LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11007-2020 proposto da:
F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ESPOSITO MARCO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –
contro
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI MILANO;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1608/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 29/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. NAZZICONE LOREDANA.
RILEVATO
– che viene proposto ricorso avverso la decisione della Corte d’appello di Milano del 29.3.2018, che ha respinto l’impugnazione avverso la decisione di primo grado, a sua volta reiettiva del ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;
– che non svolge difese il Ministero intimato, costituitosi solo per la partecipazione alla discussione in udienza;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
– che i motivi deducono:
1) violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ed omesso esame, per avere ritenuto il richiedente non credibile e non avere esaminato la situazione di corruzione in Senegal ed il sistema carcerario di tale paese;
2) violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in quanto la corte non ha operato una valutazione individuale della situazione del richiedente, senza esame comparativo tra i Paesi;
– che il ricorso è inammissibile;
– che il giudice del merito ha ritenuto come i fatti narrati dal richiedente, cittadino del Senegal, oltre a palesarne la completa inattendibilità ed inveridicità (attese le incongruenze, ivi riportate, afferenti fatti centrali e non di dettaglio, già ravvisate dalla commissione territoriale) non integrino i presupposti del diritto al rifugio e della protezione sussidiaria, né esistendo nel paese una situazione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. t), sulla base di completi e recenti rapporti internazionali e fonti riconosciute, esaminati dal giudice, il quale ha svolto un’ampia e dettagliata motivazione, che dà conto della situazione attuale del paese di origine; infine, ha escluso la sussistenza di qualsiasi situazione persino allegata di particolare vulnerabilità, esaminandone la situazione, come dedotta, che neppure in astratto contiene deduzioni che possano rappresentare una particolare vulnerabilità individuale;
– che la stessa assoluta vaghezza caratterizza l’odierno ricorso, ampiamente incentrato su deduzioni generalissime, senza nessuna indicazione neppure quanto alle situazioni soggettive che integrerebbero il presupposto della protezione umanitaria;
– che, dunque, il richiedente neppure in questa sede indica le ragioni della dedotta condizione di vulnerabilità, mentre l’ampia motivazione del provvedimento impugnato palesa come il Tribunale abbia approfonditamente esaminato la situazione del soggetto, ritenendo il racconto: a) non credibile; b) non idoneo comunque, dato il narrato, a rivelare la sussistenza dei presupposti previsti per la concessione della protezione;
– che, pertanto, anzitutto e radicalmente il provvedimento impugnato non ha ritenuto il ricorrente credibile: ed, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni su zcientemente specifiche e circostanziate” (Cass., ord. 30 ottobre 2018, n. 27503) e che “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio o zcioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fòrnire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; v. pure Cass., ord. 5 febbraio 2019, n. 3340);
– che, oltre a ciò, si rileva come la motivazione del provvedimento impugnato si sia trattenuta sulle condizioni generali della regione di provenienza del ricorrente, operando puntuale riferimento alle accreditate fonti internazionali consultate e ribadendo che non si tratti di territorio dove il livello di violenza è tale per cui un civile è esposto ad un rischio grave indipendentemente da qualsiasi coinvolgimento differenziato e statuendo, pertanto, circa l’insussistenza dei presupposti che debbono necessariamente rilevarsi per il riconoscimento della protezione sussidiaria (Cass. n. 16202/2015);
– che, inoltre, il giudice di merito ha escluso la ricorrenza di situazioni idonee a fondare l’accoglimento della domanda di protezione umanitaria, sul corretto – e conforme alla giurisprudenza di legittimità – presupposto per cui il soggetto è non credibile, e del resto non è dimostrato nessun radicamento, né sono addotte ragioni di speciale vulnerabilità;
– che, avendo il giudice del merito compiutamente approfondito l’esame in fatto della situazione nel rispetto dei principi enunciati da questa Corte in materia ed esponendo le ragioni per le quali ha reputato il richiedente privo dei requisiti idonei al riconoscimento dello status, nessuna censura può essere promossa in questa sede, trattandosi, per l’appunto, di valutazioni fattuali non sindacabili dinanzi al giudice di legittimità;
– che non è necessario provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021