LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 24763/2020 proposto da:
G.B., rappresentato e difeso dall’avvocato Luca Zuppelli, giusta procura allegata al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma via dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 337/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 03/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/05/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 337/2020 depositata il 3-4-2020, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’appello proposto da G.B., cittadino del Senegal, avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal suo Paese perché minacciato da un vecchio e dai suoi figli, che volevano appropriarsi del terreno ove lavorava suo padre per costruirvi una moschea. La Corte territoriale ha ritenuto, nel condividere il giudizio espresso dal Tribunale, di carattere privato la vicenda personale narrata dal richiedente e che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione del Paese di origine, descritta nella sentenza impugnata con indicazione delle fonti di conoscenza (pag. 7). In particolare, quanto al diniego della protezione umanitaria, la Corte di merito ha affermato che non fossero ravvisabili elementi di vulnerabilità oggettiva, considerato il miglioramento delle condizioni economiche e sociopolitiche del Senegal, né di specifica vulnerabilità soggettiva, non evidenziati dall’appellante, che neppure aveva fornito elementi utili a valutare il suo livello di integrazione in Italia.
2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I motivi di ricorso sono così rubricati: “1. Violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 4 e 32 – violazione dei principi di correttezza e buon andamento dell’attività amministrativa (art. 97 Cost.); 2. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; 3. Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e/o motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria su fatti o questioni controverse e decisive ai fini del giudizio”. Con il primo motivo il ricorrente deduce che il provvedimento impugnato davanti al Tribunale bresciano era stato redatto e sottoscritto dal solo Presidente e che pertanto l’atto impugnato era affetto da nullità assoluta e viziato per eccesso di potere. Con il secondo motivo lamenta che la Corte di merito abbia valutato in modo sommario la documentazione prodotta e le sue dichiarazioni precise e dettagliate, con cui riferiva di essere fuggito a causa dell’ingiusta espropriazione di un terreno di sua proprietà e per la sua povertà, rimarcando i traumi patiti per la protratta carenza alimentare, essendo il Senegal contemplato nell’indice globale della fame, come da rapporto SOFI 2018 che richiama, e per il “trattamento libico”. Con il terzo motivo si duole che la Corte d’appello non abbia esercitato i poteri istruttori ufficiosi sul contesto socio-politico del suo Paese, ritenendo inattendibile il narrato del richiedente in base a mere asserzioni, con riguardo ad irrilevanti imprecisioni. Rileva di essere fuggito dal Senegal a causa delle minacce subite e della sua povertà, stante l’assenza di opportunità lavorative nel suo Paese e evidenzia che la migrazione è il risultato di una situazione di grande bisogno e di privazione e che nel Senegal vi è una situazione di violenza indiscriminata e non sono tutelati i diritti umani.
2. Il primo motivo è inammissibile.
2.1. Nella sentenza impugnata non è menzionato, quale motivo d’appello, quello della nullità del provvedimento della Commissione Territoriale e il ricorrente, nel proporre la questione come primo motivo di ricorso, non indica quando, come e dove la stessa sia stata sollevata in grado d’appello, difettando così la censura di autosufficienza (Cass. 16347/2018).
Sotto ulteriore profilo, in base al costante orientamento di questa Corte che il Collegio condivide, in tema di immigrazione, la nullità del provvedimento amministrativo di diniego della protezione internazionale, reso dalla Commissione territoriale, non ha autonoma rilevanza nel giudizio introdotto mediante ricorso al tribunale avverso il predetto provvedimento poiché tale procedimento ha ad oggetto il diritto soggettivo del ricorrente alla protezione invocata, e deve pervenire alla decisione nel merito circa la spettanza, o meno, del diritto stesso non potendo limitarsi al mero annullamento del diniego amministrativo (Cass. 17318/2019; Cass. 20492/2020). Infatti, poiché oggetto del giudizio introdotto non è tanto il provvedimento negativo della Commissione territoriale quanto, piuttosto, l’accertamento del diritto soggettivo del richiedente alla protezione invocata, ne consegue che il tribunale non può limitarsi all’annullamento del provvedimento di diniego per vizi del provvedimento o del procedimento, ma ha l’obbligo di pronunciarsi nel merito, come è avvenuto nella specie.
3. I motivi secondo e terzo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.
3.1. Le censure si risolvono in considerazioni generiche ed astratte, prive di specifiche critiche al decisum, e in una sostanziale e impropria richiesta di riesame del merito.
Il ricorrente, con una commistione non lineare tra le varie misure di protezione, neppure descrive compiutamente la vicenda personale allegata a motivo della fuga dal suo Paese e si duole della mancata considerazione, da parte della Corte d’appello, della sua particolare condizione soggettiva e oggettiva, anche per l’estrema povertà del suo Paese. La Corte di merito non ha ritenuto inattendibile la vicenda personale narrata dal richiedente, ma ha affermato che si trattava di questioni di carattere privato, non integranti fatti di persecuzione nei suoi confronti, e rispetto a tali affermazioni il ricorrente non svolge specifiche censure, genericamente affermando di essere sfuggito dalla guerriglia casamancina e dalla fame.
3.2. Circa la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, lett. c), l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità al di fuori dei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. n. 32064/2018 e Cass. n. 30105/2018). Nella specie non ricorre il suddetto vizio, confusamente denunciato unitamente alla censura di violazione del dovere di cooperazione istruttoria, avendo la Corte d’appello descritto la situazione del Senegal e della regione Casamance, con indicazione delle fonti di conoscenza. Il ricorrente, ancora una volta, non si confronta con il decisum e si limita a mere enunciazioni di violazioni di legge o di vizi di motivazione, senza consentire, nemmeno attraverso una lettura globale, di individuare il collegamento di tali enunciazioni con la sentenza impugnata e le argomentazioni che la sostengono, né quindi di cogliere le ragioni per le quali se ne chieda la cassazione.
3.3. Con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).
Ciò posto, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge e motivazionale, afferma genericamente di essere soggetto vulnerabile e neppure deduce di aver allegato nei giudizi di merito elementi individualizzanti di rilevanza o fatti specifici che possano rivestire decisività, nel senso precisato da questa Corte e chiarito con la recente pronuncia delle Sezioni Unite già citata (tra le tante Cass. n. 9304/2019 e Cass. S.U. n. 29459/2019). La Corte d’appello ha rimarcato la mancata allegazione da parte del ricorrente di particolari sue fragilità e di elementi idonei a palesare la sua integrazione in Italia. Rispetto a tali affermazioni il ricorrente svolge considerazioni astratte e generali, sulle condizioni di insicurezza e povertà del suo Paese, che, di per sé sole, non hanno rilevanza ai fini che qui interessano, in base ai principi di cui alla citata pronuncia delle Sezioni Unite del 2019. E’ inammissibile la deduzione del fatto che si assume sopravvenuto e di rilevanza (pandemia da Covid 19), allegato dal ricorrente per la prima volta solo nel presente giudizio.
4. Nulla deve disporsi circa le spese di lite del presente giudizio, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021