Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26395 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22731-2019 proposto da:

LINK ASI LIMITED, quale mandataria della società LADY MOON SPV SRL, e per essa la SPV Project 1713 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 59, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SALTELLI, che la rappresenta e difende giusta “atto di costituzione in sostituzione processuale ex art. 111 c.p.c.” del 02/04/2021;

– ricorrente –

contro

PROEDIL & SERVICE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIEDILUCO 9, presso lo studio dell’avvocato PAOLO DI GRAVIO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANLUCA DI BLASIO;

– controricorrente –

contro

IMAR COSTRUZIONI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati GIULIANO MILIA e ROBERTO MILIA;

– controricorrente –

contro

ABP COSTRUZIONI EDILI SRL;

– intimata –

avverso il decreto n. cronol. 372/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositato il 30/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. Paola Vella.

RILEVATO

che:

1. la Corte d’appello di L’Aquila ha rigettato il reclamo ex art. 26 L. Fall. della società Link Asi Limited (quale mandataria di Lady Moon Spv s.r.l.) avverso il decreto con cui il Tribunale di Pescara aveva respinto l’istanza di risoluzione del concordato ex art. 186 L. Fall. e contestuale dichiarazione di fallimento della società ABP Costruzioni Edili s.r.l., che la Lady Moon Spv s.r.l. (cessionaria del credito ipotecario della Banca delle Marche s.p.a.) aveva proposto in data 05/04/2018, per inadempimento delle obbligazioni concordatarie assunte, stante la scadenza del termine di pagamento stabilito nel decreto di omologa del concordato preventivo “sena che i creditori fossero stati soddisfatti, se non in percentuale irrisoria” e senza che l’assuntore Proedil Service s.r.l. avesse “ancora provveduto all’ultimazione dei fabbricati in corso di costruzione””;

1.1. in particolare, dagli atti di causa risulta che: i) nel decreto del 02/07/2014 di omologa del concordato preventivo della ABP, il Tribunale di Pescara aveva affermato che la proposta consisteva “sostanzialmente nella cessione dei beni della società creditrice”, con impegno a porre a disposizione dei creditori un importo di Euro 6.836.986,00 più Euro 347.704,9 e contestuale obbligo dell’assuntore Proedil di procedere “all’ultimazione dei lavori entro 3 anni dall’omologa ed alla vendita”, con la fideiussione prestata dalla Imar Costruzioni s.r.l.; solo in data 15/09/2016 la ABP, per dare esecuzione al concordato, aveva concluso con la Proedil un preliminare di vendita di tutti gli immobili al prezzo di Euro 7.184.691,69 mediante accollo non liberatorio dei debiti concordatari; in data 13/09/2017 ABP aveva chiesto una proroga, considerando che il concordato era “stato omologato prevedendo un termine massimo di anni 3, scadenti il 17 settembre 2017, conformemente all’istanza”, ma il giudice delegato aveva dichiarato “non luogo a provvedere” sull’istanza; iv) con relazione del 02/11/2017 il commissario e il liquidatore giudiziale avevano affermato che lo stato di avanzamento dei lavori era compreso tra l’85% e il 90% e che “alla data del 17 settembre 2017, data di scaderqa del termine dei 3 anni, sono stati alienati solo 2 appartamenti ed un garage a fronte di una moltitudine di unità immobiliari da alienare”, sicché “i creditori saranno soddisfatti in un periodo di tempo superiore rispetto alle condizioni indicate nel piano concordatario”;

1.2. il Tribunale di Pescara aveva però rigettato il ricorso ex art. 186 L. Fall. ritenendo che i tempi di adempimento costituissero solo uno dei parametri del giudizio di non scarsa importanza dell’inadempimento del debitore concordatario e che nel caso di specie, pur essendo decorso il termine di tre anni dall’omologa previsto per l’ultimazione dei lavori (costruzione immobili) da parte dell’assuntore, gli immobili erano stati ormai quasi completati, con stipulazione di preliminari di vendita, per cui i creditori ipotecari sarebbero stati presto soddisfatti nella misura concordataria del 55,45%, fermo restando che l’attivo concordatario stimato risultava superiore al passivo nella misura di Euro 485.694,57;

1.3. nel rigettare il reclamo ex art. 26 L. Fall., la Corte di appello dell’Aquila ha osservato; i) che il concordato preventivo “in realtà è un concordato misto nel quale il pagamento nei tre anni era ed è condizionato alla ultimazione e vendita degli immobili da parte dell’assuntrice”, per cui “nessuna responsabilità per il ritardo può essere ascritta alla ABP”; ii) che “la particolare natura del piano rende evidente che il termine non poteva considerarsi perentorio”; iii) che l’istanza di proroga non aveva valore confessorio; iv) che “la gravità dell’inadempimento è rilevante soltanto se le somme potranno risultare insufficienti a soddisfare una frazione non simbolica dei creditori chirografari ed integralmente (se previsto dal piano) i privilegiati”; v) che la “natura mista del concordato preventivo in cui l’assuntore ha il compito di liquidare gli immobili, senza liberazione immediata del debitore”, induce a interpretare la proposta nel senso che “la scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato (..) va certamente fatta coincidere con il compimento delle attività liquidatorie, in sostanza come nel caso di cessio bonorum”; vi) che quindi non vi è la lamentata “lesione del diritto di riproporre in futuro istanza di risoluzione” per decorso dell’anno ex art. 186 L. Fall.;

1.4. avverso detto decreto, la Link Asi Limited (cui in corso di causa è subentrata la SPV Project 1713 S.r.l., come da “atto di costituzione in sostituzione processuale ex art. 111 c.p.c.” del 02/04/2021) ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui ABP Costruzioni Edili e IMR Costruzioni hanno resistito con separati controricorsi;

2. a seguito del deposito della proposta ex art. 380-bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

CONSIDERATO

che:

2.1. con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., in quanto la corte d’appello, nell’affermare che il concordato de quo ha natura mista, avrebbe violato il giudicato interno sulla qualifica attribuitagli dal tribunale in sede di omologa (“la proposta consiste sostanzialmente nella cessione dei beni della società creditrice” e la messa a disposizione degli immobili è tesa a “procedere all’ultimazione dei lavori entro 3 anni dall’omologa ed alla vendita”); in realtà il concordato sarebbe “classificabile nel differente tipo della “cessione di beni” con garanzia, con conseguente rilevanza – e non irrilevanza – degli impegni assunti dalla proponente in ordine alla messa a disposizione di una ben determinata somma entro la tempistica specificamente indicata nel medesimo provvedimento”;

2.2. il secondo mezzo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 137,186 L. Fall. e dell’art. 24 Cost., poiché, secondo una granitica giurisprudenza di legittimità, “solo nel caso in cui non sia stata fissata, nel concordato, la data di scadenza dell’ultimo pagamento, il termine ed art. 186 L. Fall. decorre dall’esaurimento delle operazioni di liquidazione”;

2.3. il terzo motivo denuncia la “manifesta e irriducibile contraddittorietà della motivazione sulla corretta qualificazione del concordato preventivo” (art. 360 c.p.c., n. 5), laddove si afferma trattarsi di “cessione con garanzia” rientrante nel genus della “cessione dei beni” che prevede “pagamento in misura e in tempi predeterminati”;

2.4. con il quarto mezzo ci si duole infine “carenza ed illogicità della motivazione, anche per attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune” (art. 360 c.p.c., n. 5) e si osserva che, “sull’asserito concorso del creditore ipotecario nel ritardo”, il tribunale non aveva menzionato il rifiuto del creditore ipotecario di assentire alla stipula dei contratti definitivi tra la ABP e i promissari acquirenti, mentre la corte d’appello ne aveva trattato come di circostanza pacifica e non contestata (sulla quale la reclamante aveva “glissato”);

4. il ricorso è inammissibile;

4.1. il primo motivo non coglie la ratio decidendi del decreto impugnato, finendo sostanzialmente per concordare con il giudice del reclamo che si tratterebbe di un concordato misto (cessione dei beni più garanzia), senza mai indicare esattamente quale sarebbe la tempistica dei pagamenti, essendo riportato in ricorso solo il riferimento al termine di tre anni per l’ultimazione dei lavori, con conseguente difetto di autosufficienza della censura;

4.2. analogo difetto inficia il secondo mezzo, che ancora una volta non coglie il senso della decisione della corte territoriale, la quale ha appunto rilevato che, in mancanza di una indicazione della tempistica per i pagamenti, il termine annuale di decadenza per la proposizione della domanda di risoluzione del concordato decorrerebbe dalla liquidazione dei beni, non risultando perciò preclusa la possibilità di agire per la risoluzione;

4.3. anche il terzo motivo risente dell’evidenziato difetto di specificità, stante la mancata indicazione della “tempistica ben definita” cui si fa riferimento a pag. 14 e ss. del ricorso, restando perciò segnalato solo il termine di tre anni per l’ultimazione dei lavori, null’altro sapendosi circa la condotta dell’assuntore in relazione all’accollo dei debiti concordatari contestuale al preliminare di vendita degli immobili;

4.4. infine il quarto mezzo, oltre ad essere formulato (come il precedente) in difformità dai parametri del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, attiene al merito della vicenda, peraltro con alcune imprecisioni che emergono dallo stesso tessuto argomentativo della censura (ad es. a pag. 18 del ricorso si richiama un passaggio della motivazione del tribunale su “l’atteggiamento ostativo perpetrato dalla lady Moon”, salvo darne una propria autonoma interpretazione, che però non può costituire oggetto di valutazione nel giudizio di legittimità);

5. segue la declaratoria di inammissibilità con condanna alle spese, liquidate come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna delle due parti controricorrenti, in Euro 7.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 100,00 ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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