Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.25474 del 21/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 18027/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, (C.F. *****), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12.

– ricorrente –

contro

Costa Ovest Promotorsport s.r.l. (C.F. TBRBNR51C63D786G), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Victor Uckmar e dall’avv. Francesco d’Ayala Valva, elettivamente domiciliata nel suo studio, in Roma, viale Parioli 43.

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 32/30/2015 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, depositata il giorno 12 gennaio 2015.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2021 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

FATTI DI CAUSA

Costa Ovest Promotorsport s.r.l. (di seguito breviter COP) impugnò l’avviso di accertamento, notificato dall’Agenzia delle entrate, con il quale vennero ripresi a tassazione maggiori redditi, ai fini delle imposte dirette, dell’IRAP e dell’IVA per l’anno 2006, in dipendenza di taluni finanziamenti effettuati in quell’esercizio da un socio in favore della medesima società.

Il ricorso venne respinto in primo grado; proposto appello dalla contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza depositata il 12 gennaio 2015, lo accolse integralmente.

Avverso la detta sentenza, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico mezzo, cui resiste con controricorso COP.

La controricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, va rilevata la tardività della memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., depositata dalla COP telematicamente il giorno *****, oltre il termine di dieci giorni prima dell’adunanza fissata; né può trovare ingresso l’istanza di rimessione in termini, formulata nella medesima giornata dalla controricorrente, per la decisiva considerazione che la copia “per immagine” delle due ricevute di accettazione e consegna della PEC trasmessa in data ***** all’indirizzo di posta elettronica certificata della S.C., estratte dal difensore della COP dai registri informatici, è priva dell’attestazione di conformità all’originale, pure prescritta ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16-decies, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.

2. Con l’unico motivo del ricorso deduce l’Agenzia delle entrate la violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 39 e 41-bis, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 85, e degli artt. 2697 e 2729 c.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che incombesse sull’amministrazione, la prova dell’effettiva provenienza delle somme versate a titolo di finanziamento dal socio della contribuente.

2.1. Il motivo è inammissibile.

Lamentando plurime violazioni di legge, in realtà la ricorrente intende sottoporre ad un nuovo sindacato di merito l’accertamento effettuato dalla commissione tributaria regionale, in ordine alla infondatezza della ripresa a tassazione effettuata dall’amministrazione con l’avviso impugnato.

E’ noto, del resto, come in tema di prova presuntiva risulta incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) (Cass. 17/01/2019, n. 1234).

Ora, nella vicenda all’esame, la commissione tributaria regionale ha ritenuto – con valutazione in fatto qui non censurabile – che il quadro indiziario fornito dall’amministrazione (sostanzialmente: la mancanza di redditi dichiarati in capo al socio finanziatore), non fosse sufficiente ad affermare che il finanziamento effettuato da un socio alla società, fosse in realtà il frutto di ricavi provenienti dalla medesima attività sociale, non dichiarati dalla contribuente e poi riversati nelle casse sociali dal suo socio – nonché legale rappresentante -, simulando un mero finanziamento in favore della compagine sociale.

E siffatto accertamento non può essere rimesso in discussione innanzi al giudice di legittimità, tenuto conto che il D.P.R. n. 917 del 1985, art. 85 – a differenza di quanto apoditticamente affermato dall’Amministrazione -, non pone alcuna presunzione, né inversione dell’onere della prova, a carico del socio che eroga – non importa se a titolo di mutuo, ovvero con la nota formula “in conto futuro aumento capitale sociale” – una determinata somma in favore della società.

3. Le spese seguono la soccombenza. Essendo la ricorrente una amministrazione dello Stato esonerata dal versamento del contributo unificato, va escluso per la predetta l’obbligo di versare dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (Cass. 29/01/2016, n. 17789).

P.Q.M.

Respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 5.600,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, alle spese generali al 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

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