Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.26326 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 23883/18 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato a Cancello ed Arnone (CE), v. Consolare n. 2, difeso dall’avvocato Raffaele Ambrosca, in virtù

di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate – Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato a Roma, v. dei Portoghesi n. 12, difeso ope legis dall’Avvocatura dello Stato;

– controricorrente –

nonché

Comune di Giugliano in Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo digitale del proprio difensore (raffaelechianese2.avvocatinapoli.legalmail.it), difeso dall’avvocato Raffaele Chianese, in virtù di procura speciale apposta in margine al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli 9 febbraio 2018 n. 644;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18 maggio 2021 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

viste le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria che ha concluso per la dichiarazione di improcedibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2006 il Comune di Giugliano in Campania irrogò a C.M. una sanzione amministrativa per aver aperto un esercizio commerciale senza autorizzazione.

Il provvedimento sanzionatorio non venne opposto e tre anni dopo, il 28 novembre 2009, il concessionario della riscossione, cioè la società Equitalia Polis s.p.a., notificò al trasgressore la cartella esattoriale n. *****.

2. Con atto del 28 gennaio 2010 C.M. propose, dinanzi al Tribunale di Napoli, sezione di Marano, opposizione alla suddetta cartella, qualificata come “opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c.”.

Secondo quanto si legge a p. 3, primo capoverso, del ricorso per cassazione, a fondamento della opposizione vennero dedotti tre motivi:

-) la decadenza dell’amministrazione dal diritto di esigere la sanzione, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1972, art. 25;

-) la prescrizione del credito;

-) “l’inesistenza del credito, non essendo mai stato notificato alcun atto prodromico”.

3. Dopo quattro anni di giudizio, con atto che la sentenza impugnata qualifica “ricorso”, depositato il 19 settembre 2014, l’opponente dedusse che la medesima cartella oggetto di opposizione era stata annullata dal Tribunale di Benevento con sentenza 297/14, in accoglimento della opposizione proposta da un condebitore solidale, tale T.G..

4. Con sentenza 27 dicembre 2016 n. 13805 (indicata nel ricorso, per evidente lapsus calami, col numero “138005”) il Tribunale di Napoli rigettò l’opposizione.

Il Tribunale ritenne che:

-) al trasgressore risultavano regolarmente notificati sia il verbale di contestazione dell’infrazione, sia l’ordinanza ingiunzione, sia la cartella esattoriale;

-) di conseguenza, egli non poteva far valere nel giudizio di opposizione all’esecuzione questioni attinenti al merito della pretesa erariale;

-) in ogni caso, le opposizioni che l’interessato aveva dichiarato di proporre ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2 e art. 617 c.p.c., erano inammissibili: la prima, perché nel caso di specie nessun atto di pignoramento era stato notificato; la seconda perché proposta oltre il termine di 20 giorni dalla notifica della cartella;

-) infine, era irrilevante nel caso di specie il decisum della sentenza del Tribunale di Benevento invocata dall’opponente in corso di causa: sia perché tale deduzione era tardiva; sia perché quel giudizio aveva ad oggetto una cartella esattoriale diversa da quella impugnata dinanzi al Tribunale di Napoli.

5. La sentenza venne appellata dal soccombente.

Con sentenza 9 febbraio 2018 n. 644 la Corte d’appello di Napoli dichiarò il gravame in parte inammissibile ed in parte infondato.

La Corte d’appello, in particolare, dichiarò inammissibili ex art. 342 c.p.c., tutti i motivi (vale a dire il primo, il secondo, il terzo, il quarto ed il sesto) con cui l’appellante aveva censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui ritenne irrilevante, nel presente giudizio, la sentenza 297/14 pronunciata dal Tribunale di Benevento (e cioè la sentenza, come s’e’ detto, di annullamento d’una cartella esattoriale che l’opponente assumeva coincidente con quella oggetto del presente giudizio).

Aggiunse la Corte d’appello, ad abundantiam, che i suddetti motivi erano fondati su “fatti nuovi rispetto a quelli oggetto di allegazione in prime cure”.

6. Quanto ai restanti motivi d’appello (il quinto ed il settimo, con cui si censurava rispettivamente il giudizio di tardività dell’opposizione e la regolazione delle spese) la Corte d’appello ritenne che tutte le questioni attinenti all’esistenza del credito erariale si sarebbero dovute proporre nel giudizio di opposizione all’ordinanza ingiunzione, mai proposto; e che la censura relativa alle spese restava assorbita.

7. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da C.M. con ricorso fondato su tre motivi.

Hanno resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate – Riscossione e il Comune di Giugliano in Campania.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente prospetta la violazione dell’art. 1306 c.c., comma 2.

Nella illustrazione del motivo si sostiene una tesi così riassumibile:

-) è vero che nell’atto introduttivo del giudizio di opposizione l’opponente non fece parola della sentenza del Tribunale di Benevento 297/14;

-) tuttavia la produzione in giudizio di quella sentenza e l’invocazione dei suoi effetti non potevano ritenersi tardivi, per due motivi: sia perché la sentenza era stata pronunciata dopo il maturare delle preclusioni assertive ed istruttorie; sia perché nelle more del giudizio di opposizione il concessionario della riscossione aveva notificato all’opponente una seconda volta la stessa cartella esattoriale già oggetto di impugnazione, in tal modo “rimettendolo in termini”;

-) di conseguenza, poiché la Corte d’appello avrebbe dovuto esaminare la suddetta sentenza del Tribunale di Benevento, e non lo fece, essa avrebbe per ciò solo violato l’art. 1306 c.c., comma 2, nella parte in cui consente al coobbligato solidale di opporre al creditore la sentenza pronunciata fra quest’ultimo e un altro con debitore.

1.1. Il motivo è inammissibile per due indipendenti ragioni.

La prima ragione è che il ricorso nulla riferisce sul contenuto della più volte invocata sentenza del Tribunale di Benevento: quale fosse l’oggetto del giudizio, quando venne introdotto e da chi, quali le motivazioni.

Ma denunciare in sede di legittimità l’omesso esame di documenti decisivi da parte del giudice di merito è un motivo di ricorso che, per usare le parole della legge, “si fonda” sui documenti del cui mancato esame il ricorrente si duole.

Quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:

(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;

(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;

(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (in tal senso, ex multis, Sez. 6 – 3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U., Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).

Di questi tre oneri, il ricorrente non ha assolto in modo esaustivo il primo, in quanto come già anticipato il ricorso non riassume né trascrive il contenuto della suddetta sentenza.

Ricorre dunque un’ipotesi di inammissibilità ex art. 366 c.p.c., n. 6.

1.2. La seconda e più evidente ragione di inammissibilità del primo motivo di ricorso è il suo difetto di decisività, per estraneità alla ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata.

La Corte d’appello, infatti, ha ritenuto che tutte le questioni inerenti agli effetti della sentenza beneventana erano, nel presente giudizio, “inammissibili ex art. 342 c.p.c., per genericità”.

Tale statuizione, giusta o sbagliata che fosse, costituisce una autonoma ratio decidendi che non viene investita dal ricorso.

E’, di conseguenza, superfluo stabilire se nel giudizio di merito l’odierno ricorrente poteva o non produrre la sentenza del Tribunale di Benevento, perché si è formato il giudicato interno sulla ritenuta inammissibilità per genericità del relativo motivo di appello.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la “insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia”.

Torna a sostenere che la cartella impugnata nel presente giudizio e quella impugnata dal coobbligato solidale erano “perfettamente identiche”.

2.1. Il motivo è inammissibile per la medesima ragione per cui lo è il primo motivo di ricorso: e cioè la estraneità alla ratio decidendi.

Come già detto, infatti, la Corte d’appello non si è affatto occupata del problema della identità o difformità fra la cartella esattoriale impugnata nel presente giudizio e quella impugnata dal coobbligato solidale dinanzi al Tribunale di Benevento.

Si è limitata a stabilire che tale questione non poteva essere esaminata per inammissibilità dell’appello, a causa della sua genericità ex art. 342 c.p.c., statuizione che – come già detto – non è stata impugnata.

3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione “della L. n. 681 del 1981”.

Nella illustrazione del motivo sostiene che l’opposizione di cui all’art. 615 c.p.c., non è soggetta ad alcun termine.

3.1. Il motivo è inammissibile perché non pertinente rispetto al contenuto della sentenza impugnata.

La Corte d’appello ha rigettato il gravame sul presupposto che non possono essere fatte valere con l’opposizione all’esecuzione questioni attinenti al merito della pretesa creditoria. Ha aggiunto che nel caso di specie il verbale di contestazione e l’ordinanza-ingiunzione erano stati regolarmente notificati, e che di conseguenza il trasgressore avrebbe dovuto far valere le proprie pretese introducendo il giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione. Incurante di tale motivazione, il ricorrente si dilunga a discorrere sulla tempestività della opposizione all’esecuzione: e dunque propone una censura che nulla ha a che vedere con il contenuto della sentenza impugnata.

4. Non è luogo a provvedere sulle spese, a causa della tardività di ambo i controricorsi.

Il ricorso per cassazione è stato infatti notificato sia al Comune di Giugliano che alla Agenzia delle Entrate il 30 luglio 2018.

Il termine per la notifica del ricorso è dunque scaduto per entrambe le suddette parti il 10 settembre 2019 (in quanto sia la scadenza del termine per il deposito del ricorso ex art. 369 c.p.c., sia quella del successivo termine per il deposito del controricorso, cadevano rispettivamente domenica 19 agosto e domenica 9 settembre).

Il ricorso del Comune di Giugliano, tuttavia, è stato notificato il 4 ottobre, mentre quello dell’Agenzia delle Entrate lo è stato il 9 ottobre.

Ovviamente il presente giudizio, avendo ad oggetto una opposizione esecutiva, non è applicabile la sospensione feriale dei termini.

P.Q.M.

la Corte di Cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 18 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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