Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.25565 del 21/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DI PAOLOANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34938-2019 proposto da:

N.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO FILA 9, presso lo studio dell’avvocato PAOLETTI GIOVANNI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI CLEMENTINA, MASSA MANUELA, CIACCI PATRIZIA;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 2033/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’08/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. BELLE’

ROBERTO.

RITENUTO

Che:

1. la Corte d’Appello di Roma, nell’accogliere, in riforma della sentenza di primo grado, la domanda con cui N.D. aveva chiesto accertarsi il suo diritto a percepire l’assegno sociale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, anche dal 1 ottobre 2014 al 30 settembre 2015, ha compensato le spese di giudizio, sul presupposto che al momento della prima domanda amministrativa non fosse stata presentata la documentazione inerente il legale soggiorno della ricorrente nel territorio nazionale;

2. N.D. ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui ha resistito l’I.N.P.S. con controricorso;

3. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

Che:

1. il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonché della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6, L. n. 88 del 1989, art. 46,D.P.R. n. 445 del 2000, art. 3, comma 2, e D.P.R. n. 394 del 1999, art. 2, comma 1, affermando in sostanza, da un lato, che la produzione in sede di domanda amministrativa dei documenti riguardanti la regolarità e la durata del proprio soggiorno in Italia non era in realtà necessaria, in quanto era sufficiente l’autocertificazione, in estensione di quanto già ritenuto da Cass. 18 novembre 2016 n. 23529 con riferimento alla medesima prestazione ed alla documentazione reddituale; per altro verso il motivo sostiene che il profilo valorizzato dalla Corte territoriale non integrasse gli estremi utili ad una decisione di compensazione secondo il disposto dell’art. 92 c.p.c.;

2. il secondo motivo è formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 e lamenta l’omesso esame del fatto decisivo consistente nell’avvenuta produzione all’I.N.P.S. di quei documenti già prima del ricorso giudiziale, ovverosia in sede di ricorso gerarchico, proposto ante causam;

3. i motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati;

4. la puntuale trascrizione di tutti i documenti rilevanti contenuta nel secondo motivo, permette di apprezzare l’errore commesso dalla Corte territoriale nel non considerare che I’I.N.P.S., al di là di quanto accaduto in sede di domanda amministrativa, aveva avuto contezza dei documenti poi ritenuti sufficienti in sede giudiziale per l’accoglimento della richiesta della ricorrente, con la decorrenza da essa rivendicata;

5. infatti, quei documenti erano stati trasmessi in occasione del ricorso gerarchico avverso la decisione amministrativa sfavorevole riguardante il periodo oggetto di lite, ricevuto dal Comitato Provinciale I.N.P.S. in data 12.5.2016 e quindi ben prima dell’inizio della causa (11.10.2016);

6. il rilievo coglie dunque nel segno, perché esso è idoneo ad incidere, con carattere di decisività, sul ragionamento, da intendere evidentemente come fondato sulla causalità nella determinazione della lite, che la Corte territoriale ha posto al centro della propria motivazione sulla compensazione;

7. è infatti palese che l’aver trasmesso i documenti all’ente in sede di ricorso gerarchico, poi non deciso, già prima del processo, priva di fondamento logico il ragionamento per cui a giustificare la compensazione starebbe la mancata produzione di essi con la domanda amministrativa e dunque una sorta di concorrenza dell’interessato nel determinare la necessità del processo;

8. ne deriva altresì la fondatezza di quanto affermato nella seconda parte del primo motivo, allorquando la ricorrente ha denunciato la violazione dell’art. 92 c.p.,c. per essere stata disposta la compensazione delle spese in assenza dei relativi presupposti, proprio perché il ragionamento sulla causalità nella determinazione della lite era in sé fallace, per quanto sopra detto;

9. ciò è sufficiente alla cassazione in parte qua della sentenza impugnata, con rimessione della causa al giudice del rinvio per una nuova valutazione sulle spese processuali, ivi comprese quelle del giudizio di legittimità;

10. ne resta assorbita la parte del primo motivo destinata a sostenere che il deposito in sede amministrativa di quei documenti non fosse necessario, per essere sufficiente, secondo quanto ivi affermato, la mera autocertificazione di quei dati.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021

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