Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.26566 del 30/09/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19437/2014 proposto da:

EUROMEK s.r.l., in persona del legala rappresentante G.C., rappresentata e difesa dagli Avvocati MAURO ZENATTO, e ANTONINO BOSCO, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in ROMA, VIA SESTIO CALVINO 33;

– ricorrente –

contro

STM s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 879/2016 della CORTE d’APPELLO di VENEZIA pubblicata il 19/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 13/05/2021 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

FATTI DI CAUSA

A fronte della richiesta, svolta in via monitoria, da EUROMEK s.r.l. e diretta a conseguire il residuo corrispettivo per la fornitura di due stampi (modulo 35 e coprichiave) di cui alle fatture nn. *****, STM s.r.l. proponeva opposizione, eccependo che lo stampo “coprichiave” di cui alla fattura n. ***** non era stato mai consegnato e che l’altro stampo (modulo 35, fattura n. *****) presentava tanti e tali vizi che aveva dovuto sostenere la spesa di Euro 3.660,00 per provvedere alla loro eliminazione.

La convenuta opposta invocava l’eccezione di inadempimento nei riguardi della fornitura dello stampo coprichiave ed eccepiva la decadenza dall’azione di garanzia quanto alla realizzazione dell’altro stampo (modulo 35).

Con sentenza n. 2311/2010, depositata in data 25.10.2010, il Tribunale di Padova respingeva l’opposizione al decreto ingiuntivo ritenendo maturata la decadenza dall’azione di garanzia per tardività della denuncia.

Avverso detta sentenza proponeva appello STM s.r.l., chiedendo che fosse revocato il decreto ingiuntivo e accolte le domande formulate in prime cure dall’appellante.

Si costituiva in giudizio EUROMEK s.r.l., eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello e chiedendo, nel merito, la conferma della sentenza gravata.

Con sentenza n. 879/2016, depositata in data 19.4.2016, la Corte d’Appello di Venezia revocava il decreto ingiuntivo opposto; dichiarava risolto per inadempimento della EUROMEK s.r.l. il contratto avente a oggetto lo stampo “coprichiave” di cui alla fattura n. ***** e dichiarava che nulla spettava a EUROMEK s.r.l. a titolo di corrispettivo e condannava la medesima a restituire a STM s.r.l. la somma di Euro 4.070,00, oltre interessi al tasso legale pro tempore vigente dalla data di ricevimento della somma a quella della restituzione; accertato l’inadempimento di EUROMEK s.r.l. nella realizzazione dello stampo “modulo 35” dichiarava tenuta la stessa a risarcire a STM s.r.l. il danno liquidato in Euro 3.660,00 e, operata la compensazione con il residuo corrispettivo di Euro 4.400,00, dichiarava tenuta e condannava STM a pagare a EUROMEK la differenza, pari a Euro 740,00; condannava l’appellante al pagamento delle spese di lite dei due gradi di giudizio.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la EUROMEK s.r.l. sulla base di tre motivi. La società STM è rimasta intimata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la “Violazione art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto, artt. 2226-1495 c.c.”, rilevando di avere immediatamente eccepito, con la comparsa di costituzione depositata in primo grado, l’omessa o tardiva contestazione dei vizi, con la conseguente decadenza della STM s.r.l. dal diritto di garanzia, nonché dal diritto di chiedere il risarcimento del danno per asserito inadempimento contrattuale. Ne’ il fatto che non si trattasse dello stampo completo ma solo di un modello campione rileva come difesa trattandosi in tutta evidenza dello stesso oggetto; sottolineandosi infine che nessun riconoscimento di responsabilità fosse ravvisabile dal doc. 20, essendo errato ritenere che tale documento esonerasse la STM dall’onere della prova sulla tempestiva denuncia dei vizi.

1.1. – Il motivo non è fondato.

1.2. – La stessa società ricorrente affermava che la STM avesse ricevuto in data 5.9.2005 un modello dello stampo, mentre la prima contestazione era stata fatta solo il 25.11.2005, ben oltre il termine di otto giorni.

In particolare, la Corte territoriale accertava che EUROMEK non avesse adempiuto al contratto avente a oggetto la realizzazione dello stampo “coprichiave”, per il quale aveva ricevuto la somma di Euro 4.070,00; per cui, essendo indiscussa la mancata consegna del suddetto stampo, si doveva di conseguenza ritenere sussistente l’inadempimento grave dell’appaltatore alla sua fondamentale obbligazione. Da ciò, si traeva la fondatezza della domanda riconvenzionale della committente, diretta a ottenere la risoluzione del contratto di appalto de quo. Pertanto, la dazione della somma a titolo di anticipo del corrispettivo effettuata da STM, a seguito della risoluzione del contratto, non aveva più alcun titolo, onde la domanda restitutoria avanzata dall’appellante meritava accoglimento.

Correttamente, dunque, la Corte lagunare poneva in rilievo il fatto che la EUROMEK non avesse mai contestato di non aver prodotto lo stampo “coprichiave”; e che fosse circostanza risultante dalla disamina degli atti del primo grado, nel corso del quale non solo non aveva contestato la circostanza di non averlo consegnato, ma aveva espressamente addotto di non averlo consegnato (invocando a giustificazione l’eccezione di inadempimento con riguardo al pagamento per la realizzazione dell’altro stampo). Ne restava certo che EUROMEK non avesse adempiuto al contratto avente ad oggetto la realizzazione dello stampo “coprichiave” (di cui alla fattura *****), per il quale aveva ricevuto la somma di Euro 4.070,00 (come era pacifico in causa); tattandosi di valutare l’eccezione di inadempmento, sollevata dall’appellata con riguardo al mancato pagamento da parte di STM del corrispettivo per la realizzazione dell’altro stampo.

La disposizione normativa richiamata era, dunque, chiara nell’autorizzare la parte non inadempiente al rifiuto della propria prestazione in caso di mancato adempimento della controprestazione, e non già della prestazione attinente ad un diverso rapporto obbligatorio inter partes.

Inoltre, con riferimento alla questione relativa alla fornitura dello stampo “modulo 35”, la Corte di merito rilevava che fosse chiara l’erronea valutazione del Tribunale, che aveva confuso l’invio da parte della STM del modello di stampo da realizzare, con la consegna del prodotto finale, avvenuta in data 25.11.2005, lo stesso giorno in cui la STM evidenziava la presenza di difetti: era da escludere, quindi, qualsiasi decadenza dall’azione di garanzia. Accertata l’esistenza di difetti negli stampi realizzati dalla EUROMEK, appurato il costo sostenuto dalla STM per provvedere alla loro eliminazione, risultava fondata la domanda dell’appellante diretta a ottenere il risarcimento del danno, corrispondente alle somme sborsate per rimediate ai vizi e pari a Euro 3.660,00.

1.3. – Infine, la Corte d’appello era esente da censure quanto alla interpretazione del contenuto del fax in data 7 aprile 2006 (doc. 20) nel quale la ricorrente riconosciuta una responsabilità nei vizi dello stampo (“pure avendo accettato la nostra responsabilità1 ne “contestualizzava il messaggio”, attraverso una sua lettura extra testuale dello scritto, di cui peraltro non aveva contestato la provenienza; sostanziandosi tutto ciò in una richiesta di riesame della valutazione delle risultanze istruttorie operata dalla Corte distrettuale, che viceversa risulta congrua e plausibile.

Vale, dunque, il consolidato principio secondo cui l’apprezzamento del giudice di merito, nel porre a fondamento della propria decisione una argomentazione, tratta dalla analisi di fonti di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e le circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (ex plurimis, Cass. n. 9275 del 2018; Cass. n. 5939 del 2018; Cass. n. 16056 del 2016; Cass. n. 15927 del 2016). Sono infatti riservate al Giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta tra le risultanze probatorie di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, (Cass. n. 1359 del 2014; Cass. n. 16716 del 2013).

Al contrario, così come articolate, le censure portate dal motivo si risolvono sostanzialmente nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso del procedimento e come argomentate dalla parte, così mostrando la ricorrente di anelare ad una impropria trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dalla Corte di merito non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata; quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora porsi dinanzi al giudice di legittimità (Cass. n. 5939 del 2018).

2.1. – Con il secondo motivo, la società ricorrente deduce la “Violazione art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione o falsa applicazione art. 2697 c.c.”, giacché la presenza di vizi sugli stampi consegnati sarebbe una mera affermazione della STM, priva di qualsiasi riscontro probatorio. La STM non solo non aveva ha prodotto o richiesto una perizia tecnica, ma non aveva neppure richiesto un accertamento tecnico preventivo. Laddove, a fronte della specifica contestazione di EUROMEK, era preciso onere probatorio della odierna resistente dare piena e compiuta prova dei presunti vizi.

2.2. – Con il terzo motivo, la ricorrente eccepisce la “Violazione art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Violazione o falsa applicazione art. 1460 c.c.”. La STM affermava che lo stampo cd. “coprichiave” non era stato consegnato e che quindi non era tenuta a provvedere al pagamento. Invero, lo stampo non era stato consegnato per il mancato adempimento della resistente alle sue obbligazioni. Nella fattispecie, la EUROMEK ha aspettato per oltre un anno il pagamento del saldo per l’opera svolta (fatto non contestato ma giustificato da STM per i presunti difetti), ma senza esito, per cui nessuna censura può essere mossa alla società ricorrente.

3. – I motivi secondo e terzo vanno contestualmente esaminati e decisi.

3.1. – I motivi sono infondati.

3.2. – Va premesso che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea valutazione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (peraltro, entro i limiti del paradigma previsto dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. n. 24054 del 2017; ex plurimis, Cass. n. 24155 del 2017; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2016).

Quando nel ricorso per cassazione viene denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il vulnus deve essere dedotto, a pena d’inammissibilità, mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 15177 del 2002; Cass. n. 1317 del 2004; Cass. n. 635 del 2015). Risulta, quindi, inammissibile, la deduzione di errori di diritto configurati (come nella specie) per mezzo della sola indicazione delle norme pretesamente violate, ma non dimostrati attraverso una circostanziata critica delle soluzioni concrete adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata (Cass. n. 11501 del 2006; Cass. n. 828 del 2007; Cass. n. 5353 del 2007; Cass. n. 10295 del 2007; Cass. 2831 del 2009; Cass. n. 24298 del 2016).

3.3. – Vale la affermazione secondo la quale, in tema di garanzia per vizi dell’appalto, è l’accettazione e non la mera consegna dell’opera a segnare il discrimine ai fini della distribuzione dell’onere della prova, nel senso che, finché l’opera non sia stata accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell’esistenza dei vizi, gravando sull’appaltatore l’onere di provare di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte.

Va osservato quindi (come correttamente ritenuto fatto proprio dalla committente) che, se prima dell’accettazione dell’opera non v’e’ onere di denuncia per il committente, soltanto dopo la consegna e l’accettazione (espressa o tacita) trova applicazione la disciplina di cui all’art. 1667 c.c. (Cass. n. 19146 del 2013; cfr. Cass. n. 14584 del 2004). Dunque, il consolidato principio di legittimità secondo cui, “in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione). Anche nel caso in cui sia dedotto non l’inadempimento dell’obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto, esatto adempimento” (Cass., sez. un., n. 13533 del 2001; ex plurimis, Cass. n. 18202 del 2020; Cass. n. 18200 del 2020).

3.4. – Peraltro, come già ribadito da questa Corte (Cass. n. 98 del 2019), nel caso in cui si versi in una situazione di inadempimento contrattuale di appalto, spetta all’appaltatore, che agisca in giudizio per ottenere il pagamento del corrispettivo, l’onere della prova dell’esatto adempimento della propria obbligazione, nel momento in cui il committente abbia eccepito l’inadempimento (cfr. anche Cass. n. 936 del 2010; Cass. n. 3472 del 2008). Valido essendo altresì il principio (Cass. n. 19146 del 2013) secondo la quale, in tema di garanzia per vizi dell’appalto, è l’accettazione e non la mera consegna dell’opera a segnare il discrimine ai fini della distribuzione dell’onere della prova, nel senso che, finché l’opera non sia stata accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell’esistenza dei vizi, gravando sull’appaltatore l’onere di provare di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte. Osservava quindi il Tribunale che, se prima dell’accettazione dell’opera non v’e’ onere di denuncia per il committente, soltanto dopo la consegna e l’accettazione (espressa o tacita) trova applicazione la disciplina di cui all’art. 1667 c.c. (Cass. n. 19146 del 2013; cfr. Cass. n. 14584 del 2004).

4. – In definitiva, la Corte di merito rilevava come fosse chiara l’erroneità della valutazione del Tribunale, che aveva confuso l’invio da parte della STM del modello di stampo da realizzare con la consegna del prodotto finale, avvenuta in data *****, lo stesso giorno in cui la STM evidenziava la presenza di difetti: era da escludere, quindi, qualsiasi decadenza dall’azione di garanzia.

Inoltre, accertata l’esistenza di difetti negli stampi realizzati dalla EUROMEK, appurato il costo sostenuto dalla STM per provvedere alla loro eliminazione, risultava fondata la domanda dell’appellante medesima diretta a ottenere il risarcimento del danno, corrispondente alle somme sborsate per rimediate ai vizi e pari a Euro 3.660,00 (sentenza, pag. 5).

5. – Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla per le spese in assenza di costituzione in giudizio della intimata società STM s.r.l. Va emessa la dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472