Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26283 del 28/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19111-2020 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO MANNIRONI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 4747/20128 del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositato il 15/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA MELONI.

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Cagliari sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con decreto in data 15/6/2020 ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Cagliari in ordine alle istanze avanzata da S.A. nato in Gambia il *****, volta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale. In particolare il ricorrente aveva riferito di essere fuggito dal Gambia dove era nato in quanto la famiglia della sua fidanzata incinta lo aveva picchiato e denunciato per violenza sessuale tanto da farlo arrestare e costringerlo a scappare e fuggire in Italia.

Avverso il decreto del Tribunale di Cagliari ha proposto ricorso per cassazione il ricorrente affidato a sei motivi e memoria. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 10, nn. 3 e 4, la violazione della Convenzione Diritti Fanciullo New York 20 novembre 1989, artt. 1, 3, 19, 20 e 22, in relazione al regolamento C.E.E. n. 604 del 2013, del D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 18, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 4,28 e 32; denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contraddittorietà della motivazione su fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che è nato il ***** ed è arrivato in Italia nel luglio 2016, allorché era ancora minorenne, sicché avrebbe dovuto beneficiare del trattamento normativo previsto per i minori di età.

Deduce che la disciplina di riferimento induce ad escludere che la tutela speciale accordata al minore sia destinata a cessare con il raggiungimento della maggiore età; al contempo, che i tempi lunghi del procedimento innanzi alla commissione territoriale ed innanzi al tribunale non possono comportare la menomazione dei diritti correlati alla minore età.

Con il secondo motivo di ricorso violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 39 del 1990, art. 1, (e succ. modif.); nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 2697 c.c.; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. e), e art. 3.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 13, ed alla Dir. C.E.E. n. 115 del 2008, art. 6; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti perché il Tribunale di Cagliari non ha tenuto conto che la fattispecie prefigurata al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, costituisce ipotesi del tutto autonoma, viepiù che la Dir. C.E.E. n. 115 del 2008, art. 6, comma 4, prevede che gli Stati membri possono decidere di rilasciare un permesso di soggiorno per motivi “caritatevoli o di altra natura” del tutto autonomi e differenti da quelli umanitari di cui al medesimo D.Lgs., art. 5.

Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti perché, contrariamente a quanto assunto dal tribunale, rilevano con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), le circostanze addotte ovvero il rischio pressoché certo che, se rimpatriato, si troverebbe in una situazione di conflitto generalizzato con riferimento all’ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); che parimenti il tribunale per nulla ha tenuto conto delle violenze subite e dei traumi sofferti.

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, e della Dir. C.E.E. n. 115 del 2008, art. 6; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia perché, contrariamente a quanto assunto dal tribunale, sussistono nel caso di specie le condizioni perché sia riconosciuta la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, protezione del tutto autonoma e distinta da quella di cui allo stesso D.Lgs., art. 5, comma 6. Deduce in particolare che ben può essergli accordato il permesso di soggiorno ex art. 19 cit., atteso non ha più alcun legame con il suo paese d’origine..

Con il sesto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia perché il tribunale ben avrebbe potuto accordargli il permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6; che siffatta disposizione fa salva la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario ovvero derivanti dagli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto si traduce in una elencazione di norme e sentenze senza indicare il motivo per cui il decreto impugnato è incorso in violazione di legge.

Non si disconosce che S.A. sia entrato in Italia nel luglio del 2016, ancora minorenne, sicché in relazione a tale data si è inizialmente connotato, in rapporto alle diversificate prefigurazioni legislative, il suo diritto alla protezione internazionale. Tuttavia su di un piano propriamente sostanziale, il diritto del minore alla più incisiva protezione internazionale non può che cessare al compimento della maggiore età.

Tanto, evidentemente, giacché al raggiungimento della maggiore età viene meno il bisogno di una più intensa protezione: opinare diversamente comporterebbe inesorabilmente la distorsione del sistema. Per altro verso, su di un piano propriamente processuale, l’astratta titolarità dell’azionato diritto alla più incisiva protezione internazionale del minore, quale condizione (cosiddetta “possibilità giuridica”) dell’azione, se, da un canto, è sufficiente che sussista al momento della decisione (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26769, con riferimento alla legittimazione ad agire), è necessario, d’altro canto, che persista sino al momento della decisione. Ebbene nella fattispecie è indubitabile che la decisione del Tribunale di Cagliari è sopraggiunta il 15.6.2020, allorquando il ricorrente era già divenuto maggiorenne.

Ne’, si aggiunge, riveste valenza, a motivo della piena cognizione all’organo giudiziario devoluta in ordine al diritto soggettivo del richiedente la protezione, la circostanza per cui la commissione territoriale si è pronunciata allorché era ancora minorenne.

Il ricorrente perciò non ha motivo per dolersi di presunte “lungaggini burocratiche” (cfr. ricorso, pag. 9).

Ovviamente, negli enunciati termini, è del tutto irrilevante la quaestio legitimitatis dell’art. 737 c.p.c., per asserita violazione degli artt. 3,24 e 111 Cost., che il ricorrente prospetta con il passaggio finale del motivo di ricorso in esame.

Il secondo motivo proposto è inammissibile. Per quanto concerne, invero, la protezione sussidiaria del decreto succitato, ex art. 14, lett. c), va osservato che – secondo il consolidato insegnamento di questa Corte – è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, tuttavia, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312; Cass. 13897/2019; Cass. 9230/2020). A tal riguardo, deve ritenersi che il dovere di cooperazione istruttoria del giudice si sostanzia nell’acquisizione di COI (“Country of Origin Information”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), o di altre fonti internazionali citate dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, da richiedersi agli enti a ciò preposti. Il Tribunale ha adempiuto a tale dovere citando le fonti aggiornate dalle quali ha desunto le informazioni sulla situazione del paese di provenienza.

Il terzo ed il quinto motivo di ricorso da trattarsi congiuntamente sono infondati. Richiamati gli insegnamenti di questa Corte n. 16362/2016 e n. 11110/2019 deve essere escluso che vi sia margine per far luogo alla protezione umanitaria toutcourt “per motivi caritatevoli o di altra natura”.

Il quarto motivo è infondato.

Il Tribunale di merito non ha riconosciuto al ricorrente lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, le prime due lettere, in quanto la prima forma di tutela esige che si dia conto di una personalizzazione del pericolo di essere fatto oggetto di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica: ciò che nel caso in esame deve evidentemente escludersi. Inoltre il Tribunale ha ampiamente motivato sulla mancanza di credibilità del ricorrente del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), valutando che le dichiarazioni rese non erano coerenti e plausibili e pertanto, qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. tra molte: Cass. n. 16925/18; n. 28862/18), ipotesi che nella specie non ricorre.

L’ipotesi di cui all’art. 14, lett. c), che si configura anche in mancanza di un diretto coinvolgimento individuale dello straniero nella situazione di pericolo, è stata, poi, motivatamente esclusa dal Tribunale il quale, basandosi su fonti di informazione internazionale, ha appurato che il paese di provenienza dell’odierno istante non è teatro di un. “conflitto diffuso” e di una “violenza generalizzata”: Tale apprezzamento, che sfugge al sindacato di legittimità, porta ovviamente a disconoscere che nel presente giudizio di cassazione si possa far questione della “minaccia, grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armalo interno o internazionale”.

Il sesto motivo in ordine all’invocata protezione umanitaria è infondato. Il Tribunale territoriale infatti ha ritenuto che le vicende riferite dalla ricorrente, sebbene credibili, sia pure nell’ambito dell’onere probatorio attenuato, non giustifichino la concessione della protezione umanitaria.

Quanto poi al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo e dell’avvenuta integrazione dello straniero in Italia esso può essere valorizzato non come fattore esclusivo bensì come presupposto della protezione umanitaria e come circostanza che può concorrere a determinare una situazione di vulnerabilità personale (Cass. n. 4455 del 2018), che, tuttavia, nel caso di specie è stata esclusa.

In tema di integrazione nessuna ipotesi di “anomalia motivazionale” si configura, nelle motivazioni dell’impugnato decreto. Il tribunale ha soggiunto che il ricorrente non ha raggiunto in Italia un significativo livello di integrazione per il riconoscimento della protezione umanitaria. Il motivo infatti, pur rubricato sotto il solo profilo della violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), contiene in realtà una serie di critiche agli accertamenti espressi nella motivazione della corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto diretti a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata.

Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva. Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte di Cassazione, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 settembre 2021

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