Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26130 del 27/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36572-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE DAVID CROCE, ALBERTO SERAFINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 473/5/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE delle MARCHE, depositata il 23/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA LA TORRE.

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Marche, che su impugnazione da parte di C.F. di avviso di accertamento per Irpef anno 2006, ha accolto l’appello del contribuente, in riforma della sentenza di primo grado.

La CTR, preso atto che con l’atto tributario impugnato era stato accertato sinteticamente il maggior reddito sulla base di rilevanti elementi di capacità contributiva (costituiti in particolare da due beni indice, un motociclo e un immobile, acquistati nel 2005), ha ritenuto fondate le ragioni del contribuente. Ciò, sia in base alla copiosa documentazione bancaria attestante la vendita nell’anno 2005 di un immobile per la somma di Euro 126.00,00 e un finanziamento acceso con Neos Banca per l’acquisto del motociclo, idonee a dimostrare la disponibilità finanziaria sufficiente a giustificare il possesso dei due beni in questione; sia in relazione alle disponibilità derivanti da mutui contratti negli anni precedenti e risorse dei propri genitori, che avevano redditi capienti (come peraltro verificato dall’Ufficio in sede di contraddittorio). Di tali fatti l’Ufficio non ha tenuto conto e non ha peraltro proceduto ad accertamenti bancari.

C.F. si costituisce con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo si deduce violazione di legge, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e artt. 2697,2728 e 2729 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la CTR accolto l’appello del contribuente, che aveva sostenuto nell’anno di riferimento spese (rate autoveicoli, mutuo abitazione, scoperto bancario), senza dichiarare alcun reddito e senza provare il possesso nello stesso periodo d’imposta di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità. L’indebitamento dato dal mutuo o dallo scoperto bancario contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR è anch’esso indice di capacità contributiva; la somma percepita l’anno precedente per la vendita dell’immobile non è stato provato fosse presente nell’anno di riferimento, anzi il dato è contraddetto dal ricorso al credito bancario. 2. Il motivo è infondato.

2.1. In relazione all’accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, va ribadito il principio, più volte affermato in tema di accertamento dei redditi (v. ad es. sez. 5, n. 16284 del 2007, 17487 del 01/09/2016), secondo cui gli elementi indicativi di capacità contributiva – costituiti, tra gli altri, dalla disponibilità di autoveicoli, nonché di residenze principali o secondarie, che costituiscono una presunzione di capacità contributiva da qualificare “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., perché è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una capacità contributiva, senza che il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori di capacità contributiva esposti dall’ufficio, abbia il potere di togliere ad essi la valenza presuntiva che il legislatore ha connesso alla disponibilità dei beni- rileva il Collegio che nel caso di specie il giudice di merito ha legittimamente esercitato il potere di valutare la prova offerta dal contribuente avverso la predetta presunzione.

2.2. Nel delineare l’ambito dell’onere probatorio incombente sul contribuente per superare la presunzione legale di capacità contributiva riguardo alle spese per incrementi patrimoniali, questa Corte ha da tempo mitigato l’originario rigore espresso, tra le altre, dalla pronuncia menzionata dall’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 218885 del 2018; cfr. anche Cass. sez. 5, 20 febbraio 2013, n. 4138; Cass. sez. 5, 20 marzo 2009, n. 6813), che richiedeva la prova che proprio i proventi conseguiti allo smobilizzo patrimoniale fossero stati impiegati per affrontare le spese considerate dall’Ufficio.

2.3. Si è venuto affermando quindi, a fronte di altro indirizzo (cfr. Cass. sez. 6-5, 19 marzo 2014, n. 6396) rimasto sostanzialmente isolato, nel senso di ritenere idonea ad integrare la prova contraria a carico del contribuente quella limitata alla sola disponibilità di detti proventi, il diverso orientamento secondo il quale il contribuente, che pure non dimostri l’utilizzo di ulteriori redditi per sostenere le spese contestate, è comunque tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (in tal senso, tra le altre, più di recente, Cass. sez. 5, n. 8888 del 2021, Cass. sez. 5, 4 agosto 2020, n. 16637; Cass. Sez. 6-5, 13 novembre 2018, n. 29067, Cass. Sez. 5, 20 gennaio 2017, n. 1510), dovendosi in questo senso intendere il riferimento alla prova, di cui il contribuente è onerato, dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso (si vedano ancora Cass. Sez. 6-5, 23 marzo 2018, n. 7389, Cass. sez. 5, 26 novembre 2014, n. 25104, Cass. Sez. 6-5, 16 luglio 2015, n. 14885). Ad avviso di questa Corte, infatti, la norma in esame persegue la finalità di ancorare a fatti oggettivi (da un punto di vista quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi e la conseguente riferibilità ad essi della maggior capacità contributiva, accertata con metodo sintetico, in capo al contribuente, escludendo l’utilizzo degli stessi per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico (ad esempio, per un ulteriore investimento finanziario), perché, in tal caso, non sarebbero utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, che andrebbero perciò ascritti a redditi non dichiarati (cfr. Cass. sez. 5, 18 aprile 2014, n. 8995).

2.4. Ciò posto, la sentenza impugnata, ha fatto comunque corretta applicazione dei principi da ultimo indicati quanto all’ambito dell’onere della prova incombente sul contribuente al fine di superare la presunzione di capacità contributiva legata a spese per incrementi patrimoniali. E’ errata e va corretta nella parte in cui ha dato rilievo al mancato accertamento bancario da parte dell’Ufficio al fine di verificare come le somme siano state utilizzate.

Per il resto la CTR con ragionamento decisorio non censurabile in questa sede, in quanto congruamente motivato e nel rispetto del parametro del “minimo costituzionale” (Cass. sez. un. 8053/14), ha ritenuto che il contribuente avesse provato la propria capacità economica per l’anno in contestazione attraverso documentazione bancaria (mutuo bancario di importo superiore a Euro 20.000,00, finanziamento con Neos Banca spa e utilizzo di scoperti di conto corrente), e in relazione alla somma riveniente dalla vendita dell’immobile nell’anno precedente “che il contribuente ha tenuto in cassa”, ritenendo che le predette disponibilità economiche avessero potuto verosimilmente concorrere alle spese e al tenore di vita contestati.

Quanto alla documentazione bancaria la decisione è coerente con la giurisprudenza che ha statuito che la prova contraria a carico del contribuente richiesta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, può essere assolta mediante la produzione del contratto di mutuo, idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale delle somme utilizzate per l’acquisto del bene (Cass. n. 31124 del 03/12/2018); quanto alla somma derivante dalla vendita dell’immobile la CTR, con accertamento in fatto, ha affermato che è stata tenuta in cassa dal contribuente e utilizzata per gli anni a venire, con statuizione in fatto non censurata; con ciò ha fatto corretta applicazione del regime delle presunzioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, asseritamente violato. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese, liquidate in Euro 3.200, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2021

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