LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19937/2020 proposto da:
M.D., nella qualità di padre del minore Mo.Di., elettivamente domiciliato in Roma, Via Cossignano n. 3, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da sé medesimo;
– ricorrente –
contro
A.M., nella qualità di genitore del minore Mo.Di., elettivamente domiciliata in Roma, Via Condotti n. 9, presso lo studio dell’avvocato Celani Carlo, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, del 13/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/05/2021 dal cons. Dott. DI MARZIO MAURO.
RILEVATO
CHE:
1. – A.M., separata di fatto dal coniuge M.D., madre del minore Di., nato in costanza di matrimonio e con lei convivente, ha agito dinanzi al Tribunale per i minorenni di Roma ed ha chiesto che le visite paterne avvenissero solo in sua presenza e presso la sua abitazione, lamentando che il M. avesse regalato al bambino un cellulare e gli avesse insegnato a navigare in rete, lasciandolo poi senza controllo, ed inoltre avesse consentito al minore l’uso di armi ad aria compressa, lasciate incustodite in casa.
2. – Il Tribunale per minorenni ha sospeso il M. dalla responsabilità genitoriale ed incaricato un tal “*****” di effettuare una valutazione sull’intero nucleo familiare, nonché il servizio sociale di individuare tempi e modalità per la frequentazione padre-figlio, segnalando eventuali ulteriori condotte pregiudizievoli del primo.
3. – Il M. ha proposto reclamo, che la Corte d’appello ha dichiarato inammissibile sull’assunto che il provvedimento reclamato non avesse carattere decisorio e definitivo.
4. – Lo stesso M. ha dunque proposto ricorso per cassazione per due mezzi, lamentando per un verso che la Corte d’appello avesse ritenuto inammissibile il reclamo, sull’erroneo presupposto indicato, e, per altro verso, che la Corte d’appello non avesse rilevato la nullità del procedimento di primo grado per violazione del principio del contraddittorio e del giusto processo, in mancanza della nomina di un curatore speciale al minore.
5. – Questa Corte con ordinanza 24 gennaio 2020, numero 1668, ha accolto il primo motivo, assorbito il secondo, cassato il decreto impugnato e rinviato alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese.
6. – Riassunto il giudizio, nel contraddittorio delle parti, la Corte d’appello di Roma, con decreto del 13 luglio 2020 ha rigettato il reclamo del M. con compensazione di spese.
Nell’esaminare la questione concernente la nomina del curatore speciale del minore, la Corte territoriale ha ritenuto “non ravvisabile la nullità denunciata, atteso che, al momento dell’emissione del provvedimento reclamato, la nomina del curatore speciale, ex art. 78 c.c., comma 2, doveva ritenersi rimessa alla discrezionalità del Collegio e, invero, – l’orientamento su espresso… ha riguardato provvedimenti limitativi/abrogativi della responsabilità genitoriale emessi in via definitiva, mentre, nel caso di specie, il TMM ha provveduto in via temporanea ed urgente, prospettandosi il rischio psicopatologico del bambino in presenza di uno stile di vita manifestamente non conforme all’interesse dello stesso, e in una fase del tutto iniziale, come dimostrato dall’incarico conferito al ***** per la somministrazione di un supporto clinico, – il giudizio non nasce come giudizio ex art. 320 c.c. tant’e’ che è stato introdotto dall’ A. al fine di ottenere la regolazione della frequentazione padre/figlio attraverso l’introduzione di una modalità protetta e non in vista della limitazione dell’altrui responsabilità genitoriale, ed è stato trasformato in giudizio de potestate d’ufficio, avendo il collegio “ritenuto che l’attività istruttoria e, in particolare, l’indagine effettuata dal Servizio Sociale… evidenzia(ssero) delle criticità a carico del ruolo paterno visibili anche nello stato di disagio psicologico manifestato dal bambino””.
7. – Per la cassazione del decreto M.D. ha proposto ricorso per un mezzo.
8. – A.M. resiste con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
9. – L’unico mezzo lamenta violazione del principio di diritto affermato da questa Corte nell’ordinanza rescindente di cui si è detto.
RITENUTO CHE:
10. – Il ricorso è manifestamente fondato, attesa la violazione, da parte della Corte d’appello, del precetto fissato dall’art. 384 c.p.c., il quale impone al giudice del rinvio di “uniformarsi al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte”, la qual cosa sta a significare che, in ipotesi, quale l’attuale, di cassazione con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato e ai relativi presupposti di fatto, sicché il giudice del rinvio deve uniformarsi tanto alla regula iuris, quanto alle premesse logico-giuridiche della decisione, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione (ex permultis Cass. 22 agosto 2018, n. 20887).
Nella specie la Corte d’appello ha mostrato di non aver compreso il (se non di essersi voluta deliberatamente discostare dal) contenuto, pur semplice e piano, dell’ordinanza di questa Corte, ove si afferma espressamente:
-) che il provvedimento reclamato dinanzi alla Corte d’appello era stato adottato nell’ambito di “un procedimento promosso ai sensi dell’art. 333 c.c.”, all’esito del quale il Tribunale adito “dopo aver rigettato l’istanza di adozione di provvedimenti temporanei ed urgenti di cui all’art. 336 c.c., comma 3, ha disposto la sospensione del ricorrente dall’esercizio della responsabilità genitoriale”;
-) che nella fattispecie sottoposta all’esame della Corte di cassazione, “pur non risultando emesso a conclusione del procedimento, ma essendo stato espressamente pronunciato “in via non definitiva”, ed accompagnato dall’assegnazione al Servizio sociale del compito di individuare i tempi e le modalità di frequentazione tra il padre ed il figlio, nonché dell’affidamento al Servizio sociale e ad un Centro specializzato del compito di procedere ad una valutazione del minore e del contesto familiare, il decreto di primo grado riveste indubbiamente carattere decisorio, non essendo stato adottato a titolo provvisorio ed urgente, ed apparendo idoneo ad incidere in modo tendenzialmente stabile sull’esercizio della responsabilità genitoriale da parte del ricorrente”;
-) che aveva dunque errato la Corte d’appello nell’escludere l’ammissibilità dell’impugnazione “ponendo in risalto proprio il carattere asseritamente provvisorio del decreto di primo grado, in quanto adottato in una fase iniziale del procedimento ed accompagnato da disposizioni per l’ulteriore corso del procedimento, nonché la rispondenza dello stesso alla specifica finalità di attenuare il conflitto sotto il limitato e specifico punto relativo al calendario di frequentazioni tra il minore ed il genitore non collocatario”.
A fronte di ciò, dunque, non v’era il benché minimo spazio perché la Corte d’appello affermasse che “il giudizio non nasce come giudizio ex art. 320 c.c.”, peraltro richiamando una norma che non ha nulla a che vedere con la materia del contendere, ed aggiungesse che la A. aveva introdotto il giudizio “al fine di ottenere la regolazione della frequentazione padre/figlio… e non in vista della limitazione dell’altrui responsabilità genitoriale”, sicché il Tribunale aveva “provveduto in via temporanea ed urgente”: il che si pone in frontale contrasto con quanto ha invece affermato questa Corte nell’ordinanza 24 gennaio 2020, numero 1668, stabilendo, come si è detto, che il procedimento era stato “promosso ai sensi dell’art. 333 c.c.”, ed era cioè per l’appunto un procedimento de potestate volto all’adozione dei provvedimenti ivi contemplati, e si era concluso con un provvedimento adottato non “a titolo provvisorio ed urgente”, ma che appariva “idoneo ad incidere in modo tendenzialmente stabile sull’esercizio della responsabilità genitoriale da parte del ricorrente”. Ed uno spazio se possibile ancor minore vi era per far seguire alla premessa che “il giudizio non nasce come giudizio ex art. 320 c.c.” l’affermazione successiva secondo cui detto giudizio “e’ stato trasformato in giudizio de potestate d’ufficio”: è sufficiente compulsare l’art. 336 c.c. per avvedersi che i procedimenti de potestate possono essere avviati ad iniziativa dei genitori, parenti e pubblico ministero, non d’ufficio: errore giuridico, quello insito nella ricostruzione della Corte d’appello, che riflette una impostazione autoritaria – quella del giudice che d’ufficio priva i genitori della responsabilità genitoriale – incompatibile coi valori sanciti dalla Costituzione, in particolare nelle norme dedicate alla famiglia. E d’altronde, seppure il primo giudice avesse realmente commesso un simile errore, introducendo d’ufficio il giudizio de potestate, così da sospendere infine la responsabilità genitoriale senza che nessuno l’avesse chiesto, non v’e’ dubbio che da quel momento avrebbe dovuto quantomeno dar corso all’osservanza delle regole proprie di quel giudizio, che, come subito si dirà, impone la nomina del curatore al minore. Sicché il ragionamento della Corte d’appello è sotto qualunque angolo visuale privo di qualunque base giuridica.
Ovvio, dunque, che, nel provvedere sul reclamo, con riguardo alla questione già prospettata in sede di legittimità nel motivo dichiarato assorbito, la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare il ribadito principio che segue: “Nei giudizi che abbiano ad oggetto provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, in virtù del combinato disposto dell’art. 336 c.c., commi 1 e 4 va nominato al minore un curatore speciale ai sensi dell’art. 78 c.p.c., comma 2, determinandosi in mancanza una nullità del procedimento che, se accertata in sede di impugnazione, comporta la rimessione della causa al primo giudice per l’integrazione del contraddittorio” (Cass. 25 gennaio 2021, n. 1471; analogamente Cass. 26 marzo 2021, n. 8627; Cass. 6 marzo 2018, n. 5256).
Con particolare riguardo all’esigenza di nomina del curatore speciale, la giurisprudenza di questa Corte è chiara e netta, ed è utile rinviarvi espressamente, a ciò che il giudice del rinvio vi si possa adeguare senza ulteriori incertezze: si richiamano in particolare i p.p. 2.2.1.2.2.4. di Cass. 25 gennaio 2021, n. 1471.
Resta solo da aggiungere che, quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., comma 1, resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio di cassazione, l’annullamento, anche d’ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell’art. 383 c.p.c., comma 3 (Cass. 23 ottobre 2020, n. 23315; Cass. 22 febbraio 2021, n. 4665).
11. – Il decreto impugnato è cassato e la causa rinviata al Tribunale per i minorenni di Roma in diversa composizione, che si atterrà a quanto dianzi indicato e provvederà sulle spese anche di questo giudizio di legittimità.
12. – Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia anche per le spese al Tribunale di Roma in diversa composizione.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2021