LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5055/2016 proposto da:
M.R., M.A., M.C., Ma.An., M.G., Ma.Gi., M.S., nella qualità di eredi di T.R., domiciliati in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Ferraù Giovanni, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Casa di Cura Latteri S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Emilio Faà di Bruno n. 52, presso lo studio dell’avvocato Zacca Gianfranco, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Zummo Daniele, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
Ministero della Salute, Generali Italia S.p.a.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1267/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 31/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/05/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 482/2010 depositata il 30-1-2010 il Tribunale di Palermo rigettava le domande proposte da T.R. nei confronti della Casa di Cura Latteri s.r.l. e del Ministero della Salute, con la chiamata in causa di Generali Italia s.p.a., diretta ad ottenere il risarcimento del danno subito per aver contratto epatite virale cronica correlata in conseguenza delle emotrasfusioni eseguite presso la casa di Cura Latteri s.r.l. in data *****.
2. Con sentenza n. 1267/2015 depositata il 31-8-2015, la Corte d’Appello di Palermo ha dichiarato inammisssibile l’appello proposto da M.R., M.A., M.C., Ma.An., M.G., Ma.Gi. e M.S. avverso la citata sentenza del Tribunale di Palermo. La Corte d’appello ha ritenuto non dimostrata dagli appellanti la loro qualità di eredi di T.R. ed ha pertanto dichiarato non sussistente la legittimazione degli stessi ad impugnare la sentenza di primo grado. La Corte di merito ha rilevato che, nel termine assegnato ai suddetti appellanti per consentire loro di dimostrare la qualità di eredi, questi ultimi avevano depositato un certificato di stato di famiglia rilasciato il 15-3-2011 dal Comune di Catania, e ha ritenuto che detto documento, dal quale neppure risultava il grado di parentela, fosse inidoneo a provare chi fossero gli eredi della T., nonché che fosse tardiva l’ulteriore produzione documentale (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e certificato integrale di stato di famiglia) depositata dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni e in allegato alla comparsa conclusionale, richiamando, in punto tardività della produzione, la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 25655/2014).
3. Avverso questa sentenza, M.R., M.A., M.C., Ma.An., M.G., Ma.Gi. e M.S. propongono ricorso affidato a due motivi, resistito con controricorso dalla Casa di Cura Latteri s.r.l.. Le altre parti sono rimaste intimate.
4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c.. I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano “violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, artt. 474,476,2697 c.c.. Error in iudicando. Qualità ereditaria degli appellanti. Accettazione tacita dell’eredità. Proposizione dell’appello. Esercizio di un diritto successorio”. Deducono che la proposizione dell’appello si configura come accettazione tacita di eredità, compatibile unicamente con il loro dichiarato status di eredi, e che grava su chi contesti la qualità di erede l’onere di eccepire la mancata accettazione dell’eredità ed eventualmente i fatti idonei ad escludere l’accettazione tacita, come da giurisprudenza di questa Corte che richiamano. La prosecuzione dell’azione giudiziaria intrapresa dalla de cuius era stata effettuata, mediante la proposizione dell’appello, dagli attuali ricorrenti, coniuge ( M.S.) e figli (tutti gli altri) della T., quale atto implicante accettazione tacita dell’eredità e la Corte di merito era pertanto incorsa nella violazione degli articoli indicati in rubrica.
2. Con il secondo motivo denunciano “Error in procedendo. Violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, artt. 83,110,115,116 e 125 c.p.c.. Mancata valutazione degli elementi di prova e degli atti di causa. Legitimatio ad causam”. Lamentano che la Corte territoriale abbia errato nel valutare la produzione documentale tempestivamente depositata in giudizio, da cui risultava sia il decesso della T. sia l’appartenenza di tutti gli appellanti alla stessa famiglia anagrafica. Inoltre, ad avviso dei ricorrenti, erroneamente la Corte di merito non ha considerato che il possesso della qualità di eredi era stato oggetto di esplicita dichiarazione debitamente sottoscritta dagli interessati mediante la sottoscrizione della procura alle liti a margine dell’atto di appello. Richiamano la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la qualità di erede può essere provata in sede processuale mediante la produzione di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e ribadiscono che la proposizione dell’appello implica ex se l’esercizio di un diritto ereditario.
3. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro evidente connessione, sono in parte infondati e in parte inammissibili.
3.1. E’ infondata la censura, espressa con il primo motivo, relativa alla violazione dell’art. 2967 c.c.. Secondo l’orientamento di questa Corte a cui il Collegio intende dare continuità, colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio civile pendente tra altre persone, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione, o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell’art. 2697 c.c., oltre che del decesso della parte originaria, anche della sua qualità di erede di quest’ultima (Cass. S.U. n. 12065/2014; Cass. n. 8973/2020 e Cass. n. 11276/2018).
La Corte territoriale si è attenuta a detto principio e il vizio denunciato è insussistente.
3.2. Tutte le altre doglianze, oltre che espresse in modo non lineare e con una commistione indistinta dei vizi denunciati, sono inammissibili sia perché non si confrontano specificamente con il chiaro percorso argomentativo della sentenza impugnata, sia perché si risolvono in un’impropria richiesta di rivalutazione delle risultanze probatorie e del merito.
La Corte territoriale, partendo dalla premessa, corretta per quanto si è detto, che fosse onere degli appellanti provare la loro qualità di eredi, ha, motivatamente, ritenuto che gli attuali ricorrenti non avessero fornito detta dimostrazione. In particolare ha affermato che, a fronte della contestazione, sollevata da Generali Italia s.p.a., circa la legittimazione ad impugnare degli appellanti, in qualità di eredi dell’originaria attrice T.R., e della concessione di un termine agli stessi per fornire la relativa dimostrazione, era stato ritualmente prodotto un documento del tutto inidoneo a provare chi fossero gli eredi della T. e da cui neppure risultava il grado di parentela. La Corte d’appello ha, inoltre, affermato che era da ritenersi tardiva, e dunque inammissibile, la successiva produzione, in allegato alla comparsa conclusionale, della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e di un certificato integrale di stato di famiglia.
Rispetto a tali puntuali argomentazioni i ricorrenti non svolgono una critica specifica, ma considerazioni non pertinenti al decisum, richiamando i principi in tema di accettazione tacita di eredità, anche mediante comportamenti processuali, ossia con il rilascio di procura alle liti al difensore per l’impugnazione e mediante la stessa proposizione dell’appello, sul presupposto dell’esistenza di un loro “titolo legale”, nella specie, invece, ritenuto, dalla Corte di merito non dimostrato, in assenza finanche della prova del grado di parentela degli attuali ricorrenti con la de cuius.
Neppure può sostenersi, contrariamente a quanto affermano i ricorrenti, che non fosse agli stessi imputabile il fatto che nel certificato di stato di famiglia non fosse indicato il grado di parentela, atteso che, invece, era precipuo onere degli stessi dare idonea prova, nel termine all’uopo assegnato, della loro qualità di eredi, scegliendo e selezionando le risultanze istruttorie più adeguate.
Non si rinviene in ricorso alcuna censura in ordine alla decisione di inammissibilità per tardività della documentazione prodotta dai ricorrenti, già appellanti, in allegato alla comparsa conclusionale. Infine sono inammissibili anche le doglianze aventi ad oggetto la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., che non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (tra le tante Cass. n. 1229/2019).
4. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese del presente giudizio, nel rapporto processuale con la parte costituita, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, mentre nulla deve disporsi nei confronti delle parti rimaste intimate.
5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione in favore della Casa di Cura Latteri s.r.l. delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021
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