LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. CATALDI Michele – Consigliere –
Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 33383/2019 R.G., proposto da:
L'”ALD AUTOMOTIVE ITALIA S.r.l.”, con sede in Roma, in persona dell’amministratore delegato pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Bruno Cangemi e dall’Avv. Arnaldo Salvatore, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente giudizio;
– ricorrente –
contro
l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
– controricorrente –
Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 2 luglio 2018 n. 4603/03/2018, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 15 aprile 2021 dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.
RILEVATO
che:
L’ALD AUTOMOTIVE ITALIA S.r.l.” ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 2 luglio 2018 n. 4603/03/2018, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per l’IVA relativa all’anno 2010, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma il 18 maggio 2017 n. 12323/10/2017, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di prime cure, sul presupposto che il contribuente non avesse provato la dislocazione delle merci vendute nel territorio dello Stato membro di destinazione. L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dal relatore è stata notificata ai difensori delle parti con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza, la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
Con unico motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 41, comma 1, lett. a, convertito, con modificazioni, nella L. 29 ottobre 1993, n. 427, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che la prova del trasporto o della spedizione dei beni in altro Stato membro dell’Unione Europea dovesse essere fornita soltanto mediante il modello CMR ed i contratti commerciali.
Ritenuto che:
1. Il motivo è infondato.
1.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (da ultima: Cass., Sez. 6-5, 2 febbraio 2021, n. 2327), il tessuto normativo, di diverso livello, che regolamenta la fattispecie in esame è costituito dal D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 41, comma 1, lett. a, convertito, con modificazioni, nella L. 29 ottobre 1993, n. 427, secondo il quale costituiscono cessioni intracomunitarie non imponibili “le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta”.
Il beneficio dell’esenzione dall’imposta per le cessioni intracomunitarie trova, inoltre, espressione nella Direttiva emanata dal Consiglio dell’Unione Europea il 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE, il cui art. 138 dispone che: “Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati fuori dal loro territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni”. L’esenzione dall’IVA della cessione intracomunitaria di un bene diviene applicabile solo quando sono soddisfatte tre condizioni, vale a dire quando, in primo luogo, il potere di disporre di tale bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, in secondo luogo, il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e, in terzo luogo, in seguito a tale spedizione o trasporto il medesimo bene ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione (per la giurisprudenza comunitaria: Corte Giust., 27 settembre 2007, Teleos, causa C-409/04; Corte Giust., 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, causa C-273/11; Corte Giust., 9 ottobre 2014, Traum, causa C-492/13; per la giurisprudenza italiana: Cass., Sez. 6-5, 8 novembre 2019, n. 28832; Cass., Sez. 5, 24 dicembre 2020, n. 29498).
Assodato che, in tema di non imponibilità IVA in materia di cessioni intracomunitarie, l’onere probatorio dei fatti costitutivi dell’esenzione è a carico del contribuente che invoca la deroga, resta da esaminare il tema delle modalità con le quali il cedente possa offrire la prova che i beni ceduti siano entrati nel territorio delle Stato membro a cui appartiene il cessionario. In assenza di una precisa disposizione normativa nazionale che specifichi le forme di prova idonee a dimostrare il trasporto o spedizione dei beni oggetto della cessione nel territorio di un altro Stato membro, l’amministrazione finanziaria è intervenuta in argomento con la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 28 novembre 2007, n. 345, con la Risoluzione 15 dicembre 2008, n. 477 e con la Risoluzione 25 marzo 2013, n. 19/E.
La risoluzione 28 novembre 2007, n. 345 – dopo aver ricordato l’obbligo del contribuente di conservare le fatture e gli elenchi “Intrastat” – chiarisce che, ai fini della dimostrazione dell’invio dei beni in altro Stato dell’Unione Europea, può costituire prova idonea l’esibizione del documento di trasporto da cui si evince l’uscita delle merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in altro Paese comunitario; in detta risoluzione si precisa altresì che il contribuente deve conservare sia la documentazione bancaria, dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie effettuate, sia la copia degli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria e al trasporto dei beni in altro Stato membro.
La successiva risoluzione 15 dicembre 2008, n. 477, a propria volta, precisa che il riferimento contenuto nella risoluzione 28 novembre 2007, n. 345, all’esibizione del documento di trasporto deve intendersi effettuato a titolo meramente esemplificativo e chiarisce che, nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova in questione potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro.
Da ultima, la risoluzione 25 marzo 2013, n. 19/E, ha esteso la modalità di prova documento di trasporto cartaceo anche a quello elettronico.
1.2 Ai fini della dimostrazione dell’invio dei beni in altro Stato dell’Unione Europea, può costituire prova idonea l’esibizione del documento di trasporto da cui si evince l’uscita delle merci dal territorio dello Stato per l’inoltro ad un soggetto passivo d’imposta identificato in altro Paese comunitario. Il contribuente deve conservare sia la documentazione bancaria, dalla quale risulti traccia delle somme riscosse in relazione alle cessioni intracomunitarie effettuate, sia la copia degli altri documenti attestanti gli impegni contrattuali che hanno dato origine alla cessione intracomunitaria e al trasporto dei beni in altro Stato membro. Nei casi in cui il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire il predetto documento di trasporto, la prova in questione potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro (Cass., Sez. 6-5, 2 febbraio 2021, n. 2327).
1.3 In coerenza a tali principi, dunque, il giudice di appello ha correttamente accolto l’appello dell’amministrazione finanziaria sul presupposto che la contribuente non avesse provato la dislocazione della merce nello Stato di destinazione, essendo insufficiente a tale scopo la produzione delle fatture di vendita, della documentazione bancaria di pagamento e del “certificato di proprietà” delle autovetture iscritte al P.R.A. (con l’annotazione della cessazione della circolazione per esportazione).
1.4 Ed altrettanto si può ripetere anche per l'”extrait du registre du commerce e des societes” da parte dell’autorità francese e del certificato di attribuzione della partita IVA da parte dell’autorità tedesca, trattandosi di documenti che attengono solamente alla regolarità (rispettivamente, civilistica e fiscale) degli acquirenti stranieri.
2. Stante l’infondatezza del motivo dedotto, dunque, il ricorso deve essere rigettato.
3. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, che liquida nella somma complessiva di Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 15 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2021