LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Giudo – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10132-2020 proposto da:
D.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO N. 38, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****;
– intimato –
avverso la sentenza n. 353/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.
RILEVATO
– che viene proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 17.1.2020, che ha confermato il diniego di protezione internazionale ed umanitaria pronunciato in primo grado;
– che non svolge difese il Ministero intimato;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c..
RITENUTO
– che i motivi deducono:
1) omesso esame di fatto decisivo, consistente nella “condizione di pericolosità e le situazioni di violenza generalizzata esistenti in Gambia”, come riconosciuto da fonti informative nazionali ed internazionali, con inadeguata motivazione del giudice;
2) violazione dell’art. 10 Cost., e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, oltre ad omesso esame, perché egli aveva diritto alla protezione sussidiaria, in ragione delle condizioni attuali del Gambia;
3) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2017, artt. da 2 a 6 e art. 14, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, oltre ad omesso esame, perché il giudice non ha compiuto una istruttoria sul paese di origine, in tal modo redigendo una motivazione meramente apparente, quanto alla protezione umanitaria;
4) violazione dell’art. 10 Cost., del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, contenente il divieto di refoulement, affermando che il ricorrente in patria incorrerebbe in una “estrema difficoltà economica e sociale”;
– che i motivi sono manifestamente inammissibili, in quanto difettano di specificità e pretendono una ripetizione del giudizio sul fatto;
– che, invero, la corte territoriale ha disatteso la domanda di protezione internazionale, sotto il profilo del rifugio e della protezione sussidiaria, ritenendo che la vicenda narrata – la fuga dal paese di origine, il Gambia, per timore di essere ucciso da membri del villaggio che si erano impossessati con la forza del terreno di sua proprietà – del tutto personale; inoltre, ha escluso qualsiasi ricorrenza della situazione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. t), dopo l’esame di fonti aggiornate;
– che il giudice del merito ha valutato la situazione del Gambia con riferimento ad una fonte (Viaggiare sicuri) che, seppur destinata ad altri fini (informazione turistica), contiene comunque informazioni specifiche e tranquillizzanti circa l’inesistenza di un conflitto armato interno, sufficienti a confutare le genericissime allegazioni del ricorrente, allora appellante;
– che, a fronte di tale argomentare, i motivi non propongono specifiche censure, limitandosi a generiche affermazioni di principio ed al richiamo di norme, senza neppure provvedere a chiarire e personalizzare la vicenda del richiedente, che possa integrare le fattispecie normative invocate;
– che questa Corte ha già condivisibilmente affermato come “In tema di protezione internazionale sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ove il richiedente invochi l’esistenza di uno stato di diffusa e indiscriminata violenza nel paese d’origine tale da attingerlo qualora debba farvi rientro, e quindi senza necessità di deduzione di un rischio individualizzato, l’attenuazione del principio dispositivo, cui si correla l’attivazione dei poteri officiosi integrativi del giudice del merito, opera esclusivamente sul versante della prova, non su quello dell’allegazione; ne consegue che il ricorso per cassazione deve allegare il motivo che, coltivato in appello secondo il canone della specificità della critica difensiva ex art. 342 c.p.c., sia stato in tesi erroneamente disatteso, restando altrimenti precluso l’esercizio del controllo demandato alla suprema corte anche in ordine alla mancata attivazione dei detti poteri istruttori officiosi” (Cass. 17 maggio 2019, n. 13403);
– che, inoltre, va richiamato il principio, secondo cui “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla suprema corte l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728; Cass. 8 giugno 2020, n. 10913);
– che nulla di ciò ci è nel ricorso, palesemente inammissibile;
– che il ricorso, anzi, quanto alla protezione umanitaria, si limita ad insistere sul fatto che il richiedente “non ha mai creato problemi” in Italia e troverebbe condizioni non facili nel suo paese, in ciò però continuando a sollecitare un giudizio sul fatto;
– che, anche con riguardo al quarto motivo, il ricorrente, lungi dal formulare specifiche censure in diritto nei confronti dell’ordinanza impugnata, pone le questioni della violazione del principio di non refoulement negli stessi termini in cui si porrebbe davanti a un giudice di merito, ossia presupponendo che vengano in questa sede svolti anche gli accertamenti dei fatti rilevanti;
– che le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021