LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17685-2019 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, *****, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
SOTTOMILANO SCARL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA MASSIMO 36, presso lo studio dell’avvocato RENATO DELLA BELLA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato EMILIO ANTONINO MARIA BAVIERA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1152/24/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA, depositata il 12/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione tributaria provinciale di Milano, con sentenza n. 6462/17, sez 15, rigettava il ricorso proposto dalla SOTTOMILANO scarl avverso le cartelle di pagamento n. ***** per irpef 1999; n. ***** per Irpef ed Iva 2001; n. ***** per Ires, Iva ed Irap 2003; n. ***** per Iva 2004; n. ***** per dir. ann. CCIAA 2004 Avverso detta decisione la società contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Lombardia che, con sentenza 1152/19 accoglieva l’impugnazione.
Nei confronti della detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di tre motivi.
La contribuente ha resistito con controricorso illustrato con memoria.
La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia deduce la nullità della motivazione in quanto apparente e contraddittoria risultando la stessa incomprensibile.
Con il secondo motivo deduce il medesimo vizio non risultando comprensibile quali siano le due cartelle per le quali sarebbe intervenuta la cessazione della materia del contendere.
Con il terzo motivo lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio poiché, in ordine alla cartella per la quale ha ritenuto sussistere la prescrizione decennale, non ha rilevato che la detta prescrizione era stata interrotta da una intimazione di pagamento.
Il ricorso risulta ammissibile.
Il ricorso dà infatti conto nella parte narrativa dello svolgimento del processo e delle richieste e delle argomentazioni svolte dall’Amministrazione in sede di appello. I motivi, inoltre, sono specifici in riferimento alla carenza ed incomprensibilità della motivazione e, in particolare, nel secondo motivo si riporta in osservanza del principio di autosufficienza il testo delle controdeduzioni depositate il 19.1.19..
Venendo quindi all’esame del ricorso, i tre motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e gli stessi sono manifestamente fondati.
La incomprensibilità della motivazione verte sostanzialmente sulla mancata esatta indicazione delle cartelle oggetto della pronuncia di cui non è stato indicato il numero di riferimento.
Premesso che la causa riguardava originariamente svariate cartelle di pagamento comprese tra gli anni 1999 e 2009 (nove secondo la concorde ricostruzione risultante dagli scritti difensivi di entrambe le parti) e che per alcune di esse (sei secondo la concorde affermazione degli scritti difensivi di entrambe le parti) l’Agenzia aveva richiesto la cessazione della materia del contendere, era essenziale innanzi tutto che la sentenza desse conto di quali fossero queste cartelle e si pronunciasse sulle restanti adeguatamente individuate.
La sentenza, in assenza di tutto ciò, si limita a prendere in esame tre cartelle, individuate esclusivamente tramite le date di notifica, in riferimento ad una delle quali (notificata il 2.5.06) ha rilevato l’intervenuta prescrizione decennale in assenza di atti interruttivi. Parimenti per le restanti due, concernenti le sanzioni e gli interessi, (una notificata il 9.2.07 e l’altra notificata il 18.2.08) ha dapprima rilevato l’intervenuta prescrizione per la tardività delle intimazioni di pagamento salvo poi affermare che per le stesse era sopravvenuta la richiesta di cessazione della materia del contendere da parte dell’amministrazione.
Dopo di ciò per le altre cartelle la sentenza si limita ad affermare che per esse era intervenuta la prescrizione decennale non essendo intervenuti atti interruttivi.
In tale contesto risulta impossibile comprendere quali siano queste ultime cartelle prescritte.
Se infatti su nove cartelle la sentenza si è pronunziate solo su tre ritenendone una prescritta e le altre due rientranti nella cessazione della materia del contendere, sarebbe stato necessario che venisse dato conto delle restanti sei cartelle delle quali quattro sarebbero quelle per cui era intervenuta la cessazione della materia del contendere e due quelle prescritte.
Tale distinzione risultava tanto più necessaria in relazione a quanto lamentato dall’Agenzia con il secondo ed il terzo motivo Riguardo al secondo motivo, infatti, l’Agenzia ha riportato nel ricorso (in osservanza del principio di autosufficienza) il testo delle proprie controdeduzioni del 19.1.19 ove dava conto del fatto che la L. n. 136 del 2018, art. 4, comma 1, prevedeva l’annullamento solo per i crediti fino a mille Euro per cui le due cartelle per cui sarebbero stata chiesta la cessazione della materia del contendere non avrebbero potuto essere quelle indicate in sentenza in quanto le stesse avevano ad oggetto rispettivamente un credito di Euro 38.403,00 e di Euro 7811,19.
Il mancato esame di tale questione rilevante, oltre a costituire un vizio della decisione, rende quindi difficile comprendere in ogni caso quali effettivamente siano le cartelle per le quali è intervenuta la cessazione della materia del contendere.
Trattasi di motivazione meramente apparente che non dà conto delle singole diverse situazioni e questioni e che che non risponde ai requisiti minimi di cui all’art. 132 c.p.c., n. 4, nonché al principio costituzionale di cui all’art. 111 Cost. di obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.
Occorre rammentare che Corte ha ritenuto che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. 24452/18; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9105 del 07/04/2017; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014) Riguardo poi al terzo motivo, l’Agenzia (sempre in osservanza del principio di autosufficienza) ha riportato nel ricorso il testo dell’intimazione di pagamento notificata in data 23.10.15, depositata nel primo grado di giudizio, che risulta riferirsi anche alla cartella di pagamento ***** notificata in data 2.5.06 che dovrebbe corrispondere alla cartella recante un residuo importo di Euro 145.754,01 che la sentenza ritiene prescritta per mancanza di atti interruttivi.
Anche su tale decisiva questione quindi la Commissione regionale ha omesso di esaminare un fatto storico dedotto in giudizio e cioè l’avvenuta notifica di un atto interruttivo della prescrizione.
Il ricorso va quindi accolto nei termini di cui sopra, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR Lombardia, in diversa composizione, per nuovo giudizio e per la liquidazione delle spese del presente grado.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lombardia,in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese della presente fase.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021