LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Giudo – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10629-2020 proposto da:
M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MAIORANA, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso la sentenza n. 420/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/01/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA NAZZICONE.
RILEVATO
– che viene proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma del 20 gennaio 2020, che ha confermato il diniego di protezione umanitaria pronunciato in primo grado, avendo il ricorrente rinunciato, nelle conclusioni in appello, alle altre due forme di protezione;
– che il Ministero intimato si è costituito per la sola partecipazione all’udienza di discussione;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 380-bis c.p.c..
RITENUTO
– che i motivi deducono:
1) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2017, artt. da 2 a 6 e art. 14, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, oltre ad omesso esame, perché il giudice non ha compiuto una istruttoria sul paese di origine, in tal modo redigendo una motivazione meramente apparente, quanto alla protezione umanitaria;
2) violazione dell’art. 10 Cost., del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e art. 19, contenente il divieto di refoulement, affermando che il ricorrente in patria incorrerebbe in una estrema difficoltà economica e sociale, mentre il giudice non ha offerto cooperazione istruttoria;
– che i motivi sono manifestamente inammissibili, in quanto difettano di specificità e pretendono una ripetizione del giudizio sul fatto;
– che, invero, la corte territoriale ha disatteso la domanda di protezione umanitaria, rilevando come la stessa narrazione del richiedente non integri neppure la fattispecie de qua, atteso: che è mutato il quadro politico del Gambia, dal quale egli ha dichiarato di essersi allontanato per motivi politici, in quanto il fratellastro sarebbe stato accusato di partecipazione all’attentato contro il presidente del Gambia. avvenuto nel 2014; che la situazione lamentata non esiste più dal 2016 in seguito alle elezioni presidenziali, con successive elezioni libere e democratiche, le quali hanno portato al potere il partito opposto al presidente J., onde quella allegata dal richiedente è una situazione ampiamente superata, insuscettibile di costituire qualsiasi pericolo per l’istante; che, in ogni caso, il fatto allegato riguarda il fratellastro, non il richiedente in questione, né esiste alcuna verosimiglianza dello stesso pericolo, a suo tempo, di essere condannato alla pena di morte o all’ergastolo per il solo vincolo di parentela, e neppure vi è la minima allegazione di mandato d’arresto o procedimento penale nei suoi confronti; non vi è nessuna documentazione di qualsiasi forma di interazione sociale, lavorativa o familiare, per esistere solo una frequenza di laboratorio di pelletteria;
– che, a fronte di tale argomentare, i motivi non propongono specifiche censure, limitandosi a generiche affermazioni di principio ed al richiamo di norme, senza neppure provvedere a chiarire e personalizzare la vicenda del richiedente, che possa integrare le fattispecie normative invocate;
– che il ricorrente, lungi dal formulare specifiche censure in diritto nei confronti del provvedimento impugnato, pone le questioni di violazione del principio di non refoulement negli stessi termini in cui si porrebbe davanti a un giudice di merito, ossia presupponendo che vengano in questa sede svolti anche gli accertamenti dei fatti rilevanti;
– che questa Corte ha già condivisibilmente affermato come “In tema di protezione internazionale sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ove il richiedente invochi l’esistenza di uno stato di diffusa e indiscriminata violenza nel paese d’origine tale da attingerlo qualora debba farvi rientro, e quindi senza necessità di deduzione di un rischio individualizzato, l’attenuazione del principio dispositivo, cui si correla l’attivazione dei poteri officiosi integrativi del giudice del merito, opera esclusivamente sul versante della prova, non su quello dell’allegazione; ne consegue che il ricorso per cassazione deve allegare il motivo che, coltivato in appello secondo il canone della specificità della critica difensiva ex art. 342 c.p.c., sia stato in tesi erroneamente disatteso, restando altrimenti precluso l’esercizio del controllo demandato alla suprema corte anche in ordine alla mancata attivazione dei detti poteri istruttori officiosi” (Cass. 17-05-2019, n. 13403);
– che, inoltre, va richiamato il principio, secondo cui “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla suprema corte l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. 21-10-2019, n. 26728; Cass. 0806-2020, n. 10913);
– che nulla di ciò nel ricorso, palesemente inammissibile sotto ogni profilo;
– che non occorre provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021