LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Sul ricorso di:
C.I.C., rappresentato e difeso dall’Avvocato Danilo Montanari ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avvocato Antony Lavigna in Roma, Via Garigliano n. 74, come da procura alle liti a margine del ricorso.
– ricorrente –
Contro
R.V., domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati Nicola Alberti e Francesco Fontana, come da procura alle liti in calce al controricorso.
– controricorrente –
Per la cassazione della sentenza Trib. Verona 7 novembre 2019, n. 2445; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 luglio 2021 dal Consigliere Laura Tricorni.
RITENUTO
che:
Il Tribunale di Verona, con la sentenza impugnata, ha respinto l’impugnazione proposta da C.I.C. avverso la decisione del Giudice di Pace che aveva accolto l’opposizione proposta da R.V., in sede di opposizione al decreto ingiuntivo richiesto ed ottenuto da C. sulla scorta di un assegno bancario dell’importo di Euro 5.000,00= sottoscritto da R., e respinto la domanda di C..
Il Tribunale, essendo incontestato che l’assegno, privo di data e luogo di emissione e di indicazione del beneficiario era stato consegnato da R. a Ru.Gi. e da questi, a sua volta, consegnato a C., previa apposizione dei dati mancanti, ha respinto l’appello ravvisando la nullità del titolo, emesso senza indicazione del luogo e della data di emissione, in violazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 1, n. 5.
Ha, quindi, escluso che l’assegno potesse valere come promessa di debito di R. in favore di C. ex art. 1988 c.c., perché era pacifico che l’assegno non era stato consegnato a C. da R., ma da un terzo che aveva provveduto al riempimento al momento della consegna a C..
Di conseguenza ha affermato che C. non aveva fornito la prova degli elementi costitutivi della sua pretesa, non potendo applicare il principio dell’inversione dell’onere della prova conseguente alla ricorrenza di una promessa di debito idonea a far presumere l’esistenza di un rapporto sottostante, ed ha respinto l’appello.
C. propone ricorso per cassazione con due mezzi. R. ha replicato con controricorso, seguito da memoria.
E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo si denuncia la falsa applicazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 1, n. 5, artt. 2 e 5, in rapporto ai principi contenuti negli artt. 1175,1176 e 1180 c.c..
Il ricorrente si duole che il Tribunale abbia dichiarato la nullità ab initio dell’assegno bancario, da lui azionato in sede monitoria, sulla considerazione che detto assegno era stato consegnato da R.V. a Ru., privo di data e di luogo oltre che dell’indicazione del prenditore. Secondo la ricostruzione dei fatti dallo stesso proposta l’assegno gli era stato consegnato da Ru.Gi., che aveva proceduto al riempimento. A parere del ricorrente l’assegno aveva acquisito piena legittimità nel momento in cui Ru. lo aveva datato.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. e del R.D. n. 1736 del 1933, art. 5.
Il ricorrente si duole che non sia stata presa nella dovuta considerazione la querela penale proposta da Ru. nei confronti di un altro muratore e la circostanza che Ru. non abbia contestato né l’an, né il quantum dovuto a C.. A parere del ricorrente ricorreva un riconoscimento di debito da parte di Ru. nei confronti di C. ed una promessa di pagamento da parte di R. in favore di Ru.: sulla scorta di tale prospettazione invoca l’applicabilità dell’art. 1988 c.c. in ragione della “concatenazione documentale”.
3. I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono manifestamente infondati.
Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, è nozione di base, elementare (cfr., comunque, la norma dell’art. 2702 c.c.), che la validità – come anche l’utilizzabilità probatoria – di una scrittura privata prescindano, in sé, dalla presenza o meno di una data apposta sul relativo documento (perché ciò, ovviamente, non preclude la possibilità di provare, ove occorra, l’effettiva collocazione temporale della dichiarazione portata dal documento).
A questa regola generale non si sottrae l’assegno bancario laddove lo stesso venga utilizzato non già come titolo di credito, bensì come semplice scrittura privata, secondo quanto può avvenire tra le parti dirette del rapporto causale, che è sottostante all’emissione del titolo. Del resto, la stessa norma del R.D. n. 1736 del 1933, art. 2, comma 1, dichiara in modo espresso che il “titolo”, su cui non risulta vergata la data di emissione, “non vale come assegno bancario”. In coerenza con tali principi, il consolidato orientamento di questa Corte ritiene che l’assegno bancario privo di data di emissione ben possa essere ritenuto come espressivo di una promessa di pagamento ex art. 1988 c.c., che il traente rivolge al prenditore, a mezzo dell’ordine di pagamento impartito alla banca trattaria (si vedano così, tra le più recenti pronunce, Cass. n. 24144 del 03/10/2018; Cass. n. 20449 del 11/10/2016; Cass. n. 10806 del 16/5/2014; Cass. n. 26913 del 10/11/2008), tuttavia “Il mero possessore di un assegno bancario, il quale non risulti prenditore o giratario dello stesso (nella specie, mancante dell’indicazione del beneficiario), non è legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto se non dimostrando l’esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito, poiché il semplice possesso del titolo non ha un significato univoco ai fini della legittimazione, non potendo escludersi che l’assegno sia a lui pervenuto abusivamente; né l’assegno può comunque valere come promessa di pagamento, ai sensi dell’art. 1988 c.c., atteso che l’inversione dell’onere della prova, prevista da tale disposizione, opera solo nei confronti del soggetto a cui la promessa sia stata effettivamente fatta, sicché anche in tal caso il mero possessore di un titolo all’ordine (privo del valore cartolare), non risultante dal documento, deve fornire la prova della promessa di pagamento a suo favore.” (Cass. n. 731 del 15/1/2020).
Nel caso di specie, quindi, rettamente il Tribunale ha accertato la nullità dell’assegno bancario, quale titolo di credito, in quanto emesso senza l’apposizione della data; altrettanto rettamente ha escluso che la dichiarazione di traenza dell’assegno potesse essere considerata come una valida promessa di pagamento ex art. 1988 c.c. sulla base di una serie di circostanze di fatto non contestate – la assenza di una diretta riconducibilità, apparente, dal titolo ad un rapporto causale intercorso tra R. e C. idonea a far scattare l’inversione dell’onere della prova ex art. 1988 c.c. ed il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte di C. – con congrua motivazione, senza che sia stato dedotto alcun vizio motivazionale, né indicati fatti di cui sia stato omesso l’esame, non integrando tale vizio la mera prospettazione da parte del ricorrente di una ricostruzione dei fatti diversa da quella accertata.
3. In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis, (Cass. S.U. n. 4315/2020).
PQM
– Rigetta il ricorso;
– Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.600,00=, oltre Euro 100,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15%, ed accessori di legge;
– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021