Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.25840 del 23/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 2226/2016 proposto da:

Agenzia di tutela della Salute di Bergamo (già Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Bergamo), nella persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandro Asaro, con domicilio eletto in Roma, via Innocenzo XI, n. 8, nello studio dell’Avv. Gian Luca Ubertini, come da procura speciale rilasciata su foglio separato spillata in calce al ricorso per cassazione.

– ricorrente –

contro

A.D., quale titolare dell’Impresa “Le Generali Onoranze Funebri”.

– intimata –

avverso la sentenza del Tribunale di Bergamo n. 1403/2015, pubblicata il 16 giugno 2015, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/06/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Bergamo, in sede di appello, ha confermato la sentenza del Giudice di Pace di Bergamo n. 614/201 del 30 maggio 2012, che aveva annullato il provvedimento di ingiunzione di pagamento n. 20/2011, emesso dall’A.S.L. di Bergamo il 17 gennaio 2011, della somma di Euro 385,63, per dieci visite macroscopiche e spese, espletate nel periodo 10 luglio 2007 – 16 giugno 2010.

2. Il giudice di merito ha ritenuto corretta la tesi della gratuità in ragione del servizio essenziale di ordine pubblico, prescritto obbligatoriamente e connotato da specifiche caratteristiche procedimentali e sostanziali poste a tutela della salute collettiva e sanità pubblica e infondata la richiesta di pagamento rivolta dall’A.S.L. all’Impresa.

3. L’Agenzia di tutela della Salute di Bergamo (già Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Bergamo) ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi di censura.

4. A.D., quale titolare dell’impresa “Le Generali Onoranze Funebri” non ha svolto difese.

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 99,112 e 346 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per ultrapetizione, con connessi profili di violazione del principio devolutivo, poiché il Tribunale di Bergamo aveva analizzato il motivo di ricorso dedotto in primo grado relativo alla asserita gratuità del servizio, ritenuto assorbito dal giudice di pace, che non era stato fatto oggetto di gravame da parte dell’appellante e non era stato riproposto dalla parte ingiunta appellata; la sentenza impugnata, inoltre, aveva omesso di esaminare le argomentazioni esposte con l’unico motivo di gravame e non aveva analizzato la valenza o meno degli elementi probatori valorizzati nell’atto di appello.

1.1 Il motivo è infondato.

1.2 La parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale specifico per richiamare in discussione le eccezioni e le questioni che risultino superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel nuovo giudizio in modo chiaro e preciso, tale da manifestare in forma non equivoca la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 c.p.c. (Cass., 28 novembre 2016, n. 24124; Cass., 11 giugno 2010, n. 14086; Cass., 3 luglio 2003, n. 10495).

1.3 Nel caso in esame, dove la sentenza è stata impugnata dall’Azienda Sanitaria, si legge a pagina 4 del provvedimento impugnato, che l’Azienda appellante aveva rilevato che la sentenza di primo grado aveva evidenziato che effettivamente all’A.S.P. spettavano gli importi reclamati per le ragioni di diritto contestualmente illustrate con richiamo alla disciplina normativa attinente alla tipologia delle prestazioni di medicina necroscopica in oggetto e aveva riproposto” sul punto le ragioni di fatto e di diritto delle difese di primo grado, oltre a ribadire che il soggetto passivo obbligato al pagamento era l’impresa opponente-appellata e aveva detto che, quantomeno nei due casi oggetto dell’ingiunzione per i quali la richiesta della visita era stata fatta direttamente dall’Impresa “Le Generali Onoranze Funebri”, la richiesta era legittima e comportava la conferma almeno parziale dell’ingiunzione; per converso, l’Impresa appellata aveva sostenuto l’infondatezza dell’appello per i motivi dedotti nel ricorso per opposizione, ribaditi con riferimento al complesso della disciplina normativa in materia dalla quale doveva evincersi che la visita necroscopica assolveva ad una funzione di ordine pubblico per consentire lo smaltimento dei cadaveri e doveva rientrare nelle prestazioni LEA gratuite.

1.4 Non sussiste, pertanto, il vizio denunciato in questa sede, di “ultra” o “extra” petizione, che ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando che egli è libero non solo si individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge” (Cass., 5 agosto 2019, n. 20932).

1.5 Non risulta, peraltro, minimamente censurato l’iter argomentativo del giudice di appello, laddove ha affermato che la verifica della legittimazione passiva sostanziale presuppone un accertamento di merito sul fatto se all’A.S.L. competa effettivamente il pagamento di tali prestazioni in quanto non riconducibili alle prestazioni “LEA” (pag. 7 della sentenza impugnata).

2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 285 del 1990, art. 1 e della L. n. 289 del 2002, art. 54; allegato 2.a del D.P.C.M. 29 novembre 2001; voce 23 del tariffario regionale delle prestazioni e degli interventi erogati dalle aziende sanitarie locali, approvato con D.G.R. del 30 gennaio 2004, avendo il Tribunale affermato che le visite necroscopiche rientravano sempre nelle prestazioni di livello essenziale di assistenza e come tali erano gratuite, mentre le stesse dovevano essere ritenute sempre a pagamento, fatta eccezione per il caso di accertamento di decesso avvenuto in difetto di assistenza medica.

2.1 Il motivo è inammissibile perché trascura del tutto di censurare il secondo e il terzo iter argomentativo del giudice di merito, laddove ha affermato che i termini “controllo” e “vigilanza” non erano sinonimi e che abbracciavano sia l’attività ispettiva, che quella volta al controllo, finalizzato alla prevenzione collettiva, attuabile attraverso il rilascio di certificazioni mediche obbligatorie da parte di medici legali dell’A.S.L., rispondenti ai fini istituzionali di tutela della sicurezza e tutela collettiva, quali erano appunto le visite necroscopiche e laddove h specificato che il D.G.R. n. 7/1961 del 30 gennaio 2004 provvedeva che erano gratuite le prestazioni erogate dall’A.S.L. o d’ufficio, di propria iniziativa o nell’interesse di tutela della salute e sicurezza pubblica collettiva, come le visite necroscopiche, obbligatorie e necessarie per procedere al seppellimento avente la funzione principale di tutelare l’interesse pubblico alla salute collettiva e alla sicurezza, che il Servizio sanitario era tenuto istituzionalmente a garantire.

Il Tribunale, peraltro, ha anche affermato che la disciplina delle visite necroscopiche rientra nella normativa afferente la disciplina funeraria e la polizia mortuaria, che riguarda gli adempimenti e i trattamenti conseguenti alla morte e che, in simili contesti, doveva ritenersi corretta la tesi della gratuità della prestazione, in presenza di un servizio essenziale di ordine pubblico, prescritto obbligatoriamente, connotata da specifiche caratteristiche procedimentali e sostanziali poste a tutela della salute collettiva e della sanità pubblica.

2.2 E’ utile ricordare che questa Corte ha statuito che nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una decisione che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione del provvedimento, per tutte le ragioni che autonomamente lo sorreggano (Cass., 12 ottobre 2007, n. 21431).

Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, che pur essendo stata impugnata, sia stata rigettata, perché il ricorso debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base del provvedimento impugnato” (Cass., Sez. U., 8 agosto 2005, n. 16602).

7. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va rigettato.

Nessuna statuizione va assunta sulle spese, perché l’Impresa intimata non ha svolto difese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2021

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