LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 17396/2019 proposto da:
L’AUTOMOBILE DI F.F. E C. SAS, elettivamente domiciliata in Palermo, via Principe di Villafranca, presso l’avv. GIUSEPPE MANDALA’;
– ricorrente –
contro
T.E.F., L.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 101, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BAURO, rappresentati e difesi dall’avvocato SALVATORE ALOSI;
UNIPOLSAI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI, 103, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DELLAGO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati FILIPPO MARTINI, MARCO RODOLFI;
– controricorrente –
e contro
LIGURIA SOCIETA’ DI ASSICURAZIONI SPA, A.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 382/2018 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 26/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 20/05/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
RITENUTO
Che:
1.- a vicenda che ha dato luogo alla presente controversia è cosi riassumibile: A.A., il *****, era alla guida di una vettura nella disponibilità della società l’Automobile sas di F.F., provvista di targa prova, per la quale era in essere una copertura assicurativa della Liguria Assicurazioni spa.
Il conducente ha provocato un incidente in cui è rimasta vittima T.M.T., ed è stato in seguito condannato per omicidio colposo per tale evento.
2.- Gli eredi della vittima, ossia la madre L.A., il padre T.A. e la sorella T.E., hanno agito in giudizio nei confronti del conducente, della società che aveva in uso la vettura con targa prova – e che l’aveva ricevuta in conto vendita da un terzo – ossia l’Automobile sas e la compagnia di assicurazioni La Liguria spa.
Durante il giudizio di primo grado, è stata innanzitutto emessa una sentenza parziale che ha negato il danno biologico della vittima e dunque il diritto al risarcimento di tale danno, a favore degli eredi, per titolo successorio.
Ma subito dopo tale sentenza, la Liguria Assicurazioni ha concluso una transazione con gli attori, riconoscendo loro la somma di 400,000 mila Euro, in conseguenza della quale transazione il Tribunale ha dichiarato cessata la materia del contendere tra gli attori, la società l’Automobile e la compagnia di assicurazione, ma ha accolto la domanda di rivalsa di quest’ultima, disponendo che la società l’Automobile rimborsasse la somma che la Liguria Assicurazioni aveva corrisposto in forza della transazione.
3.- Il ricorso della società l’Automobile è rivolto a censurare questa statuizione sull’obbligo di restituire alla compagnia di assicurazione quanto da quest’ultima corrisposto agli eredi della vittima, ed è basato su nove motivi: meglio, il nono motivo è la richiesta di regolare le spese in conseguenza dell’accoglimento degli altri otto.
A contestare le ragioni della ricorrente si sono costituite con controricorso sia la Liguria Assicurazioni spa che gli originari attori, eredi della vittima. Non A.A., pure intimato.
CONSIDERATO
Che:
4.- Giova un cenno sulla ratio della sentenza impugnata: la corte di appello ritiene che, poiché il veicolo era guidato da un soggetto ( A.A.) diverso da quello che aveva l’autorizzazione alla targa prova (ossia la società ricorrente), la copertura assicurativa non era da ritenersi operante, con la conseguenza che la somma, pur corrisposta dalla compagnia ai danneggiati, era da quella ripetibile per intero, trattandosi di una somma di certo non superiore al danno spettante ai congiunti della vittima. Con la conseguenza che le altre questioni dovevano ritenersi assorbite.
5.- Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per violazione del contraddittorio, e dunque degli artt. 345 e 102 c.p.c..
La tesi della ricorrente è nel senso che siccome la vettura non era ancora immatricolata a suo favore, ma solo provvista di targa prova, lei stessa non poteva dirsi proprietaria del veicolo, che invece apparteneva alla Indomar srl, concessionaria che l’aveva data in conto vendita, con la conseguenza che quest’ultima società, proprio in quanto proprietaria, era litisconsorte necessario.
Il motivo è infondato.
Per giurisprudenza di questa corte, infatti, in relazione a sinistro derivante dalla circolazione stradale di un veicolo recante una targa di prova, il conducente del veicolo non è litisconsorte necessario nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore della targa, mentre lo e’, ai sensi della L. 23 dicembre 1969, n. 990, art. 23, il titolare della targa stessa, nella qualità di assicurato (Cass. 8009/2005; Cass. 13379/2018).
Ciò senza tacere del fatto che, in primo grado, è stato accertato (v. pp. 8-9 – controricorso Liguria) che il proprietario del veicolo non era la società Indomar ma proprio il conducente, che l’aveva acquistata e che la utilizzava in attesa della immatricolazione, e che è stato citato a sua volta in giudizio.
6.- Tutti gli altri motivi, dal secondo al sesto, possono valutarsi insieme, fatta una premessa: che qualora il veicolo circoli con targa prova, ed è condotto da soggetto che non ha l’autorizzazione ad utilizzare quella targa, la compagnia deve comunque corrispondere il risarcimento, ma può rivalersi verso il soggetto autorizzato alla targa di prova, ottenendo ripetizione di quanto corrisposto (Cass. 8009/2005).
La corte di merito ha dunque fatto applicazione di tale regola: ha ossia rilevato che il conducente era soggetto non autorizzato; che dunque, avendo la compagnia risarcito il danno a seguito di una transazione, ed essendo quel risarcimento inferiore all’ammontare spettante ai danneggiati, aveva diritto all’intero rimborso.
7.- Ora, i motivi dal secondo al sesto mirano a contestare questo esito e denunciano sia violazione di legge, ed in particolare art. 118 c.p.c. (secondo motivo), art. 115 c.p.c. (quarto motivo), 2909 c.c. (quinto motivo), art. 2697 c.c. (sesto motivo), sia, tutti quanti, omesso esame di un fatto controverso e decisivo.
In sostanza, la tesi è la seguente: nelle fasi di merito era stata posta la questione dell’ammontare del danno, ed i ricorrenti avevano contestato la misura richiesta dai danneggiati; il giudice di primo grado in parte aveva accolto queste contestazioni, emettendo una sentenza parziale, con la quale ha escluso il danno iure hereditatis dei congiunti per via del danno biologico della vittima.
Secondo i ricorrenti queste questioni erano rilevanti ai fini della valutazione della domanda di regresso della compagnia di assicurazione, la quale poteva essere accolta in quella misura (i 400 mila Euro corrisposti in transazione) solo ove si fosse dimostrato che il danno era di quell’ammontare o anche superiore, ma se invece fosse emerso che il danno da risarcire era inferiore, la compagnia non poteva avere diritto al rimborso che della sola somma legittimamente spettante ai danneggiati. Invece, la corte di merito ha dichiarato tutte queste questioni, poste con relativi motivi di impugnazione, come assorbite, senza esaminarle e senza dunque porsi il problema del condizionamento che la questione dell’effettivo ammontare del danno aveva sulla domanda di regresso; ma soprattutto senza tenere conto che, parte di quel danno era stato escluso già con la sentenza parziale, di cui si è fatto cenno, divenuta cosa giudicata.
Inoltre, altro fatto controverso su cui non vi sarebbe stato esame – anche se viene contemporaneamente invocato un esame errato, per violazione dell’art. 2697 c.c. (sesto motivo) – è la circostanza che il conducente non fosse autorizzato alla targa di prova, che è stata una circostanza decisiva per affermare la non operatività della polizza assicurativa.
Quest’ultimo punto per la sua diversità rispetto agli altri, e precedentemente descritti, va considerato per primo: in realtà si tratta di un motivo inammissibile, in quanto mira a mettere in discussione un accertamento in fatto già operato da entrambe le corti di merito e motivato: quello per cui il conducente non aveva titolo a guidare una vettura con targa prova, sia in quanto la targa era stata rilasciata a favore della società ricorrente, sia, soprattutto, in quanto se ne stava facendo uso per finalità diverse da quelle che la targa di prova consentiva. Questo dato di fatto non può essere più messo qui in discussione, né peraltro, la ricorrente dimostra di aver fornito prova della sua contraria versione dei fatti.
Quanto dunque a tutti questi motivi deve farsene scrutinio di inammissibilità.
Ed infatti, non può dirsi che la corte di merito ha omesso l’esame delle questioni, per cosi dire logicamente condizionanti la domanda di regresso, in quanto, con motivazione che ha fatto riferimento a quella del Tribunale, ha ritenuto che il risarcimento del danno spettante ai congiunti della vittima, agli attori, era di gran lunga superiore a quello corrisposto con la transazione, cosi che la compagnia di assicurazione non ha reclamato, in regresso, somme non dovute, né ha corrisposto agli eredi somme maggiori dovendo invece risarcire di meno: il riferimento alla decisione di primo grado è sufficiente, dal momento che, come risulta dalla stessa parte di motivazione riportata dalla ricorrente, il Tribunale ha dato adeguata motivazione del perché la somma corrisposta era nettamente inferiore a quella spettante.
Stessa conclusione può assumersi per il danno escluso dalla sentenza provvisoria: la corte di merito osserva infatti che il Tribunale dopo avere negato con quella sentenza il danno iure hereditatis, ha calcolato quale avrebbe potuto essere – se non ci fosse stata la transazione – il danno iure proprio, ed ha concluso che quest’ultimo, di per sé, era superiore alla somma effettivamente corrisposta, cosi che alcun peso sulla decisione aveva esercitato l’accertamento negativo contenuto nella sentenza parziale.
Non v’e’ dunque omesso esame, ma semmai assorbimento motivato, ed anche fondato, posto che la corte, preso atto dell’accertamento svolto dal Tribunale, quanto alla minore somma corrisposta dall’assicuratore rispetto al dovuto, e preso atto che in tale accertamento erano dunque rigettate le questioni fatte dalla ricorrente quanto, per l’appunto, al pregiudiziale accertamento di quel dovuto – quale presupposto per stabilire l’adeguatezza del corrisposto e conseguentemente del regresso – ha ritenuto che la domanda di regresso andasse accolta integralmente, con conseguente assorbimento, per implicito rigetto, dei motivi di appello che riproponevano le questioni risolte dal Tribunale.
Ma, ovviamente, accertare che la corte di merito ha dichiarato correttamente assorbite le questioni ostative al regresso, significa altresì escludere che possa essere incorsa in violazione di legge nel loro scrutinio: che è mancato proprio per via dell’assorbimento, così che i denunciati vizi di violazione di legge risultano – inammissibili in quanto non colgono la ratio della decisione.
8.- Il settimo motivo denuncia violazione dell’art. 11 preleggi: la corte di merito ha ritenuto esclusa la copertura assicurativa sulla base delle disposizioni, che, in tema di targa di prova, sono state introdotte dalla L. n. 474 del 2001, tuttavia non applicabile al caso concreto, che attiene a fatti verificatisi nel 1990, dunque anteriori all’entrata in vigore della regola applicata.
Il motivo è infondato.
Infatti, a parte l’irrilevanza del richiamo alla corretta normativa, che in realtà costituisce, la legge del 2001 ossia, un aggiornamento di disposizioni precedenti; a parte ciò, l’obbligo di adibire il veicolo con targa di prova solo ad usi per i quali la targa è rilasciata, ossia dimostrativi del veicolo, e non già ad usi privati (l’incidente avvenne all’una di notte), imposto sin dalla entrata in vigore della L. n. 990 del 1969, in combinato disposto con la successiva L. n. 973 del 1970 (Cass. 2332/1992), entrambe anteriori al fatto per cui è causa.
9.- L’ottavo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c..
La ricorrente assume di avere proposto in primo grado la domanda di rivalsa verso il conducente, A.A., su cui però non v’e’ stata decisione, e di avere denunciato il vizio in appello, anche qui senza ottenere pronuncia.
Il motivo è inammissibile.
La ricorrente non dimostra affatto di avere proposto la domanda in primo grado nei termini in cui riferisce, ossia: la ricorrente sostiene di avere proposto la domanda verso il conducente subordinatamente all’accertamento dell’uso improprio fattone da quest’ultimo; il Tribunale ha in realtà implicitamente, allora, rigettato la domanda, avendo riconosciuto (v. p. 9 del controricorso in cui è riportata la motivazione di primo grado) che la responsabilità derivava dall’incauto affidamento al conducente del veicolo da parte della società ricorrente, la quale, prima di immatricolare l’auto l’aveva concessa all’acquirente con la targa prova; il che costituisce rigetto implicito, ma neanche tanto, della domanda, che tuttavia non è riportata nel suo contenuto essenziale (anche se si indica la pagina della comparsa di costituzione in cui è contenuta) di “regresso” verso il conducente.
In altri termini, questa domanda è stata rigettata nel momento in cui i giudici di merito hanno ritenuto che il risarcimento a carico della società ricorrente è dovuto ad un titolo autonomo rispetto alla colpa del conducente, ossia è dovuto all’incauto affidamento di un veicolo non ancora immatricolato, cosi che, se pure accertata la colpa del conducente, la venditrice del veicolo non può ripetere da quest’ultimo quanto deve lei corrispondere alla propria assicurazione, che ha risarcito il danno causato dalla condotta della stessa venditrice, ossia l’affidamento incauto di veicolo non immatricolato.
10.- Il nono motivo non è in realtà tale, in quanto chiede un diverso regolamento delle spese, come conseguenza dell’accoglimento del ricorso, ed il cui rigetto è implicito nel rigetto di quest’ultimo.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, nella misura di 8000,00 Euro, oltre 200,00 Euro di spese legali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021
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