Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26412 del 29/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11261-2020 proposto da:

D.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MAURO NICOLETTA MARIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 2070/2020 del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 20/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. NAZZICONE LOREDANA.

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Lecce del 20 aprile 2020, il quale ha respinto il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che il Ministero intimato si costituisce ai fini della partecipazione alla eventuale udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

– che i motivi deducono:

1) “violazione di legge” e vizio di motivazione apparente, avendo il tribunale ritenuto il richiedente non credibile;

2) omesso esame di fatto decisivo, consistente nel rischio del ricorrente di subire violazioni dei diritti umani in Bangladesh, paese esposto anche a disastri naturali;

– che il giudice del merito ha ritenuto come i fatti narrati dal richiedente, cittadino del Bangladesh, non integrino neppure in astratto i presupposti del diritto al rifugio e della protezione sussidiaria, non avendo egli allegato vicende sussumibili nelle fattispecie varie di protezione (si tratta di un racconto che evidenzia solo questioni personali e difficoltà economiche), né esistendo nel paese una situazione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), sulla base di completi e recentissimi rapporti internazionali e fonti riconosciute, esaminati dal giudice, il quale ha svolto un’amplissima e dettagliata motivazione, che dà conto della situazione attuale del paese di origine; infine, ha escluso la sussistenza di qualsiasi situazione persino allegata di particolare vulnerabilità, esaminandone la situazione, come dedotta, né ravvisando l’integrazione nel contesto italiano per la sola prestazione di un lavoro per sei settimane;

– che il ricorso è manifestamente inammissibile;

– che il motivo difetta della stessa indicazione di un vizio appena riscontrabile nella decisione impugnata, senza cogliere la ratio decidendi della sentenza, la quale ha ritenuto assente persino l’allegazione di fatti in astratto integranti le forme di protezione richiesta, onde si scontra con l’evidenza di una lunga e completa motivazione del giudice del merito;

– che, in definitiva, sotto il velo della denuncia di violazione di legge, il ricorrente ha in realtà inteso rimettere inammissibilmente in discussione l’accertamento di merito svolto;

– che non occorre provvedere sulle spese.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021

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