LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Giudo – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10435-2020 proposto da:
F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MAURO PIGINO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 167/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata l’11/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.
RILEVATO
– che viene proposto ricorso avverso il provvedimento della Corte d’appello di Torino in data 11.2.2020, il quale ha respinto il ricorso avverso l’impugnazione, relativa alla protezione umanitaria, avverso l’ordinanza di primo grado, a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;
– che il Ministero intimato si costituisce ai fini della partecipazione alla eventuale udienza di discussione;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
– che i motivi vanno come di seguito riassunti:
1) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, in quanto la corte non ha operato una valutazione individuale della situazione del richiedente, e non ha offerto cooperazione istruttoria;
2) violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, non avendo ritenuto rilevante l’integrazione sociale raggiunta dal richiedente, che svolge lavori stagionali come lavapiatti, e, sebbene abbia lasciato in Gambia i propri genitori, si trova ormai in Italia;
– che il ricorso è inammissibile;
– che il giudice del merito ha ritenuto come i fatti narrati dal richiedente, cittadino del Gambia, non comportino la sussistenza di una situazione di particolare vulnerabilità, esaminandone la situazione, come dedotta, sia per avere il richiedente solo rapporti intermittenti di lavoro stagionale, sia per l’insufficienza per il proprio sostentamento sulla base delle buste paga prodotte in giudizio (onde ha reputato così smentita l’affermazione della pretesa piena autonomia economica), sia perché si tratta di un mero sistema di accoglienza posto in atto in suo favore, espressamente escluse dalla Dir. n. 2013/337/UE e dal D.Lgs. n. 142 del 2015, come causa in sé di riconoscimento del titolo di protezione richiesto; inoltre, in Gambia la situazione non espone di per sé il richiedente a rischio di violenza indiscriminata;
– che la censura di motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria è inammissibile, invocandosi una norma non più in vigore (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, prima delle modifiche di cui all’art. 54.1, lett. b), D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134);
– che, inoltre, a fronte dei generici rilievi del richiedente, la corte del merito ha correttamente applicato il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di protezione internazionale, il disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nell’imporre al richiedente di presentare tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, costituisce un aspetto del più generale dovere di collaborazione istruttoria a cui lo stesso è tenuto, ma non fissa una regola di giudizio, sicché la scelta degli elementi probatori e la valutazione di essi, ai sensi del successivo comma 3, lett. b), rientrano nella sfera di discrezionalità del giudice di merito, il quale non è obbligato a confutare dettagliatamente le singole argomentazioni svolte dalle parti su ciascuna delle risultanze probatorie, né a compiere l’analitica valutazione di ciascun documento prodotto, ma deve soltanto fornire, mediante un apprezzamento globale della congerie istruttoria raccolta, un’esauriente e convincente motivazione sulla base degli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti (e plurimis, Cass. 30 agosto 2019, n. 21881; Cass. 12 giugno 2019, n. 15794);
– che questa Corte ha già precisato come essa “tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente”, evidenziando che non sussiste “né un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, né quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico” (Cass., 7 febbraio 2019, n. 3681, tra le tante);
– che il ricorrente, peraltro, anche in questa sede si è limitato ad una critica sterile indirizzata alla motivazione della sentenza, senza nulla aggiungere, in concreto, con riferimento alla posizione personale e ad una qualche situazione di vulnerabilità effettiva, in grado di giustificare le ragioni umanitarie richieste per il permesso di soggiorno;
– che, dunque, il ricorrente a null’altro mira che a riprodurre il giudizio sul fatto, come è del resto palesato dalla stessa riproduzione di documenti nel corpo del ricorso;
– che, in definitiva, sotto il velo della denuncia di violazione di legge e di vizio motivazionale, il ricorrente ha in realtà inteso rimettere inammissibilmente in discussione l’accertamento di merito svolto dal giudice;
– che non occorre provvedere sulle spese di lite.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021