Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25075 del 16/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34403-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

Contro

A.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO BERTOLINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 602/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della TOSCANA, depositata l’08/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MICHELE CATALDI.

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza n. 602/04/19, depositata l’8 aprile 2019, con la quale la Commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l’appello dell’Amministrazione contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Grosseto, che aveva accolto il ricorso di A.S., titolare di impresa individuale di gestione di uno stabilimento balneare, contro l’avviso di accertamento, analitico-induttivo, in materia di Irpef, Irap ed Iva, relativo all’anno d’imposta 2011, con il quale venivano ripresi a tassazione maggiori ricavi non dichiarati.

La contribuente si è costituita con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso l’Ufficio deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per la natura meramente apparente della sua motivazione, in violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4; e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Assume infatti la ricorrente Agenzia che il giudice a quo avrebbe reso una motivazione meramente apparente sia perché si sarebbe limitato ad argomentare la propria decisione per relationem con quella di primo grado, senza vagliare criticamente quest’ultima alla luce dei motivi d’appello erariali; sia perché, comunque, giunge ad affermare che “non appare irragionevole la conclusione del giudice di primo grado quando sottolinea (…) che la presunzione ritenuta dall’Ufficio appaia quantomeno controbilanciata dagli elementi forniti dal contribuente”, senza esplicitare quali siano, tra le allegazioni della contribuente, quelle che avrebbero vinto le presunzioni semplici di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), ed al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 1 e 2, sulle quali si fonda l’accertamento.

Il motivo è ammissibile.

Infatti, al contrario di quanto eccepisce la controricorrente, il mezzo è autosufficiente, atteso che la sentenza di primo grado, pur non trascritta nel ricorso, è nello stesso menzionata espressamente, richiamata nel suo contenuto ed allegata all’impugnazione per la quale si procede.

Tanto premesso, va altresì sottolineato che il nucleo centrale del motivo di ricorso attinge la sentenza impugnata per l’apparenza della sua motivazione nella parte in cui è la stessa CTR che si esprime direttamente, non solo per relationem con la sentenza di primo grado, in ordine alla comparazione tra le presunzioni semplici sulle quali si fonda l’accertamento erariale e la prova contraria offerta dalla contribuente, alla quale lo stesso giudice d’appello attribuisce il relativo onere.

Il motivo è fondato.

Invero la parte della motivazione della sentenza attinente la valutazione comparativa delle prove, dopo aver esposto brevissime considerazioni generiche ed astratte in ordine agli accertamenti fondati sulle presunzioni semplici, esprime, rispetto alla fattispecie concreta, una valutazione conclusiva (“…la presunzione ritenuta dall’Ufficio appaia quantomeno controbilanciata dagli elementi forniti dal contribuente”) che non consente di comprendere quali siano le prove che avrebbe offerto la contribuente e per quali motivi esse avrebbero “controbilanciato” le presunzioni sulle quali si fonda l’accertamento. Altrettanto criptica appare l’argomentazione secondo la quale “l’accertamento e la sua quantificazione fondata su una ricostruzione che muove da dati iniziali forniti dallo stesso contribuente in termini di notevole approssimazione e successivamente dallo stesso messi in discussione”, dalla quale non si ricava né l’oggetto concreto della valutazione espressa, né il criterio logico-giuridico che ad essa presieda.

Infine, tutto il contesto argomentativo è costellato da una serie di espressioni (“non appare irragionevole”, “appaia quantomeno”, “non sembrano poter essere messe in discussione”) che attribuiscono alla valutazione della CTR un complessivo tenore perplesso, comunque non univocamente orientato a supportare con nettezza la decisione adottata.

Tutto ciò premesso, va ricordato che secondo questa Corte “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex multis, Cass., sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).

Nel caso di specie, per le ragioni già esposte, ricorrono quindi le fattispecie dalla motivazione apparente – che, pur se graficamente esistente, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6 (da ultimo Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 13248 del 30/06/2020, ex plurimis) – e di quella perplessa e comunque obbiettivamente incomprensibile, oltre che priva di alcuna effettiva esplicitazione sul quadro probatorio e di alcuna disamina logico-giuridica che lasci concretamente trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass., Sez. L -, Ordinanza n. 3819 del 14/02/2020).

La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio al giudice a quo.

2. Il secondo motivo, relativo alla violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d); del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 1 e 2; degli artt. 2727 e 2729 c.c.; del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 1 e 7; e degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è assorbito.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021

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