LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6453-2020 proposto da:
M.D., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CORRADO TOGNETTI;
– ricorrente –
contro
F.S.M., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato BARBARA MARIA LANZA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5414/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA.
SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il signor M.D. ricorre con cinque motivi per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello di Venezia ha rigettato l’impugnazione dal primo proposta, confermando la sentenza di primo grado con cui il Tribunale di Verona, in un giudizio introdotto per la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto dalle parti, aveva posto a carico del primo ed in favore dell’ex coniuge, F.S.M., un assegno divorzile nella misura di Euro 2.000,00 al mese.
Resiste con controricorso la signora F. che ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c..
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione di legge in cui la Corte di merito è incorsa nel dare applicazione alla L. n. 898 del 1970, art. 5, e succ. modif, come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte a far data da SU n. 18287 del 2018, non considerando la finalità compensativo-perequativa dell’assegno divorzile e risolvendo il giudizio determinativo della posta creditoria azionata nel richiamo ai criteri di determinazione del diverso assegno per il mantenimento del coniuge, fissato dalle parti in sede di separazione personale consensuale omologata.
I giudici di appello avevano ritenuto, nonostante i diversi presupposti, che ad integrare il diritto all’assegno divorzile concorresse la non mutata consistenza patrimoniale del M. come fissata in sede di separazione.
3. Il motivo è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo chiarito i differenti presupposti di determinazione dell’assegno fissato in sede di separazione personale dei coniugi da quello divorzile e tanto nel rilievo che l’assegno di separazione presuppone la permanenza del vincolo coniugale, e, conseguentemente, la correlazione dell’adeguatezza dei redditi con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio là dove tale parametro non rileva in sede di fissazione dell’assegno divorzile, che deve invece essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa, secondo i criteri indicati alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, essendo volto non alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi (arg. Cass. n. 17098 del 26/06/2019; Cass. n. 5605 del 28/02/2020).
Per l’effetto l’assegno divorzile non può muovere nella sua determinazione dalle condizioni patrimoniali dell’ex coniuge, sia pure apprezzate come immutate dalla data della separazione, senza essere coniugato, nel resto, con il differente contesto di valutazione in cui a rilevare sono i parametri di cui alla L. divorzio, art. 5, comma 6, nella diversa finalità assunta dall’indicata posta una volta venuto meno il vincolo matrimoniale e con esso il pregresso tenore di vita.
La Corte d’appello non ha valutato nessuno dei criteri di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, né il contributo dato dalla moglie alla formazione del patrimonio familiare, in relazione alla durata del matrimonio, né la sua capacità lavorativa e l’essersi attivata per cercare lavoro, né le sue effettive condizioni economiche comparate con quelle del marito.
La Corte di merito, piuttosto, con statuizione erronea, si è fermata alla constatazione che, in difetto di prove di un peggioramento delle condizioni del marito, andavano mantenute le condizione della separazione.
Gli altri motivi – perché relativi alla determinazione del reddito del ricorrente che è solo uno degli elementi della valutazione complessiva che la Corte di merito, tenuto conto della natura composita dell’assegno divorzile, avrebbe dovuto effettuare – sono assorbiti. In accoglimento del primo motivo di ricorso nei limiti indicati, ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa davanti alla Corte di appello di Venezia, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa davanti alla Corte di appello di Venezia, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2021