LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sui ricorsi iscritto al n. 983 del ruolo generale dell’anno 2013, proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si domicilia;
– ricorrente –
contro
s.p.a. Multimedica Holding, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. Maurizio Leo, presso lo studio del quale in Roma, alla via Giuseppe Avezzana, n. 45, elettivamente si domicilia;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata in data 8 novembre 2011, n. 165/44/11;
udita la relazione svolta all’adunanza camerale dell’11 maggio 2021 dal consigliere Angelina-Maria Perrino.
RILEVATO
che:
– emerge dalla sentenza impugnata che la contribuente ha ceduto alla controllata s.p.a. Multimedia 3 AIECS un contratto di leasing concernente un complesso immobiliare con terreno pertinenziale, per un corrispettivo dato dalla differenza tra il valore originario del contratto di leasing e il valore residuo dei canoni ancora da pagare, laddove l’Agenzia ha rettificato il valore della cessione ai fini dell’iva, applicando i criteri di stima dell’OMI Osservatorio Mercato Immobiliare – e del CRESME – Centro Ricerche Economiche Sociali e di Mercato per l’Edilizia, in base ai quali ha elaborato il valore normale dell’immobile;
– risulta altresì che la contribuente ha ricevuto dalla suddetta controllata prestazioni di servizi nel 2004, non fatturate dalla prestatrice, che, secondo l’Agenzia, dovevano essere autofatturate dalla committente perché acquisite sul mercato dalla controllata con liquidità fornita dalla controllante;
– la contribuente ha impugnato il conseguente avviso di accertamento col quale l’Agenzia ha recuperato la maggiore iva sulla maggiore base imponibile della cessione del contratto di leasing e ha irrogato la sanzione prevista dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8, per l’omessa regolarizzazione dell’acquisizione di beni e di servizi;
– la Commissione tributaria provinciale di Milano ha accolto il ricorso e quella regionale della Lombardia ha rigettato l’appello dell’Agenzia, rilevando, quanto al primo rilievo, che anzitutto alla cessione del contratto di leasing non sono applicabili le norme sulla determinazione del valore normale e, comunque, che la natura particolare dell’immobile oggetto del leasing, costituito da un fabbricato articolato in diverse piattaforme tecnologiche e dotato di impianti dedicati, non lo rende valutabile secondo i criteri standard dell’OMI;
– il giudice d’appello quanto al secondo rilievo ha sottolineato che le prestazioni di servizi sono effettuate, ai fini dell’iva, soltanto al momento del pagamento del corrispettivo, di modo che nel caso in esame non v’e’ necessità d’indagine sull’intento della controllata, su cui punta l’Agenzia, di tardivo assolvimento dell’iva merce’ la tardiva fatturazione;
– contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi, cui la contribuente replica con controricorso.
CONSIDERATO
che:
– il primo motivo di ricorso, col quale l’Agenzia lamenta la contraddittoria motivazione della sentenza, sostenendo che se i dati OMI non sono attendibili perché l’immobile è dotato di particolari caratteristiche, ciò significa che l’inattendibilità è per difetto e non per eccesso, è inammissibile;
– esso, difatti, per un verso non si confronta con la statuizione a monte contenuta in sentenza, con la quale si esclude l’applicabilità, in caso di cessione del contratto di leasing, delle norme sulla determinazione del valore normale; per altro verso, assume come postulato il dato, che, invece, non emerge dal ragionamento della sentenza impugnata, che i dati OMI siano inattendibili per difetto: e ciò perché la Commissione tributaria regionale, sia pure in via ipotetica, si è limitata ad escludere l’applicabilità in astratto dei dati OMI;
– il secondo e il terzo motivo di ricorso, invece, da esaminare congiuntamente perché concernenti la medesima censura sotto diverse angolazioni, coi quali l’Agenzia rispettivamente denuncia la violazione o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 6, in relazione agli artt. 2697 e 2729 c.c. (secondo motivo), nonché l’omessa motivazione in ordine a una serie di elementi ritualmente introdotti in giudizio (terzo motivo), sono fondati;
– il pagamento delle prestazioni di servizio determina la sola esigibilità dell’imposta, ossia l’attitudine attuale dell’imposta ad essere pretesa da parte dell’erario, e non ne integra, invece, il fatto generatore, da cui scaturisce l’obbligazione tributaria (Cass., sez. un., 21 aprile 2016, n. 8059);
e’ il fatto generatore a determinare l’imponibilità dell’operazione, cui si ricollegano gli effetti previsti dalla disciplina del tributo; e l’imponibilità è indice di capacità contributiva, sicché va necessariamente riferita, nella prospettiva degli artt. 3 e 53 Cost., e per l’esigenza di non trattare differentemente situazioni uguali, a un dato oggettivo omogeneo e insuscettibile di variazioni determinate da scelte casuali e soggettive. Il che non accadrebbe, ove si ritenga che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 3, costruisca il pagamento come fatto generatore dell’imposta, giacché, in tal caso, l’imponibilità a fini iva sarebbe, irrazionalmente, destinata a mutare non solo in rapporto alla tipologia delle operazioni imponibili, ma anche all’interno di ciascuna di esse, nonché in funzione dell’opzione dell’operatore (che eventualmente anticipi il momento impositivo con l’emissione della fattura);
– in questo contesto, e con riguardo alla normativa italiana, la giurisprudenza unionale ha stabilito che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 3, là dove attribuisce rilevanza a fini impositivi, quanto alle prestazioni di servizi, al dato del pagamento del relativo corrispettivo, non contrasta con la sesta Dir., art. 10, “in quanto questa disposizione, pur identificando il fatto generatore dell’imposta con l’esecuzione della prestazione, consente tuttavia agli Stati membri di stabilire che l’imposta diventi esigibile, per tutte le prestazioni, solo con l’incasso del corrispettivo” (Corte giust. 26 ottobre 1995, causa C-144/94): la norma nazionale deve quindi essere necessariamente intesa nel senso che la fitta identificazione con il pagamento del corrispettivo (“le prestazioni di servizio si considerano effettuate…”) investe il compimento della prestazione con esclusivo riferimento alla sua rilevanza ai fini della mera esigibilità dell’imposta;
– l’insorgenza dell’obbligazione tributaria si traduce nell’insorgenza degli obblighi propri della disciplina del tributo, laddove il pagamento del corrispettivo identifica soltanto l’estremo limite temporale per l’adempimento dell’obbligo di fatturazione (in termini, Cass. 1 aprile 2021, n. 9064);
– nel caso in esame, l’Agenzia deduce che tale limite temporale si sia verificato nel 2004; e all’uopo fa leva, al fine di evidenziare che il pagamento di quelle prestazioni è avvenuto a partire dal 2004, sull’esistenza di un flusso di liquidità a partire dall’esercizio del 2004 transitato su conti correnti impropri cointestati alle due società, nonché sulla contabilizzazione di somme corrispondenti nei rispettivi bilanci delle società interessate, evidenziati già nel processo verbale di constatazione allegato agli atti; elementi, questi, potenzialmente idonei a orientare diversamente la decisione;
– la censura complessivamente proposta va quindi accolta, e la sentenza cassata per il profilo corrispondente, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie i restanti, cassa per il profilo corrispondente la sentenza impugnata e rinvia, in relazione al profilo accolto, nonché per la regolazione delle spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 11 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021