/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 21/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/02/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avvocati Nicola Laurenti, e Attilio Belotti.
FATTI DI CAUSA
1. T.R. e P.A. ricorrono, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1055/18, del 21 giugno 2018, della Corte di Appello di Brescia, che – rigettando il gravame da essi esperito contro la sentenza n. 2108/15, del 9 settembre 2015, del Tribunale di Bergamo – ha confermato la condanna degli odierni ricorrenti (quali ex soci della cessata società Autotrasporti T.R. di T.R. & Co. S.n.c.), o meglio, per essi, di V.S. chiamato in manleva, a risarcire alla società Brevi S.p.a. il danno dalla stessa subito a causa del furto di un camion trasportante merci di sua proprietà, avvenuto il *****, disattendendo, per quanto qui ancora di interesse, l’eccezione di prescrizione del credito risarcitorio, formulata ai sensi dell’art. 2951 c.c.
2. Riferiscono, in punto di fatto, gli odierni ricorrenti che, proposta dalla società Brevi domanda risarcitoria contro la società Autotrasporti T., per farne valere la responsabilità “ex recepto” in relazione al furto sopra meglio descritto, la convenuta – oltre ad eccepire previamente l’intervenuta prescrizione del credito risarcitorio e a difendersi nel merito – chiedeva, ed otteneva, l’autorizzazione a chiamare in causa il V., ovvero l’autista del veicolo trafugato, costituitosi anch’egli in giudizio per fare proprie le eccezioni e difese della convenuta.
Accolta dal Tribunale bergamasco la domanda risarcitoria, e con essa pure la domanda manleva verso il terzo chiamato in garanzia, il gravame esperito dal T. e dalla P., nella già ricordata qualità, veniva respinto dal giudice di appello, il quale – non senza disporre previamente l’integrazione del contraddittorio nei confronti del V., sul rilievo che gli appellanti avessero effettuato, nei suoi confronti, la sola “litis denuntiatio”, ma non anche la “vocatio in ius” – confermava, all’esito della costituzione in giudizio del terzo chiamato, le statuizioni già adottate dal primo giudice, ivi compreso l’accoglimento della domanda di manleva.
3. Avverso la sentenza della Corte bresciana hanno proposto ricorso per cassazione il T. e la P., sulla base – come detto – di un unico motivo.
3.1. Esso – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – deduce violazione e falsa applicazione del D.L. 29 marzo 1993, n. 82, art. 2 convertito con modificazioni dalla L. 27 maggio 1993, n. 162, atteso che la sentenza impugnata ha ritenuto operante, in relazione al credito risarcitorio della società Brevi, il termine di prescrizione quinquennale, già stabilito da detta norma per i “diritti derivanti dal contratto di autotrasporto di cose per conto di terzi, per i quali è previsto il sistema di tariffe a forcella, istituito dal titolo III della L. 6 giugno 1974, n. 298”.
Reputano, per contro, gli odierni ricorrenti – riproponendo in questa sede l’eccezione di prescrizione già rigettata da entrambi i giudici di merito – che la norma applicabile sia, invece, quella di cui all’art. 2951 c.c., che individua in un anno la prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di trasporto, riferendosi, invece, la norma speciale suddetta ai soli crediti per corrispettivi spettanti al trasportatore in forza di contratti (già) soggetti al sistema della cd. “tariffa a forcella”, e non anche ai crediti risarcitori della controparte.
Tale interpretazione, infatti, sarebbe – a loro dire – la sola corretta, in base ai canoni dell’interpretazione letterale e teleologica, visto, per un verso, che il testo della norma fa riferimento ai “diritti (…) per i quali è previsto il sistema di tariffe a forcella” (alludendo così, chiaramente, soltanto ai corrispettivi dell’autotrasportatore, essendo soltanto i relativi diritti quelli per i quali è previsto il sistema tariffario), nonché, per altro verso, che la “ratio legis” dall’intero intervento legislativo sull’autotrasporto, in cui si inserisce la norma suddetta, è quella di garantire la posizione dell’autotrasportatore. Richiamano i ricorrenti, in relazione in particolare a tale secondo aspetto, le affermazioni compiute dalla giurisprudenza costituzionale, avendo essa sottolineato come il fine della legge “oltre quello, indiretto, di rendere più sicuri i trasporti e la circolazione stradale” – fosse pure “quello di impedire situazioni di concorrenza sleale in un settore vitale dell’economia nel contempo evitando che la differente forza contrattuale delle parti si traducesse, nei singoli rapporti, in una “svendita” delle prestazioni offerte dagli autotrasportatori” (sono citate Corte Cost., sent. 11 gennaio 2005, n. 7 e sent. 17 ottobre 1996, n. 386). Negli stessi termini, del resto, si sarebbe pronunciata pure la giurisprudenza di questa Corte, “secondo cui gli obiettivi delle tariffe a forcella (…) sono quelli di garantire alle imprese un margine di utile, evitando situazioni di concorrenza sleale che (…) costringano le imprese stesse ad operare in condizioni di difficoltà, si dà non procedere ad ammortamenti e da non garantire ai lavoratori il dovuto trattamento economico e normativo”; finalità alle quali “si aggiunge quella di realizzare la trasparenza del mercato, e cioè la conoscenza dei prezzi sia da parte delle imprese di autotrasporto che dell’utenza” (e’ citata Cass. Sez. Lav., sent. 25 novembre 2002, n. 16582).
La necessità, dunque, di privilegiare l’opzione ermeneutica che escluda dubbi di costituzionalità, visto che l’applicazione – anche ai diritti da farsi valere contro l’autotrasportatore – del più lungo termine prescrizionale di cui al D.L. n. 82 del 1993, art. 2 convertito in L. n. 162 del 1993, frustrerebbe l’esigenza di tutela assicurata al vettore quale parte debole del contratto, imporrebbe di accogliere, secondo i ricorrenti, l’interpretazione restrittiva da essi proposta.
Del resto, anche la giurisprudenza di legittimità – oltre che quella di merito, da essa richiamata – si sarebbe pronunciata in tal senso, ritenendo la norma suddetta “applicabile ai soli casi per i quali è stata espressamente prevista” (e’ citata Cass. Sez. Lav., sent. 2 marzo 1995, n. 2426), ovvero, soltanto ai crediti dell’autotrasportatore per i corrispettivi del trasporto e non, invece, ai diritti spettanti al mittente e al destinatario da inadempimento del contratto di trasporto, su tali basi essendosi ritenuto, in particolare, che il termine ex art. 2951 c.c. resti applicabile “per crediti di lavoro derivanti da contratto di trasporto” (Cass. Sez. Lav., sent. 18 febbraio 1997, n. 1459).
D’altra parte, anche la sentenza di questa Corte citata nella decisione oggi impugnata (Cass. Sez. 3, sent. 11 febbraio 2010, n. 3082) costituirebbe, secondo i ricorrenti, una conferma e non una smentita della tesi che ipotizza l’applicabilità del più lungo termine prescrizionale di cui al D.L. n. 82 del 1993, art. 2 convertito in L. n. 162 del 1993, ai soli crediti dell’autotrasportatore nei confronti del mittente, visto che nella stessa “la scelta legislativa di un maggior termine rispetto a quello codificato dal citato art. 2951 c.c.” è indicata come il risultato di una “interpretazione, costituzionalmente orientata, che tende, per un principio di uguaglianza, come parità di trattamento, a considerare unico il termine prescrizionale che consolida e prolunga l’esercizio del diritto verso colui che presta una costosa operazione di trasporto”.
4. La società Brevi ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità ovvero, in subordine, di infondatezza.
5. E’ rimasto solo intimato il V..
6. I ricorrenti e la controricorrente hanno depositato memoria, ex art. 378 c.p.c., mentre il Procuratore Generale presso questa Corte – nella persona di un suo sostituto – ha fatto pervenire conclusioni scritte, nel senso del rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7. Il ricorso va accolto, per le ragioni di seguito illustrate.
7.1. In via preliminare, tuttavia, va chiarito che l’arresto di questa Corte, citato dal controricorrente (si tratta di Cass. Sez. 3, sent. 15 luglio 2016, n. 14427), non costituisce un precedente utile alla risoluzione della questione oggetto del presente giudizio.
Difatti, sebbene esso abbia confermato la decisione della Corte di Appello di Genova – che aveva ritenuto applicabile (anche) ai crediti spettanti, in forza di contratto di trasporto merci su strada, alla parte diversa dal vettore, il termine di prescrizione di cui al D.L. 29 marzo 1993, n. 82, art. 2 convertito con modificazioni dalla L. 27 maggio 1993, n. 162 – non ha affatto preso posizione sul punto, presentandosi, pertanto, non risolutivo.
Si legge, invero, nella pronuncia di questa Corte (cfr., in particolare, pag. 11, penultimo capoverso del p. 3) che “nessuna contestazione” venne, allora, proposta dalla parte ricorrente su quella affermazione della Corte ligure, “cioè sul punto dell’applicabilità della prescrizione di cinque anni anche a favore della parte che non sia il trasportatore”.
Non esistono, dunque, precedenti specifici nella giurisprudenza di legittimità – in ordine alla questione oggetto del presente ricorso.
7.2. Ciò detto, nella sua disamina, non inutile appare muovere da un raffronto (anche quanto alla loro origine storica) tra l’art. 2951 c.c. e il D.L. n. 82 del 1993, art. 2 convertito con modificazioni dalla L. 27 maggio 1993, n. 162.
7.2.1. La norma codicistica, come noto, fissa in un anno, in linea generale, la prescrizione dei diritti derivanti dal contratto di trasporto (e da quello di spedizione), portandola a diciotto mesi “se il trasporto ha inizio o termine fuori d’Europa”. La relazione del Ministro Guardasigilli al Re, sul codice civile” non è di particolare aiuto nel comprendere le ragioni di tale scelta. Essa si limita ad affermare – al p. 1208 – che la norma “eleva i termini, eccessivamente brevi, stabiliti per il trasporto di cose dall’art. 926 codice di commercio”, dal momento che tale articolo, nel disciplinare la prescrizione (soltanto) delle “azioni contro il vettore derivanti dal contratto di trasporto”, fissava termini di appena sei mesi (comma 1), in caso di spedizione “fatta in Europa eccettuata Islanda e Isole Feroe, in una piazza marittima dell’Asia o dell’Africa sul Mediterraneo, sul mar Nero, sul canale di Suez e sul mar Rosso, ovvero in una pizza interna congiunta ad una delle marittime anzidette mediante strada ferrata”, e di un anno (comma 2), ove la spedizione fosse “fatta in altro luogo”.
Il raffronto tra le discipline del codice del commercio del 1882 e del codice civile del 1942, dunque, è utile solo ad evidenziare come quella prevista dal vigente art. 2951 sia una disciplina di carattere generale, ovvero applicabile a tutti i diritti (spettanti ad ognuna delle parti) derivanti dal contratto di trasporto, neppure escluso quello che viene in rilievo nel nostro caso – al risarcimento del danno per furto della merce (in tal senso, Cass. Sez. 3, sent. 13 novembre 2002, n. 15936, Rv. 558458-01).
7.2.2. Più proficua e’, invece, la disamina dei lavori preparatori della L. n. 162 del 1993, di conversione del D.L. n. 82 del 1993.
L’intervento legislativo in questione aveva lo scopo di integrare la disciplina di cui alla L. 6 giugno 1974, n. 298 (quella che, tra l’altro, istituiva il sistema di tariffe cd. “a forcella” per l’autotrasporto di merci su strada per conto terzi), nel dichiarato intento di sostenere un’attività che, sebbene indicata quale “colonna portante del sistema di trasporto delle merci in Italia”, si assumeva essere “penalizzata da disposizioni di carattere generale che, pur in sé giuste, non tengono conto, appunto, delle peculiarità del sistema” (cfr. la relazione parlamentare al disegno di legge di conversione del suddetto D.L. n. 82 del 1993, AC 2477). In questa prospettiva, in particolare, si affermava come gli “scopi di certezza del diritto perseguiti dalla prescrizione breve annuale prevista dall’art. 2951 c.c., comma 1” fossero “incompatibili” (o comunque ostacolassero) “l’applicazione delle norme inderogabili” già previste nella L. n. 298 del 1974, e ciò “in quanto, soprattutto nei casi più frequenti di rapporti coordinati e continuativi, il committente è quasi incentivato alla violazione tariffaria dal fatto che il vettore, parte debole del rapporto, non è quasi mai in grado di far valere interamente ed “ex post” le proprie pretese in base ai minimi tariffari” (così, nuovamente, la già citata relazione parlamentare).
L’affermazione appare di interesse, perché ricollega – almeno delle intenzioni di quello che si suole definire come “legislatore storico” – ad un’esigenza di tutela del vettore (e di esso soltanto), quale “parte debole del rapporto”, la necessità di introdurre, per l’autotrasporto di merci per conto terzi, una disciplina in tema di prescrizione derogatoria rispetto a quella di cui all’art. 2951 c.c.
7.3. Orbene, già su tali basi – e senza, per questo, volere aderire ad una concezione “imperativistica” della legge, ovvero incline ad identificare la “ratio legis” con la “intentio”, appunto, del legislatore “storico” – può trarsi un primo (ma non ancora definitivo) argomento a favore della tesi che vuole circoscritti ai soli diritti dell’autotrasportatore lo speciale termine, annuale, di prescrizione di cui al D.L. n. 82 del 1993, art. 2 convertito in L. n. 162 del 1993.
Infatti, come da tempo ritenuto nella giurisprudenza di questa Corte, ai “lavori preparatori può riconoscersi valore unicamente sussidiario nell’interpretazione di una legge, giacché – se da essi possono trarsi elementi giovevoli, ai fini dell’individuazione del significato precettivo di singole disposizioni normative e della “ratio” che le giustifica – l’utile ricorso ai lavori preparatori trova tuttavia un limite in ciò che la volontà da essi risultante non può sovrapporsi alla volontà obiettiva della legge, quale emerge dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dall’intenzione del legislatore intesa come volontà oggettiva della norma (“voluntas legis”), da tenersi distinta dalla volontà dei singoli partecipanti al processo formativo di essa (“voluntas legislatoris”)” (così Cass. Sez. 1, sent. 13 marzo 1975, n. 937, Rv. 374322-01; in senso conforme, Cass. Sez. Lav., sent. 8 giugno 1979, n. 3276, Rv. 399660-01; Cass. Sez. 1, sent. 7 aprile 1983, n. 2454, Rv. 42731801; Cass. Sez. 3, sent. 21 maggio 1988, n. 3550, Rv. 458871-01).
Il piano dell’analisi, dunque, non può che muovere, prioritariamente, dalla formulazione letterale del D.L. n. 82 del 1993, art. 2 in conformità, del resto, con quanto prescritto dall’art. 12 preleggi, secondo cui, nell’applicazione della legge, non le si può attribuire altro senso se non quello fatto palese dapprima dal significato proprio delle parole, secondo la loro connessione, e poi dalla intenzione del legislatore.
Orbene, la norma in esame testualmente stabilisce che “ai diritti derivanti dal contratto di autotrasporto di cose per conto di terzi, per i quali è previsto il sistema di tariffe a forcella, istituito dal titolo III della L. 6 giugno 1974, n. 298, si applica il termine di prescrizione quinquennale”.
7.4. Ciò premesso sul piano metodologico, un dato, secondo questo collegio, si impone all’attenzione dell’interprete: l’uso del numero singolare – nell’accezione grammaticale del termine – con riferimento alla fonte dei diritti (il “contratto” di autotrasporto di cose per conto di terzi), a fronte, invece, del numero plurale, sempre nell’accezione grammaticale del termine, riferito a quanto è soggetto al sistema delle tariffe a forcella (“per i quali”).
In altri termini, ciò che si vuole qui evidenziare è che la norma non è formulata prevedendo che il termine quinquennale di prescrizione si applichi “ai diritti derivanti dai contratti di autotrasporto di cose per conto di terzi, per i quali è previsto il sistema di tariffe a forcella” (ciò che renderebbe palese che tutti i diritti aventi fonte in quel contratto sono assoggettati a quel regime prescrizionale), ma, piuttosto, è scritta nel senso che il termine quinquennale è applicabile “ai diritti (…) per i quali è previsto il sistema di tariffe a forcella” e “derivanti dal contratto di autotrasporto di cose per conto di terzi”, vale a dire i soli diritti dell’autotrasportatore, essendo essi gli unici soggetti al sistema tariffario.
Ne consegue, quindi, che la stessa formulazione letterale depone nel senso che la prescrizione quinquennale operi soltanto per tali diritti.
7.5. Tuttavia, anche a ritenere il dato letterale equivoco, e cioè ascrivendo il difetto di coordinamento tra numeri (sempre nell’accezione grammaticale del termine) ad una possibile svista del legislatore, l’esito dell’operazione ermeneutica, secondo questo collegio, comunque non cambierebbe.
Valgano, in proposito, ancora una volta, i principi generali in tema di interpretazione della legge, come ricostruiti nella giurisprudenza di questa Corte.
Essa, invero, ha da tempo chiarito che – diversamente dall’ipotesi in cui “l’interpretazione letterale di una norma di legge” appaia “sufficiente ad individuare, in modo chiaro e univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva”, sicché, in tale caso, “l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, merce’ l’esame complessivo del testo, della “mens legis”” – qualora “la lettera della norma medesima risulti ambigua (e si appalesi altresì infruttuoso il ricorso al predetto criterio ermeneutico sussidiario), l’elemento letterale e l’intento del legislatore, insufficienti in quanto utilizzati singolarmente, acquistano un ruolo paritetico in seno al procedimento ermeneutico, sì che il secondo funge da criterio comprimario e funzionale ad ovviare all’equivocità del testo da interpretare” (così Cass. Sez. 1, sent. 6 aprile 2001, n. 5128, Rv. 545665-01, nonché, più di recente, Cass. Sez. 3, sent. 4 ottobre 2018, n. 24165, Rv. 651130-01).
In questa prospettiva, dunque, anche a ritenere “ambiguo” il dato letterale, proprio l’intenzione del “legislatore storico”, come risultante dai lavori preparatori della legge di conversione del D.L. n. 82 del 1993, confermerebbe che la scelta di un regime prescrizionale “ad hoc”, per l’autotrasporto di merci per conto terzi, risponde ad una “ratio” di tutela della parte debole del rapporto contrattuale, ovvero l’autotrasportatore, con conseguente applicazione di quel regime esclusivamente ai suoi diritti.
7.6. Ne’ a conclusione diversa può condurre l’argomento, “declinato” dalla parte controricorrente secondo due diverse prospettive, dell’impossibilità di assoggettare i diritti nascenti da uno stesso contratto, a seconda della parte che ne sia titolare, a termini prescrizionali diversi.
Per un verso, infatti, deve escludersi che una simile evenienza si ponga come un “unicum” nel nostro ordinamento, visto che nella giurisprudenza di questa Corte si è affermato che, in forza dell’art. 1680 c.c., le azioni dell’esercente il servizio postale, contro gli utenti dei servizi di trasporto e distribuzione delle corrispondenze e dei pacchi, “sono soggette alla prescrizione annuale stabilita per i diritti derivanti dal contratto di trasporto dall’art. 2951 c.c., non derogato, per tali azioni, dal codice postale, il quale detta particolari modalità solo per le azioni dell’utente”, segnatamente prevedendo, “uno speciale termine di prescrizione di tre anni (R.D. 27 febbraio 1936, n. 645, art. 27 e del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 20)” (Cass. Sez. 1, sent. 14 maggio 1981, n. 3168, Rv. 413738-01; in senso analogo anche Cass. Sez. 1, sent. 3 aprile 1993, n. 4048, Rv. 481698-01, secondo cui l’accertamento della responsabilità dell’esercente il servizio postale “in merito ai danni derivati dall’espletamento del suo servizio, pur avendo natura sicuramente contrattuale”, comunque “non è sottratta alla prescrizione triennale, giacché anch’essa, ai sensi del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, art. 20, u.c. si prescrive in tre anni”).
Si ha, dunque, conferma che la previsione di termini prescrizionali non uniformi, per i diritti nascenti dallo stesso contratto, non si pone come affatto un “unicum” nel panorama legislativo.
Per altro verso, è del pari da escludere che la mancata “identità” dei termini di prescrizione, per le parti del contratto di autotrasporto di merci per conto terzi, sia lesiva del principio costituzionale di eguaglianza.
Difatti, una volta che si ravvisi la ragione della “asimmetria” in una esigenza di tutela dell’autotrasportatore, individuato naturalmente nello specifico ambito del sistema contraddistinto dalle tariffe “a forcella” (non più vigente in forza dell’avvenuta “liberalizzazione” del sistema, a decorrere dal 28 febbraio 2006, ai sensi di quanto stabilito dal D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 286, art. 3, comma 1) – quale “parte debole” del rapporto contrattuale, viene meno la possibilità di invocare il suddetto principio costituzionale, dal momento che esso implica la necessità non solo di trattare in modo eguale chi versi in pari situazioni, ma pure il rispetto di ciò che è stato definito come “diversità dei distinti”.
In altri termini, secondo la giurisprudenza della Corte delle leggi, “si ha violazione dell’art. 3 Cost. quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversità di disciplina corrispondono situazioni non sostanzialmente identiche” (tra le altre, Corte Cost., sent. 28 ottobre 2004, n. 340), sicché “la violazione del principio di uguaglianza sussiste qualora situazioni omogenee siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso e non quando alla diversità di disciplina corrispondano situazioni non assimilabili” (così, da ultimo, Corte Cost., sent. 24 giugno 2020, n. 165, ma nello stesso senso, “ex plurimis”, Corte Cost., sent. 22 aprile 2020, n. 85; Corte Cost., sent. 21 maggio 2014, n. 155).
7.7. Per le stesse ragioni, infine, neppure possono condividersi i rilievi – di analogo tenore – svolti dal Procuratore Generale presso questa Corte, così come il riferimento dello stesso alla pronuncia di questo giudice di legittimità (si tratta di Cass. Sez. 3, sent. 3 luglio 2014, n. 15231, Rv. 631989-01), che ha ritenuto applicabile il termine annuale ex art. 2951 c.c. al diritto al risarcimento dei danni derivanti da ingiustificato recesso dal contratto stesso, diritto nella specie azionato dall’autotrasportatore. La suddetta pronuncia, infatti, prende posizione su un contratto concluso prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 82 del 1993, art. 2 convertito in L. n. 162 del 1993, affrontando il tema dell’efficacia temporale di tale disposizione, ma lasciando, in sostanza, impregiudicato quello della sua corretta interpretazione.
8. Il ricorso va, dunque accolto e la sentenza impugnata va cassata, rinviando alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese anche del presente giudizio, dovendosi il giudice del rinvio attenere al seguente principio di diritto: “nei contratti già sottoposti al sistema delle c.d. “tariffe a forcella”, la prescrizione quinquennale D.L. 29 marzo 1993, n. 82, ex art. 2 convertito con modificazioni dalla L. 27 maggio 1993, n. 162, trova applicazione soltanto con riferimento ai diritti spettanti all’autotrasportatore”.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata, rinviando alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, per la decisione nel merito e sulle spese anche del presente giudizio.
Così deciso in Roma, all’esito di pubblica udienza della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 24 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021