LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15038-2019 proposto da:
M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO MOBILIA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA *****, in persona Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
avverso il decreto n. cronol. 942/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositato il 25/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 05/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa FALASCHI MILENA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte di appello di Messina, con decreto n. 942 del 2018, accogliendo il ricorso proposto da M.G., della L. n. 89 del 2001, ex art. 3, ha condannato il Ministro della giustizia al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 900,00, con gli interessi dalla data della domanda, a titolo di indennizzo e confermando le spese riconosciute in fase monitoria, dichiarando irripetibili quelli della fase successiva.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Messina il M. propone ricorso per Cassazione, fondato su un unico motivo.
Il Ministero della giustizia intimato ha depositato solo “atto di costituzione” per eventualmente partecipare alla discussione.
L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c per mancato rispetto del principio di soccombenza, oltre a motivazione radicalmente illogica ed errata per giustificare il regolamento di integrale compensazione (rectius: irripetibilità) delle spese processuali della fase di opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter.
Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha depositato anche memoria illustrativa.
Atteso che:
l’unico motivo di ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.
Questa Corte ha già precisato come il procedimento per l’equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo – di cui alla L. n. 89 del 2001 – vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all’avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa, con la conseguenza che, nel caso in esame, trova applicazione il principio della soccombenza. I giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non si sottraggono all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dall’art. 91 c.p.c. e s.s., trattandosi di giudizi destinati a svolgersi dinanzi al giudice italiano, secondo le disposizioni processuali dettate dal codice di rito.
Ne consegue che la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione convenuta, non implicando acquiescenza alla pretesa dell’attore, non è sufficiente di per sé a giustificare la compensazione delle spese processuali, la quale postula che il giudice motivi adeguatamente la propria decisione in tal senso, dal momento che è pur sempre da una colpa organizzativa dell’Amministrazione della giustizia che dipende la necessità per il privato di ricorrere al giudice (Cass. n. 1101 del 2010).
Non potendo detta argomentazione giustificare la esposta regolazione e permanendo, comunque, una sostanziale soccombenza della controparte che deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese (v., per tutte, Cass. n. 5598 del 2010), del tutto errata la statuizione circa la ricorribilità nella specie alla procedura di correzione degli errori materiale, non sussistendo ipotesi di mero errore materiale di calcolo, ma la diversa fattispecie dell’attribuzione del carico delle spese processuali, che il Giudice del rinvio dovrà rivedere anche alla luce degli orientamenti di questa Corte quanto alla determinazione del quantum fra fase monitoria e quella dell’opposizione nella presente materia.
In definitiva, il ricorso va accolto e, conseguentemente, il decreto impugnato va cassato, con rinvio alla Corte di appello di Messina in altra composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione, non potendo trovare accoglimento la richiesta di parte ricorrente di decisione nel merito della controversia dovendo essere effettuati accertamenti nel merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso;
cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per la liquidazione dalle spese del presente giudizio di cassazione alla Corte di appello di Messina in altra composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 5 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021