Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.25497 del 21/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6974-2016 proposto da:

F.E., F.F., B.A.M., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VETTORI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO *****, S.M., G.P., M.A., N.A.F., elettivamente domiciliati in ROMA, P.ZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO BOER, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO CRESCIOLI;

– controricorrenti –

nonché contro D.P., P.A., D.G., V.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2848/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 23/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/05/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

viste le conclusioni motivate, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, formulate dal P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;

vista le memoria depositata dai ricorrenti.

FATTI DI CAUSA

1. B.M., F.F. ed F.E. hanno proposto ricorso articolato in tredici motivi avverso la sentenza n. 2848/2015 della Corte d’appello di Venezia, pubblicata il 10 dicembre 2015.

Resistono con controricorso il Condominio ***** di *****, G.P., N.A.F., M.A. e S.M..

Gli altri intimati D.P., P.A., D.G. e V.F. non hanno svolto attività difensive.

2. La Corte d’appello di Venezia ha confermato la sentenza n. 92/2014 del 14 gennaio 2014 resa dal Tribunale di Vicenza, con cui era stata accolta la domanda avanzata con citazione del 27 dicembre 2010 dal Condominio ***** di *****, nonché dai singoli condomini D.U., + ALTRI OMESSI. Gli attori avevano domandato l’accertamento della natura di bene condominiale ex art. 1117 c.c. del sottotetto e l’inesistenza in tale bene di porzioni di proprietà esclusiva dei convenuti B.M., F.F. ed F.E. (proprietari di un appartamento sito all’ultimo piano dell’edificio), nonché la condanna degli stessi alla restituzione della porzione di sottotetto occupata ed al pagamento dei 916/1000 dei frutti percepiti a titolo di locazione pattuita con la Vodafone-Omnitel, cui una parte del sottotetto era stata concessa in godimento da B.A.M. per installarvi un’antenna radio. I convenuti avevano domandato in via riconvenzionale di accertare che la porzione di sottotetto sovrastante il loro appartamento fosse di proprietà esclusiva. Il Tribunale dichiarò l’intero sottotetto di proprietà comune ed ordinò ai convenuti di restituire al Condominio ***** il 916 millesimi dei canoni locativi percepiti dalla conduttrice Vodafone-Omnitel in forza del contratto concluso il 30 luglio 2004.

2.1. La Corte d’appello di Venezia ha dapprima negato l’inammissibilità dell’appello per mancanza della notifica plurima da parte degli appellanti, come anche la ravvisabilità di un’ipotesi di litisconsorzio necessario, avendo l’amministratore una generale legittimazione ad agire per tutelare gli interessi condominiali. La Corte di Venezia ha poi respinto gli otto motivi di appello proposti da B.A.M., F.F. ed Elena F., rilevando come il Tribunale avesse correttamente negato la proprietà esclusiva del sottotetto, sia per mancanza di un titolo di acquisto idoneo, sia per l’assenza di collegamento dello stesso con la sottostante unità abitativa e per l’uso generalizzato del locale, provato per testi. La sentenza impugnata ha quindi aggiunto che dal contratto di locazione del 24 aprile 1998 risultava piuttosto che l’amministratore del Condominio ***** aveva concesso a Omnitel la locazione di una porzione del solaio per installarvi una stazione radio, mentre dal verbale di assemblea del 30 aprile 2004 emergeva che B.A.M. aveva proposto al condominio di “contrattualizzare separatamente la sua situazione di condomina proprietaria del sottotetto dove sono situati i macchinari che compongono parte dell’installazione”, senza che ciò deponesse per un riconoscimento della proprietà esclusiva da parte dell’assemblea, la quale si era riservata di valutare la questione all’unanimità. Venivano respinti anche i motivi di appello inerenti all’attendibilità della testimonianza di N.F. ed alla valutazione degli elementi tratti dalla deposizione del teste C.S.. Inoltre, la Corte di Venezia ha smentito la decisività dell’accesso alla porzione di sottotetto in questione dal vano scale comune, come della necessità di passare attraverso una porta tagliafuoco, essendo piuttosto determinante di difetto di collegamento diretto con l’appartamento dell’ultimo piano. I giudici di appello hanno ancora giustificato la decisione del Tribunale di non ammettere la C.T.U., ed infine respinta la censura concernente la condanna a restituire al condominio i canoni percepiti ed a mettere a disposizione dell’amministratore i canoni percipiendi. Il ricorso è stato deciso in camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso di B.A.M., F.F. ed F.E. denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 102 c.p.c., in quanto il contraddittorio non è stato integrato nei confronti dei cinque condomini R., + ALTRI OMESSI, individuati già nella comparsa di risposta davanti al Tribunale di Vicenza. Si assume che, stante la materia oggetto del giudizio, l’amministratore condominiale non aveva titolo per rappresentare i condomini. Si riferisce che i convenuti avevano condizionato la domanda riconvenzionale di accertamento della proprietà esclusiva della porzione di sottotetto sovrastante il loro appartamento alla eventuale integrazione del contraddittorio, e si evidenzia come la Corte d’appello avesse rigettato l’eccezione di acquiescenza degli appellanti sul punto relativo alla proprietà del sottotetto.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 118 disp. att. c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per la insufficiente esposizione in sentenza dei fatti relativi alla proposizione in primo grado di domanda riconvenzionale di accertamento della proprietà esclusiva sulla porzione del sottotetto in via condizionata all’integrazione del contraddittorio.

Il terzo motivo di ricorso prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 11 preleggi in relazione all’art. 1117 c.c., in quanto la presunzione di condominialità del sottotetto, ivi dettata con la novella del 2012, non poteva applicarsi ratione temporis in questa causa.

Il quarto motivo di ricorso allega l’illogicità, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., quanto all’efficacia probatoria del titolo di acquisto.

Con il quinto motivo i ricorrenti deducono la nullità della sentenza per violazione degli artt. 118 disp. att. c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, quanto alla motivazione in ordine al secondo motivo d’appello, sul contratto del 24 aprile 1998 e relative delibere assembleari.

Anche il sesto motivo di ricorso allega la nullità della sentenza per violazione degli artt. 118 disp. att. e art. 132 c.p.c., n. 4, per aver la Corte di Venezia insufficientemente motivato sul terzo motivo d’appello (la tripartizione del sottotetto).

Il settimo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 118 disp. att. c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, dovuta ad insufficiente motivazione sul quarto motivo di appello (testimonianza C.).

Con l’ottavo motivo di ricorso viene dedotta la contraddittorietà, illogicità, violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c.

Il nono motivo ha ad oggetto la violazione o falsa applicazione degli artt. 1117 c.c. (nella formulazione anteriore al 18 giugno 2013), 2697 c.c. e 2729 c.c.

Il decimo motivo di ricorso prospetta la nullità per violazione degli artt. 118 disp. att. c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, stante l’insufficienza della motivazione relativa al settimo motivo di appello (ammissione della C.T.U.).

Con l’undicesimo motivo di ricorso viene dedotta la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione della sentenza di appello sempre in relazione al settimo motivo di appello sulla mancata ammissione della C.T.U.

Il dodicesimo motivo di ricorso censura la contraddittorietà, illogicità, violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 c.c. e 116 c.p.c., relativamente alla motivazione con cui la Corte di Venezia ha rigettato il terzo, quarto e settimo motivo di appello.

Il tredicesimo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117,2727 e 2729 c.c., art. 116 c.p.c., quanto alla motivazione del rigetto del sesto motivo di appello.

2. E’ fondato il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti dodici motivi.

2.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ove un condomino, convenuto dall’amministratore con azione di rilascio di uno bene asseritamente di proprietà comune, proponga (non un’eccezione riconvenzionale di usucapione, al fine limitato di paralizzare la pretesa avversaria, ma) una domanda riconvenzionale, ai sensi degli artt. 34 e 36 c.p.c., diretta a conseguire la dichiarazione di proprietà esclusiva del bene, viene meno la legittimazione passiva dell’amministratore rispetto alla controdomanda, dovendo la stessa, giacché incidente sull’estensione del diritto dei singoli, svolgersi nei confronti di tutti i condomini, in quanto viene dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile su cui deve statuire la richiesta pronuncia giudiziale. Nell’ipotesi in cui una siffatta domanda riconvenzionale venga proposta e decisa solo nei confronti dell’amministratore, o di alcuni dei partecipanti al condominio, il contraddittorio non può ritenersi validamente instaurato, e, in difetto di giudicato esplicito o implicito sul punto, tale invalida costituzione del contraddittorio può essere denunciata o essere rilevata d’ufficio anche in sede di legittimità, ove gli elementi che rivelano la necessità del litisconsorzio emergano con evidenza dagli atti (Cass. 21 febbraio 2020, n. 4697; Cass. 16 ottobre 2019, n. 26208; Cass. 17 aprile 2019, n. 10745; Cass. 4 ottobre 2018, n. 24234; Cass. 31 agosto 2017, n. 20612; Cass. 15 marzo 2017, n. 6649; Cass. 22 febbraio 2013, n. 4624; Cass. 3 settembre 2012, n. 14765; arg. anche da Cass. Sez. Un., 13 novembre 2013 n. 25454; Cass. 14 febbraio 2018, n. 3575).

2.2. Nel presente giudizio, a fronte della domanda proposta dal Condominio *****, nonché dai singoli condomini D.U., + ALTRI OMESSI, per l’accertamento della natura di bene condominiale del sottotetto e l’inesistenza di porzioni di proprietà esclusiva dei convenuti B.A.M., F.F. ed F.E., questi ultimi avevano avanzato in via riconvenzionale la pretesa di accertamento della proprietà esclusiva della porzione di sottotetto sovrastante il loro appartamento, con ciò dimostrando di ambire a dichiarare la titolarità esclusiva sul bene in contesa, e quindi a conseguire un titolo giudiziale opponibile a tutti i comproprietari, il che imponeva la partecipazione al giudizio degli altri condomini. Per effetto di tale domanda riconvenzionale, veniva messa in discussione la consistenza della comproprietà degli altri soggetti, e ciò imponeva la partecipazione quali legittimati passivi di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario.

Si trattava, peraltro, di riconvenzionale connotata da una stretta e manifesta dipendenza rispetto alla simmetrica domanda principale, stante l’identità delle questioni da risolvere, nel senso che l’accoglimento dell’una implica il rigetto dell’altra, il che rende le due azioni collegate anche sotto il profilo delle conseguenze derivanti dal difetto di integrità del contraddittorio (cfr. Cass. Sez. 2, 22/02/1979, n. 1142).

2.3. La domanda riconvenzionale di B.A.M., F.F. ed F.E. si diceva “condizionata” all’eventuale integrazione del contraddittorio.

Tuttavia, la mancanza di integrità del contraddittorio in una causa inscindibile deve essere rilevata d’ufficio, trattandosi di questione sottratta alla disponibilità delle parti, sicché il giudice è comunque tenuto ad accertare le condizioni che rendono necessario l’ordine ex art. 102 c.p.c., ricollegandosi altrimenti la nullità del processo ad un suo difetto di attività. In tal senso, una domanda processuale non può intendersi validamente condizionata nei suoi effetti al verificarsi di un evento consistente nell’adozione da parte del giudice di un provvedimento necessario per assicurare il regolare contraddittorio nel processo.

E’, piuttosto, in facoltà della parte precostituire un nesso di subordinazione fra domande, così dando luogo ad una situazione di connessione ulteriore rispetto a quella per l’oggetto od il titolo, che è di natura strettamente processuale e si pone sul piano dell’interesse ad agire: la decisione sulla domanda gradatamente subordinata è condizionata, cioè, dalla preventiva decisione, e con un certo esito, della domanda riguardo alla quale la subordinazione è prospettata.

Le domande, seppur spiegate in via gradata, sono da intendere, comunque, tutte già proposte e richiedono che del giudizio siano parti, proprio in ragione dell’esigenza di subordinazione e del particolare atteggiarsi dell’interesse ad agire, tutti i rispettivi convenuti (visto che l’integrità del contraddittorio deve essere valutata non “secundum eventum litis”, ma al momento in cui essa sorge la lite), determinandosi, perciò, una situazione di litisconsorzio necessario originaria riguardo a ciascuna domanda, giustificata proprio dalla richiesta dell’attore di estendere l’accertamento in ragione della contestuale e legittima proposizione della domanda subordinata (arg. da Cass. 25 luglio 2005, n. 15547; Cass. 21 luglio 2011, n. 16007; Cass. Sez. Unite 14 luglio 2000, n. 497).

Il potere-dovere del giudice di controllare d’ufficio il rispetto del principio del contraddittorio nei casi di litisconsorzio necessario deve essere esercitato, del resto, con riferimento a tutte le domande sottoposte al suo giudizio.

2.3. Non induce a diverse conclusioni la considerazione, svolta da parte della dottrina, secondo cui, a norma dell’art. 1131 c.c., l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio, in quanto, per consolidata interpretazione giurisprudenziale, il potere rappresentativo che spetta all’amministratore di condominio si riflette nella facoltà di agire e di resistere in giudizio unicamente per la tutela dei diritti sui beni comuni, rimanendone perciò escluse le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni stessi, e, cioè, sul relativo diritto di comproprietà, che rientra nella disponibilità esclusiva dei condomini. In tal modo, si assicura anche la regolare corrispondenza tra le attribuzioni dispositive dell’amministratore e dell’assemblea e la legittimazione a far valere nel processo le rispettive posizioni dominicali.

3. I dodici motivi di ricorso ulteriori al primo accolto rimangono assorbiti, investendo il merito della lite, che riesaminerà il giudice del rinvio restitutorio a contraddittorio integro.

4. La causa, ai sensi del combinato disposto degli artt. 383 c.p.c., comma 3 e art. 354 c.p.c., data la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei restanti condomini del Condominio ***** di *via Paolo ***** 74, Vicenza*, deve essere rimessa al giudice di primo grado, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Vicenza in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

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