Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26095 del 27/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33284-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F.*****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4408/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di SIRACUSA, depositata il 09/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO DELLI PRISCOLI.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso avviso di accertamento IRPEF, IRAP e IVA per l’anno d’imposta 2003 che l’Ufficio aveva emesso non ritenendo applicabile il regime del margine di utile in relazione ad alcuni acquisti di veicoli usati che il contribuente aveva effettuato nel 2003 da alcuni operatori tedeschi;

la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che esaminando il processo verbale del 6 luglio 2003, non si evince alcuna precisa verifica sul rispetto delle norme vigenti in Germania sul regime del margine e in Germania non è previsto l’obbligo di indicare in fattura che la vendita di auto sia assoggettata al regime del margine e quindi VIVA va applicata alla differenza tra il prezzo delle vendite effettuate nel 2003 e il costo del venduto: da tale differenza ne deriva l’imponibile ai fini IRPEF e IVA.

Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato ad un motivo di impugnazione mentre la parte contribuente non si costituiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 41 del 1995, artt. 36 e 37, convertito in L. n. 85 del 1995, del D.L. n. 331 del 1993, artt. 46,47 e 50, convertito, con modificazioni, in L. n. 427 del 1993, dell’art. 2697 c.c., in quanto il regime del margine di utile, rappresentando un regime speciale e più favorevole rispetto all’ordinario, deve essere provato nei suoi presupposti dalla parte contribuente, ossia nella mancata detrazione dell’IVA all’acquisto, cioè a monte, da parte del cedente, non potendo il contribuente addurre la sola regolarità formale della fattura, e d’altra parte l’Ufficio aveva allegato che gli operatori tedeschi avevano presentato i modelli INTRASTAT e ciò sta a significare che avevano effettuato cessioni intracomunitarie nei confronti della ditta in esame e non cessioni di beni usati, che solo come tali sarebbero rientrati nel regime del margine di utile.

Il motivo è fondato. Secondo questa Corte, infatti:

in tema di IVA, il regime del margine – previsto dal D.L. n. 41 del 1995, art. 36, conv. con modif. in L. n. 85 del 1995, per le cessioni da parte di rivenditori di beni d’occasione, di oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato – costituisce un regime speciale in favore del contribuente, facoltativo e derogatorio rispetto al sistema normale dell’imposta, la cui disciplina deve essere interpretata restrittivamente e applicata in termini rigorosi. Pertanto, qualora l’amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito di tale regime, spetta a quest’ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto. Con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, dunque, rientra nella detta condotta diligente l’individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se I’IVA sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione. Nel caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, anche quando l’amministrazione dimostri che, in realtà, l’imposta è stata detratta. Nell’ipotesi, invece, in cui emerga che i precedenti proprietari svolgano tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione (contraria) dell’avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, assolta a monte per l’acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell’esercizio dell’attività propria dell’impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole (Cass. SU n. 21105 del 2017; Cass. n. 11437 del 2018; Cass. n. 19374 del 2020);

in tema di IVA, il regime del margine di utile di cui al D.L. 23 febbraio 1995, n. 41, art. 36, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 marzo 1995, n. 85, rappresentando un regime speciale, di carattere opzionale, derogatorio dell’ordinaria disciplina fiscale degli acquisti intracomunitari, impone al contribuente di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che ne giustificano l’applicazione. Ne consegue che l’assenza o il difetto di detta prova comporta l’inapplicabilità del regime impositivo “de quo” (Cass. n. 26852 del 2014);

in tema d’IVA, il regime del margine di utile di cui al D.L. n. 41 del 1995, art. 36, conv. con modif. nella L. n. 85 del 1995, rappresentando un regime speciale e più favorevole, derogatorio dell’ordinaria disciplina fiscale degli acquisti intracomunitari, impone che il contribuente provi la sussistenza dei relativi presupposti di fatto, per cui l’indicazione sulla fattura del cedente della dicitura regime del margine oggetti d’arte (oppure da collezione o di antiquariato o beni d’occasione) non può ritenersi un mero elemento formale, impedendo la sua omissione la prova del requisito d’ordine soggettivo (Cass. n. 11086 del 2016);

in tema d’IVA, il regime del margine di utile di cui al D.L. n. 41 del 1995, art. 36, convertito con modificazioni nella L. n. 85 del 1995, rappresentando un regime speciale, derogatorio dell’ordinaria disciplina fiscale degli acquisti intracomunitari, impone, oltre alla regolarità formale della documentazione contabile, che il contribuente provi la sussistenza dei relativi presupposti di fatto, risultando altrimenti inapplicabile indipendentemente dalla consapevolezza che il cessionario ne abbia. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito e ritenuto legittimo l’avviso di accertamento fondato sull’elemento presuntivo della presenza tra i cedenti di società di autonoleggio che, utilizzando i veicoli come beni strumentali all’esercizio dell’impresa, avevano diritto di portare in detrazione l’IVA: Cass. n. 15630 del 2015).

La Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai suddetti principi laddove – da un lato affermando che esaminando il processo verbale del 6 luglio 2003 non si evince alcuna precisa verifica sul rispetto delle norme vigenti in Germania sul regime del margine e in Germania non è previsto l’obbligo di indicare in fattura che la vendita di auto sia assoggettata al regime del margine e dall’altro non esigendo da parte del contribuente la prova che effettivamente si trattasse di compravendita di beni usati – ha gravato l’Ufficio dell’onere di provare l’insussistenza dei presupposti per l’applicabilità del regime del margine di utile, così erroneamente invertendo la distribuzione degli oneri probatori tra le parti stabilito da questa Corte.

Pertanto, ritenuto fondato il motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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