LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22633-2019 proposto da:
GEFIN ROMA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL TRITONE, 102, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CAVALLARO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.C.L., B.A., B.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE MEDAGLIE D’ORO 169 (presso lo studio degli avvocati MATILDE DI GIOVANNI e UMBERTO DI GIOVANNI, che li rappresentano e difendono;
– controricorrenti –
contro
L.R.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE MEDAGLIE D’ORO 169, presso lo studio dell’avvocato ITALA MANNIAS, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
FALLIMENTO ***** SNC;
– intimato –
avverso il decreto n. cronol. 1636/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositato il 01/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.
RILEVATO
che:
1. la Corte d’appello di Catania ha dichiarato inammissibile il reclamo ex artt. 26 e 119 L. Fall. proposto da Gefim Roma s.r.l. contro il decreto del Tribunale di Siracusa che aveva disposto la chiusura del Fallimento ***** s.n.c., ex art. 130 L. Fall., comma 2 ed ex art. 119 L. Fall. u.c., per omologa del concordato fallimentare in data 19/02/2018, nonostante la stessa reclamante avesse proposto domanda di annullamento o risoluzione del concordato ex artt. 137 e 138 L. Fall., rigettata sia dal tribunale che dalla corte d’appello (con provvedimento impugnato con ricorso per cassazione iscritto al n. 1896/19 R.G.);
1.2. in particolare, il giudice di secondo grado ha rilevato il difetto di ius postulandi della reclamante, poiché nell’intestazione del reclamo la procura si affermava rilasciata dall’avv. Giuseppe Cavallaro “in calce all’atto introduttivo del precedente giudizio”, mentre la procura allegata al reclamo faceva riferimento al “presente procedimento nei confronti del Fallimento B. n. 79/1997” ma risultava rilasciata in data 25/05/2018, cioè quasi un anno prima dello stesso decreto del 05/04/2019 di chiusura del fallimento, oggetto del reclamo proposto in data 15/05/2019;
1.3. nel merito ha aggiunto che la chiusura del fallimento dipendeva dalla definitività della omologazione del concordato fallimentare e che la pendenza del giudizio per la risoluzione o l’annullamento del concordato non avrebbe spiegato rilievo, potendo semmai l’accoglimento portare alla riapertura della procedura fallimentare ex art. 137 L. Fall., comma 4 ed ex art. 138 L. Fall., comma 2;
1.4. per tali ragioni la corte d’appello ha condannato l’avv. Giuseppe Cavallaro, in proprio, a rifondere le spese alle sole parti costituite ( L.R.C. da un lato; B.C.L., B.A. e B.G. dall’altro);
1.5. avverso detto decreto, notificato il 04/07/019 alla Gefin Roma s.r.l., quest’ultima ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui L.R.C. i signori B. hanno resistito con separati controricorsi;
1.6. a seguito del deposito della proposta ex art. 380-bis c.p.c. e della fissazione dell’adunanza della Corte in camera di consiglio, tutte le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
2.1. con il primo motivo, rubricato “sulla violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c.”, si deduce (testualmente): i) che “l’appellato provvedimento, nel rigettare le richieste dell’odierna ricorrente, si fonda su un presupposto totalmente sbagliato”, ossia l’inesistenza della procura, mentre nel caso di specie si tratterebbe di una questione di validità della procura “rilasciata nel 2018 per il giudizio concluso con il reclamo rigettato ed oggi impugnato”, avendo la stessa corte d’appello ritenuto che essa potesse “riferirsi al procedimento di revoca del provvedimento di omologa del concordato fallimentare”; non rileva l’anteriorità della data di rilascio rispetto all’impugnato decreto di chiusura del fallimento, trattandosi comunque di una serie controversie connesse e dello stesso tipo (Cass. 3487/2016, 1429/2012), tanto più che la procura conteneva la locuzione “anche di reclamo”; che in ogni caso la corte territoriale avrebbe dovuto “consentire all’avv. Cavallaro la possibilità di depositare una nuova procura”, assegnando un termine ex art. 182 c.p.c., comma 1, per integrare o rinnovare l’autorizzazione a stare in giudizio; iv) che comunque, “qualora fosse necessario si specifica che nella procura allegata al presente ricorso il legale rappresentante della GEFIN ROMA conferma la validità della procura rilasciata nel procedimento da cui è scaturito il provvedimento impugnato”;
2.2. il secondo mezzo censura la omessa valutazione circa un fatto decisivo e la violazione o falsa applicazione dell’art. 18 L. Fall., per avere la corte d’appello ritenuto irrilevanti, senza spiegare il perché, le ragioni del pericolo della chiusura del fallimento e le ragioni della invalidità del concordato fallimentare;
3. i controricorrenti sollevano plurime ragioni di inammissibilità del ricorso per: i) “carenza del mandato al reclamo, e pertanto per l’inammissibilità ed insussistenza giuridica del reclamo”; ii) “inammissibilità della pretesa ratifica di un atto (procura speciale a proporre il ricorso) inesistente e/ o radicalmente nullo”; iii) “insussistenza di violazione dell’art. 83 c.p.c.” poiché “la procura del 28.5.2018 non poteva riferirsi al decreto di chiusura del fallimento del 5.4.2019 e neppure al grado precedente di giudizio non sussistendo alcun giudizio precedente”; iv) “decadenza per tardività del reclamo”; v) “mancata enunciazione di specifici motivi di diritto e comunque infondatezza dei motivi”;
4. il ricorso è inammissibile;
5. va innanzitutto rilevata l’imprecisione della relativa tecnica redazionale, ingenerante confusione, sia laddove si fa insistito riferimento alla posizione di “odierna appellante”, sia laddove, nell’epigrafe del ricorso, si fa ancora una volta riferimento alla “procura in calce all’atto introduttivo del precedente giudizio”, pur dovendosi dare atto che la ricorrente ha allegato alla memoria del 26/03/2021 (in cui si fa invece riferimento alla “procura in calce all’atto introduttivo del presente procedimento”) copia della procura speciale rilasciata, su foglio separato, per il presente giudizio (e relativa relata di notifica telematica), nella quale si legge altresì “con la presente sottoscrizione tiene confermato il mandato già conferito per i precedenti gradi di giudizio, compreso il procedimento di reclamo in Corte di Appello R.G. 517/2019”;
5.1. il ricorso difetta altresì di autosufficienza con riguardo al testo della precedente procura, in tesi valida anche ai fini della impugnazione del decreto di chiusura del fallimento, oggetto del presente giudizio, posto che la locuzione (ivi asseritamente contenuta) “anche di reclamo” sarebbe idonea con riferimento alle ulteriori fasi di quel distinto giudizio di omologa del concordato fallimentare (sviluppatosi in sede di reclamo e di cassazione); anche ai fini della pretesa validità della “procura speciale alle liti rilasciata per una serie di controversie, purché caratterizzate da unitarietà di materia o collegate tra loro da n’etniche e oggettive ragioni di connessione” (Cass. 3487/2016, 20784/2010), sarebbe stato onere del ricorrente dimostrare che la procura rilasciata nel 2018 (ben prima del decreto di chiusura del fallimento) aveva effettivamente quelle caratteristiche tali da farla ritenere valida (v. Cass. 12486/2000);
5.2. quanto al rilievo che la Corte d’appello avrebbe dovuto assegnare un termine per integrare o rinnovare l’autorizzazione a stare in giudizio ex art. 182 c.p.c., comma 1, è lo stesso ricorrente a dedurre che le controparti avevano sollevato la relativa eccezione nella prima udienza di comparizione – e nei controricorsi si legge che l’eccezione fu reiterata nella seconda udienza in cui, nonostante l’apposito rinvio, nulla venne dedotto o prodotto dal ricorrente – sicché sarebbe stato suo onere attivarsi immediatamente per produrre una procura valida, (Cass. sez. U, 4248/2016; conf. Cass. 24212/2018, 22564/2020); difetto di immediatezza che si riverbera anche sulla ratifica contenuta nella procura rilasciata per il presente giudizio;
6. in ogni caso, è dirimente la seconda ratio decidendi (di merito) della Corte d’appello, non adeguatamente impugnata col secondo mezzo, a fronte della specifica motivazione circa la ritenuta irrilevanza delle ragioni sulle quali si fondava il ricorso della Gefin Roma s.p.a., stante la pendenza del distinto giudizio per l’annullamento o la risoluzione del concordato fallimentare – omologato, senza opposizioni, con provvedimento esecutivo – e la possibilità di una riapertura del fallimento con sentenza provvisoriamente esecutiva, in caso di esito vittorioso di quel giudizio;
7. segue la condanna alle spese, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna delle due parti controricorrenti, in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021