LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 1052-2019 proposto da:
GENERALI ITALIA SPA, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCIONE 71, presso lo studio dell’avvocato STEFANO D’ERCOLE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA PALOMBI;
– ricorrente –
contro
V.T., rappresentato e difeso dall’Avv. SALVATORE BONADIES, elettivamente domiciliato presso il medesimo, Via Statilia 4 Roma;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Nonché contro:
C.L., B.M., B.G.;
– intimati –
Nonché contro GENERALI ITALIA SPA, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCIONE 71, presso lo studio dell’avvocato STEFANO D’ERCOLE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA PALOMBI;
– controricorrente all’incidentale –
nonché contro B.G., B.M., C.L.;
– intimati per l’incidentale –
avverso la sentenza n. 3607/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/03/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;
viste le conclusioni scritte depositate dal PM.
SVOLGIMENTO IN FATTO 1. Generali Italia s.p.a. propone ricorso per cassazione, notificato il 27 dicembre 2018, affidato a un unico motivo e illustrato da successiva memoria, avverso la sentenza n. 3607/2018 della Corte d’Appello di Roma, pubblicata il 28 maggio 2018. Con controricorso e contestuale ricorso incidentale condizionato, notificato il 5 febbraio 2019, anch’esso affidato a un solo motivo, resiste il sig. V.T. con controricorso, illustrato da memoria, eccependo preliminarmente la mancanza in atti dell’attestazione della notifica del ricorso effettuata per via telematica. La ricorrente ha proposto controricorso al ricorso incidentale eccependone l’inammissibilità, posto che la Corte di merito non si è pronunciata sulla domanda subordinata, essendo stata accolta quella del V. proposta in via principale. I sig.ri C.L., M. e B.G., intimati, non hanno svolto difese in questa sede.
2. Per quanto ancora rileva, con la sentenza qui impugnata la Corte d’Appello di Roma ha accolto il gravame spiegato da V.T. avverso la pronuncia di prime cure, con la quale il Tribunale aveva accolto l’opposizione proposta da Generali Italia s.p.a. e revocato il decreto ingiuntivo emesso per il pagamento in suo favore della somma di L. 525.365.856 a titolo di riscatto di una polizza di capitalizzazione a premio unico stipulata con l’allora INA Assitalia s.p.a., per il tramite del suo Agente Generale B.N., in data 27/8/1996. In particolare, l’appellante aveva censurato la sentenza di primo grado per avere il Tribunale ritenuto che il versamento eseguito dalla compagnia assicuratrice in forza della polizza dal medesimo sottoscritta non fosse idoneo a rivestire carattere liberatorio in quanto non coincidente nell’importo con il capitale garantito, nonché effettuato in favore di un soggetto terzo rispetto alle parti in causa, e in particolare perché versato sul conto intestato all’agente generale B., e non attestato da una quietanza da parte della compagnia. Si costituivano, chiedendo il rigetto dell’appello, la convenuta Assicurazioni Generali s.p.a. e i terzi chiamati sig.ri C.L., M. e B.G., quali eredi di B.N..
3. All’esito del giudizio di secondo grado, la Corte d’Appello di Roma ha ritenuto fondato il gravame dell’assicurato. Anzitutto, ha rilevato che da una raccomandata inviata dall’agente generale B. alla Delta Spettacoli s.r.l. e al medesimo V. risultava che il pagamento del premio di polizza sarebbe avvenuto mediante cessione del credito vantato dalla Delta Spettacoli s.r.l. nei confronti dell’Ufficio IVA di Bari, il quale avrebbe provveduto a versare l’importo in un premio unico vincolato in favore dell’Assitalia fino al termine della garanzia. L’Ufficio IVA di Bari aveva versato tale importo sul conto intestato all’Ina Assitalia di B.N. & C. s.a.s. e, al pagamento, era seguita la consegna e la sottoscrizione della polizza, emessa dall’Agente generale B., controfirmata dal capo del Servizio Assicurazioni Individuali Emissione, e sottoscritta dall’assicurato V.. Sulla base di tali circostanze, ha ritenuto che il contratto di assicurazione si fosse perfezionato tra le parti poiché, in forza delle condizioni generali di polizza, il suo perfezionamento era subordinato – per l’appunto – alla consegna della polizza contro il pagamento del premio. Ha rilevato, inoltre, che nel caso di specie non assumeva rilevanza la non coincidenza dell’importo tra il versamento effettuato e la somma portata dalla polizza, giustificata dalla presenza di spese; nonché, che il versamento fosse stato effettuato sul conto intestato alla società facente capo all’agente generale e non fosse attestato da una quietanza emessa direttamente dall’INA. Difatti, in virtù del principio di affidamento e di tutela dei terzi in buona fede, la Corte territoriale ha ritenuto che il pagamento così eseguito dovesse ritenersi legittimo e liberatorio nei confronti della compagnia, in quanto l’appellante aveva confidato nella figura di agente generale del B., effettuando il pagamento secondo le sue indicazioni sul conto di una società a lui facente capo e nella cui ragione sociale figurava la compagnia di assicurazione, visto che al versamento era seguita la consegna della polizza con la sottoscrizione dell’agente generale e del capo del servizio. Infine, il giudice di secondo grado ha accolto la domanda di manleva proposta dalla compagnia di assicurazione nei confronti degli eredi del B. e, dunque, ha condannato questi ultimi a rifondere alla Generali le somme che la stessa, per effetto dell’accoglimento del gravame, avrebbe dovuto corrispondere all’appellante.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con l’unico motivo del ricorso principale si denuncia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1882 c.c., artt. 1362 c.c. e ss. nonché dell’art. 2697 c.c., nonché degli artt. 1188 e 1189 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3”. In primo luogo, si prospetta la falsa applicazione dell’art. 1882 c.c. in quanto non si sarebbe perfezionato il contratto di assicurazione tra le parti in mancanza dei due presupposti costitutivi: la consegna della polizza e il pagamento del premio. Si adduce che il pagamento del premio, che l’appellante riferisce di aver effettuato, non sarebbe mai pervenuto alla compagnia Generali, né l’assicurato ne avrebbe mai fornito la prova, rappresentata per prassi da un documento di quietanza o, comunque, di “ricevuta” proveniente dalla Direzione Generale della compagnia. Vieppiù, la Corte d’Appello avrebbe violato anche gli artt. 1362 e ss. c.c. nell’interpretazione delle Condizioni Generali di polizza che all’art. 1 prevedono che il contratto si intende perfezionato con la consegna della polizza contro il pagamento del premio unico. Tale interpretazione sarebbe stata confermata anche dalla sentenza n. 2873/2015 con la quale questa Corte ha rigettato il ricorso dell’assicurato V. avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato la revoca disposta in prime cure del decreto ingiuntivo emesso su ricorso del presunto assicurato per ottenere il riscatto parziale della polizza per cui è causa. In secondo luogo, la Corte territoriale sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 2697 c.c. poiché, anche in assenza dell’apposita quietanza, ha ritenuto che l’esibizione del duplo di polizza da parte dell’appellante fosse sufficiente a provare l’avvenuto pagamento. Invero, il pagamento in questione sarebbe stato accreditato dall’ufficio IVA di Bari sul conto personale del sig. B., socio accomandatario della S.a.s. INA Assitalia di B.N. e C., a mezzo cessione del credito vantato dalla Delta Spettacoli s.r.l. nei confronti del predetto Ufficio IVA e, dunque, non sul conto dell’Agenzia Generale dell’INA Assitalia in *****. Peraltro, i terzi chiamati, eredi del B., non avrebbero mai dichiarato di aver trasferito detta somma alla compagnia. Infine, si deduce la violazione degli artt. 1188 e 1189 c.c. Anzitutto, mancherebbero i presupposti costitutivi della fattispecie prevista dall’art. 1188 c.c.: il pagamento effettuato dall’assicurato al B. non potrebbe avere efficacia liberatoria nei confronti della compagnia in quanto l’agente era privo del potere di rappresentanza della stessa; inoltre l’assicurato non avrebbe provato la ratifica dell’avvenuto pagamento da parte della creditrice o che essa ne avesse approfittato. Difetterebbero, poi, i requisiti applicativi anche della fattispecie ex art. 1189 c.c. perché non sarebbe stata fornita la prova né delle circostanze univoche della legittimità del presunto creditore apparente, né della buona fede dell’assicurato nell’effettuare il pagamento all’agente.
1.2. Il motivo è infondato.
1.3. Deve preliminarmente rigettarsi l’eccezione pregiudiziale di improcedibilità del ricorso. Il ricorso è ammissibile risultando in calce sia la procura alle liti speciale, sia l’attestazione di conformità della copia cartacea dell’atto notificato via PEC.
1.4. In merito, va rilevato che tra le parti non si è formato un giudicato esterno, né un precedente in grado di influire su questo giudizio.
1.5. La sentenza di questa Corte n. 2873 del 2015 – quandanche invocata dal ricorrente solo a sostegno delle violazioni di legge denunciate – non ha autorità di res inter partes iudicata, non vertendo sulla medesima questione di fatto e di diritto qui in esame. Il giudicato origina dal ricorso spiegato dall’assicurato V. avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva confermato l’accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo spiegata dalla compagnia Generali. In quell’occasione, il decreto era stato chiesto e ottenuto dall’assicurato per il riscatto parziale della stessa polizza di capitalizzazione a premio unico per cui è causa, stipulata per il tramite dell’Agente Generale dell’allora INA Assitalia s.p.a., sig. B.N., nell’agosto 1996. In particolare, la Corte d’Appello di Roma aveva rilevato che l’assicurato non aveva pagato il premio unico, che l’ex agente generale B. non aveva il potere di rappresentanza e che era inefficace il pagamento del premio avvenuto in favore di società non autorizzata dall’INA. Con la sentenza n. 2873/2015 questa Corte ha ritenuto che il giudice del merito, “con motivazione logica e congrua, spiega (con riferimento al contratto specifico): che la consegna della polizza non dimostra l’avvenuto pagamento del premio e che il pagamento è avvenuto in favore di un soggetto estraneo sia alla compagnia, sia all’agente; essendo avvenuto il pagamento in favore di un terzo, la compagnia era legittimata a rifiutare il riscatto della polizza; che il V. non ha dimostrato l’avvenuta ratifica del pagamento da parte del creditore, ai sensi dell’art. 1188 c.c., comma 2” (p. 4, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 2837 del 13/2/2015).
1.6. E’ orientamento consolidato di questa Corte che qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con senza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della situazione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo e il “petitum” del primo (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 1 -, Ordinanza n. 27304 del 26/10/2018; Sez. 1, Sentenza n. 15339 del 25/7/2016; Sez. 5, Sentenza n. 24433 del 30/10/2013; Sez. U, Sentenza n. 26482 del 17/12/2007; Sez. U, Sentenza n. 13916 del 16/6/2006).
1.7. Nel caso qui in esame, posto che la premessa fattuale è differente, in quanto riguarda un pagamento del premio della polizza indirizzato a un soggetto diverso, il giudicato non può valere anche se emesso tra le medesime parti e in relazione al medesimo rapporto.
1.8. Posto quanto sopra, il ricorso principale deve essere respinto perché comporta un inammissibile riesame delle circostanze fattuali, quando è pacifico che l’agente avesse la procura all’incasso dei premi, sebbene non avesse il potere di rappresentanza (p. 22 del ricorso). Nel giudizio occorreva solo verificare se la società che ha ricevuto in concreto il pagamento potesse qualificarsi come creditore apparente ai fini della eventuale efficacia liberatoria del pagamento stesso da parte dell’assicurato, ex art. 1189 c.c., da cui desumere la buona fede del debitore.
1.9. Il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera il debitore di buona fede, ai sensi dell’art. 1189 c.c., ma a condizione che il debitore, che invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma anche che il suo erroneo convincimento è stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel “solvens” in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi delraccipiens” (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 29491 del 14/11/2019; Cass.Sez. 1 -, Ordinanza n. 9758 del 19/04/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14028 del 04/06/2013).
1.10. In merito, la valutazione è stata puntualmente effettuata dalla Corte di merito con argomentazioni logiche e congruenti con i canoni sopra enunciati, poiché è innegabile che una società recante il nome della compagnia assicuratrice e dell’agente generale potesse essere dal debitore ritenuta creditrice apparente rispetto all’agente persona fisica, in quanto agente legittimato all’incasso dei premi. In tale contesto, il mancato trasferimento delle somme percepite dall’agente alla compagnia di assicurazione attiene al piano dei rapporti interni tra compagnia ed agente e non è opponibile al debitore che, in tal modo, ha consentito l’operatività del contratto di assicurazione, con conseguente assenza di colpa in capo al debitore che ha pagato cedendo il credito Iva e ricevendo, in contropartita, la consegna della polizza, non disconosciuta dalla compagnia assicuratrice.
2. Quanto al ricorso incidentale condizionato, con un unico motivo si denuncia “Omesso esame della richiesta domanda di condanna ex art. 2049 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”. Si denuncia che l’assicurato aveva ritualmente articolato nelle memorie ex art. 183 c.p.c., nonché reiterato con autonoma ragione di appello, la domanda subordinata di accertamento della responsabilità della compagnia ai sensi dell’art. 2049 c.c. per fatto illecito dell’agente generale, con conseguente condanna della assicuratrice al risarcimento del danno patito. Si chiede a questa Corte di decidere nel merito della domanda risarcitoria spiegata, ovvero l’accertamento dell’omessa decisione sul punto da parte della Corte d’Appello.
2.1. Il ricorso è assorbito, oltre che a risultare prima facie inammissibile. Invero, “il ricorso incidentale per cassazione, anche se qualificato come condizionato, presuppone la soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che sia risultata completamente vittoriosa nel giudizio di appello; quest’ultima, del resto, non ha l’onere di riproporre le domande e le eccezioni non accolte o non esaminate dal giudice d’appello, poiché l’eventuale accoglimento del ricorso principale comporta la possibilità che dette domande o eccezioni vengano riesaminare in sede di giudizio di rinvio” (Cass., Sez. 2 -, Sentenza n. 134 del 5/1/2017; Sez. 3, Sentenza n. 12728 del 25/5/2010; Sez. 3, Sentenza n. 25821 del 10/12/2009; Sez. 1, Sentenza n. 22346 del 18/10/2006).
3. Conclusivamente il ricorso va rigettato, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale; le spese vanno liquidate a favore del controricorrente come di seguito; con raddoppio del contributo unificato.
PQM
La Corte, rigetta il ricorso, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato; per l’effetto condanna la ricorrente alle spese, liquidate in favore del controricorrente in Euro 7000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, 15% di spese forfetarie e oneri di legge;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 17 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021
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