LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28164-2019 proposto da:
T.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA V.G. GALATI, 100, presso lo studio dell’avvocato ANNA D’ALISE, rappresentato e difeso dall’avvocato ACHILLE IROSO;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1545/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 29/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.
RILEVATO
che:
1. T.J. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza n. 1545/11/2019, depositata il 20 febbraio 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli, che aveva accolto integralmente il ricorso del medesimo contribuente contro l’iscrizione ipotecaria effettuata da Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., ora Agenzia delle entrate-riscossione, statuendo, sulle spese di lite, “Nulla per le spese”, e motivando tale decisione con “attesa la mancata costituzione della resistente Equitalia”.
L’Agenzia delle Entrate-riscossione si è costituita con controricorso.
La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
1. Con l’unico motivo il ricorrente contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2, e degli artt. 91 e 92, per avere il giudice a quo ritenuto che la CTP non avesse errato nell’aver “compensato” le spese di lite, sebbene lo stesso contribuente fosse totalmente vittorioso nel merito e non ricorressero gravi ed eccezionali ragioni che potessero giustificare la compensazione, non potendo queste ultime identificarsi nella contumacia della concessionaria della riscossione, né essendone state espressamente indicate, e motivate, altre nella sentenza di primo grado.
Il motivo è fondato, nei termini di cui si dirà.
Invero, la decisione della CTP, a differenza di quello che ha ritenuto la CTR nella parte motiva della decisione qui impugnata, non ha compensato le spese tra il contribuente ricorrente ed il concessionario della riscossione, ma ha ritenuto di non dover provvedere affatto sulle spese del primo grado di giudizio, poiché la concessionaria della riscossione non si era costituita.
E’ questo, infatti, il significato da attribuirsi alla formula “Nulla per le spese”, esposta sia nella motivazione che nel dispositivo della sentenza di primo grado, come risulta, oltre che dal ricorso nel quale essa è trascritta ed al quale è allegata, anche dalla sentenza d’appello, che ne da atto nella parte introduttiva.
Premesso quindi che, come è ovvio, non c’e’ equivalenza (ma anzi contrasto logico-giuridico) tra il dare atto che non c’e’ nulla da decidere sulle spese processuali ed il decidere su queste ultime compensandole, deve comunque rilevarsi che la CTP ha violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, a norma del quale “La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza.”, che trasferisce nel processo tributario il principio di cui all’art. 91 c.p.c., comma 1, secondo cui ” Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa.”
Infatti tali norme, entrambe oggetto della denuncia di violazione formulata dal ricorrente, esprimono il concetto secondo il quale alla soccombenza segue necessariamente la condanna alle spese, che non possono essere poste a carico della parte vittoriosa.
E, come questa Corte ha già avuto modo di precisare, poiché, ai fini della distribuzione dell’onere delle spese del processo tra le parti, essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l’aver dato causa al giudizio, la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia rimasta contumace (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6722 del 10/12/1988). Infatti, “L’individuazione del soccombente si fa in base al principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare alle altre le spese che hanno anticipato nel processo, è quella che, col comportamento tenuto fuori del processo, ovvero col darvi inizio o resistervi in forme e con argomenti non rispondenti al diritto, ha dato causa al processo o al suo protrarsi” (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7182 del 30/05/2000).
Dunque, “Non può avere perciò rilievo alcuno, ai fini dell’applicazione della disciplina fissata nell’art. 92 c.p.c., la circostanza che la parte che ha dato causa al processo abbia poi omesso di costituirsi in esso e comunque di dispiegare attività difensiva, condotta alla quale va attribuita valenza totalmente neutra siccome inidonea a costituire indice di esclusione del dissenso e addirittura di adesione all’avversa richiesta (in termini anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4485 del 28/03/2001), e che anzi può semmai considerarsi espressione di mera indifferenza rispetto alle ragioni di economia che dovrebbero indurre le parti (specie quelle pubbliche) all’adozione di ogni cautela utile ad evitare inutili dispendi di energia processuale.” (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 373 del 13/01/2015, in motivazione, che esclude che la contumacia possa, di per sé sola, aver alcun rilievo anche ai fini della compensazione ai sensi dell’art. 92 c.p.c.).
Tanto premesso, deve pertanto escludersi che la contumacia della concessionaria della riscossione, totalmente soccombente, escludesse il dovere della CTP di pronunciarsi anche sulle spese di lite, seguendo il criterio della soccombenza.
Poiché nel provvedimento qui impugnato il giudicante non si è attenuto ai principi dianzi illustrati, la sentenza della CTR va cassata, con conseguente rimessione della lite al giudice del merito affinché rinnovi l’apprezzamento in ordine alla questione relativa alla regolazione ed alla liquidazione delle spese di lite di primo grado.
PQM
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021