Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.26575 del 30/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5106/2016 proposto da:

Consorzio Consafrag, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Monte Santo n. 25, presso lo studio dell’avvocato Cesaro Luigi, rappresentato e difeso dall’avvocato Sarnataro Carmela, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.G., B.A., elettivamente domiciliate in Roma, Via Costantino Maes n. 68, presso lo studio dell’avvocato Napolitano Francesco, che le rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri – Commissario Straordinario di Governo, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4547/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 24/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/05/2021 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 574/2010 il Tribunale di Napoli, all’esito dell’espletamento di c.t.u. effettuata dall’arch. S., condannava il Consorzio Consafrag al pagamento in favore di B.G. della somma di complessivi Euro 76.992,29 (di cui Lire 225.000 a titolo di risarcimento del danno per la irreversibile trasformazione della parte della Strada interpoderale di sua proprietà e Lire 90.481.691 per il deprezzamento del proprio fondo per effetto dell’interclusione) ed in favore di B.A. della somma di Euro “45.4765,17” (di cui Lire 225.000 a titolo di risarcimento del danno per la irreversibile trasformazione della parte della strada interpoderale di sua proprietà e Lire 53.576.815 per la diminuzione del valore del fondò per effetto dell’interclusione), oltre interessi al tasso annuo del 2,5% da calcolare su dette somme devalutate al momento dei fatto e quindi via via rivalutate, mese per mese, sino alla data della sentenza ed oltre i soli interessi legali dalla sentenza al soddisfo, ponendo a carico del Consorzio le spese di ctu nonché il pagamento delle spese processuali sostenute dalle attrici.

2. Con sentenza n. 4547/2015 depositata il 24-11-2015, la Corte d’Appello di Napoli ha rigettato l’appello incidentale proposto da B.G. e B.A. e, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto dal Consorzio Consafrag, riformando parzialmente la sentenza impugnata, ha condannato il Consorzio appellante al pagamento, in favore di B.G., della somma di Euro 46.736,41, oltre rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT, dal gennaio 1991 alla data di pubblicazione della sentenza, ed interessi legali sull’importo predetto rivalutato anno per anno con decorrenza dal gennaio 1991 fino al saldo effettivo, ed in favore di B.A. della somma di Euro 39.328,00, oltre rivalutazione monetaria secondo indici ISTAT, dal gennaio 1991 alla data di pubblicazione della sentenza, ed interessi legali sull’importo predetto rivalutato anno per anno con decorrenza dal gennaio 1991 fino al saldo effettivo, nonché oltre interessi legali sulle suddette somme dalla pubblicazione della sentenza al saldo. La Corte di merito, per quanto ancora di interesse, ha affermato che: i) la valutazione dei suoli oggetto di causa effettuata dal Tribunale tenendo conto dell’interclusione determinata dall’installazione dei piloni dell’asse viario era corretta, considerato, per un verso, che l’area tra i piloni era stata acquisita in proprietà alla Regione per effetto di accessione invertita, come accertato dal Tribunale con statuizione non censurata in appello, e, per altro verso, che era giuridicamente irrilevante il passaggio di fatto sul terreno limitrofo di proprietà aliena ovvero sulla strada di proprietà della Regione, richiamati i principi espressi da questa Corte (Cass. n. 12819/2013), secondo cui l’interclusione sussiste se ed in quanto l’unità immobiliare dominante sia circondata da terreno di proprietà aliena, di guisa che il passaggio non possa essere attuato se non con sacrificio del diritto altrui; ii) nella valutazione del fondo di B.A. non poteva tenersi conto dell’immobile su di esso esistente, che era abusivo all’atto della realizzazione dell’opera pubblica avvenuta nel 1991-1992, poiché la concessione in sanatoria era stata rilasciata nel 2000; iii) la C.T.U. espletata in secondo grado era inutilizzabile perché effettuata sull’erroneo presupposto che i fondi non fossero interclusi e pertanto la valutazione doveva essere effettuata in base alle risultanze della C.T.U. espletata in primo grado, senza tenere conto dell’immobile abusivo esistente sul fondo di B.A., applicando una percentuale di abbattimento del valore, in ragione dell’interclusione, del 25% per i suoli di entrambe le originarie attrici, aventi medesime destinazioni agricole e caratteristiche intrinseche; iv) non erano dovuti gli interessi compensativi per il ritardato pagamento, in assenza di richiesta formulata in tal senso delle attrici negli atti introduttivi; v) la L. n. 219 del 1981, art. 80, ha introdotto una disciplina speciale e in parte derogatoria rispetto a quella delle espropriazioni e, in forza del ricorso alla concessione traslativa, il concessionario è esclusivo responsabile e unico legittimato passivo anche in ordine alle azioni di risarcimento danno per occupazione acquisititiva, come da giurisprudenza di questa Corte richiamata (Cass. SU n. 6769/2009 e n. 19959/2011); vi) la valutazione dei danni correttamente era stata effettuata dal Tribunale al 1991 e non all’epoca dell’occupazione (1987), per non avere le attrici formulato richieste di danno per diminuzione o violazione del diritto di godimento.

3. Avverso questa sentenza, il Consorzio Consafrag propone ricorso affidato a quattro motivi, resistito con controricorso da B.A. e B.G., che propongono ricorso incidentale affidato a tre motivo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri (di seguito per brevità PCM) – Commissario Straordinario di Governo – si è costituita tardivamente, al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis.1 c.p.c.. Le controricorrenti, ricorrenti in via incidentale, hanno depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi di ricorso principale sono così rubricati: “1. Error in iudicando – contraddittorietà della sentenza emessa dalla Corte d’appello di Napolo (art. 360 c.p.c.) travisamento dei fatti. Violazione degli artt. 1051,1052 e 1055 c.c., violazione dell’art. 42 Cost.; 2. Error in iudicando. Illogicità e contraddittorietà nella motivazione su di un punto decisivo della controversia. Violazione dell’art. 360 c.p.c.; 3. Error in iudicando – Errore di calcolo – travisamento dei fatti su di un punto decisivo della controversia – art. 360 c.p.c.. Violazione della L. n. 291 del 1981. Violazione della L. n. 2359 del 1865; 4. Error in iudicando. Omessa motivazione su di un punto rilevante della controversia emerso in corso di causa e provato documentalmente (art. 360 c.p.c.)”. Con il primo motivo il Consorzio deduce che erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto il fondo intercluso, atteso che non vi era mai stata un’interclusione di fatto, né un impedimento al passaggio, che era stato solo circoscritto dalla presenza dei piloni, come accertato dalla C.T.U. disposta nel giudizio d’appello. Rileva che la Corte di merito aveva accertato l’acquisizione dell’area da parte della Regione Campania, affermando il passaggio in giudicato di detto accertamento effettuato dal Tribunale, ma nel dispositivo della sentenza non aveva dichiarato la suddetta acquisizione, né aveva determinato quale parte della particella ***** ne fosse interessata, lasciando così una vacatio sul punto, non avendo la Regione Campania alcun titolo per trascrivere l’acquisizione per accessione invertita. Sostiene il Consorzio di aver sempre dimostrato nel corso del giudizio la non interclusione della particella *****, che di fatto era liberamente percorribile. Con il secondo motivo deduce che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto la C.T.U. espletata nel giudizio di secondo grado non utilizzabile, in contraddizione rispetto all’ordinanza con cui era formulato il quesito iniziale ed anche quello integrativo. Richiama le risultanze di detta consulenza nella parte in cui era stato accertato che i fondi non avevano subito un’effettiva interclusione di fatto e un impedimento reale al passaggio negli anni. Con il terzo motivo rileva che nella valutazione del danno da diminuzione di valore dei fondi la Corte napoletana avrebbe dovuto tenere conto del fatto che esisteva un passaggio di fatto, avente incidenza sulla reale stima dei fonck, che invece erano stati considerati totalmente interclusi dal 1991. Ad avviso del Consorzio la percentuale di deprezzamento del 25/b esprimeva una valutazione di tipo equitativo poco chiara, anche perché il consulente nominato in primo grado aveva redatto la stima quando il passaggio tra i piloni era ostruito da blocchi di cemento. Evidenzia, inoltre, che la Corte d’appello ha effettuato errori nelle operazioni di calcolo, descritte in ricorso (pag. da 18 a n. 21), sia quanto al deprezzamento, sia quanto agli interessi. Con il quarto motivo il Consorzio lamenta che la Corte di merito non abbia tenuto conto del fatto che B.A. dall’anno 2008 non era più proprietaria dell’immobile realizzato sul fondo di sua proprietà. Deduce che nell’anno 2010, quando aveva iniziato l’azione giudiziaria, la suddetta parte non aveva più la disponibilità dell’immobile, né risultava aver fatto riserva dei diritti in corso di causa, così non avendo interesse all’azione, né diritto al risarcimento, eventualmente da riconoscere, per interessi e rivalutazione, fino all’anno 2008.

2. I motivi primo, secondo e terzo del ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

2.1. In disparte il rilievo della formulazione dei motivi senza l’indicazione precisa del riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito, avendo il Consorzio, nelle rubriche, genericamente richiamato l’art. 360 c.p.c., senza specificazione della tipologia di vizio denunciato e, nell’illustrazione, dedotto in modo non lineare una molteplicità di profili inestricabilmente combinati, non chiaramente collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (tra le tante Cass. n. 11603/2018; Cass. n. 26790/2018; Cass. S.U. n. 8053/2014 e Cass. n. 22598/2018), il fulcro centrale di tutte le doglianze in disamina, ossia l’insussistenza dell’interclusione di fatto e dell’impedimento materiale del passaggio (così principalmente i motivi primo e secondo), è privo di attinenza al percorso argomentativo della sentenza impugnata sul punto.

La Corte d’appello ha, infatti, ritenuto irrilevante, ai fini del decidere, la questione dell’interclusione di fatto, reputando dirimente la sola circostanza che i beni delle B. fossero completamente circondati da fondi di proprietà di altri soggetti, circostanza accertata in fatto anche perché la particella ***** era stata definitivamente acquisita dalla Regione Campania per effetto della realizzazione dell’opera pubblica. Rispetto a detto chiaro iter motivazionale il Consorzio non si confronta, né svolge una critica specifica.

Neppure è conducente l’assunto secondo cui sull’acquisizione di quella particella da parte della Regione Campania non vi sia statuizione nel dispositivo della sentenza impugnata, peraltro non essendovi domanda in quel senso e, anzi, neppure avendo la Regione Campania partecipato al giudizio. Quel fatto (acquisizione del bene da parte della Regione) è stato menzionato nella sentenza impugnata solo perché da esso è dato evincere l’interclusione giuridicamente rilevante.

In altri termini, il dato dirimente posto a fondamento del ragionamento decisorio è quello che tutti i terreni circostanti a quelli delle attrici, ora controricorrenti, fossero di proprietà altrui, da ciò scaturendo l’interclusione, poiché le attrici potevano accedere ai propri fondi solo mediante passaggio su terreni di proprietà aliena.

A fronte dell’accertamento, anche di fatto, svolto sul punto, con motivazione adeguata, dai giudici di merito (cfr. Cass. n. 14/2020), il Consorzio non svolge argomentazioni specifiche a confutazione di quel dato e della correlata questione giuridica di cui si è detto, né sottopone a critica l’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla Corte di merito a sostegno del convincimento espresso.

2.2. Inammissibili perché dirette a sollecitare una rivalutazione delle risultanze probatorie e del merito sono le doglianze relative alla valutazione di stima. In ordine alla mancata condivisione, da parte della Corte d’appello, delle conclusioni di cui alla seconda C.T.U., la Corte di merito ha spiegato le ragioni in base alle quali ha ritenuto inutilizzabile il secondo elaborato peritale, non ricorre il denunciato profilo di contraddittorietà della motivazione rispetto alle ordinanze istruttorie relative al quesito posto al consulente tecnico, formulato, anzi, sul presupposto dell’interclusione, ed invero neppure può ipotizzarsi la rilevanza, nel senso prospettato dal Consorzio, del raffronto tra un incombente istruttorio e il provvedimento decisorio, considerata la netta diversità funzionale e strutturale delle attività processuali sottese agli stessi.

Si risolve in un’impropria richiesta di riesame delle risultanze probatorie e dei fatti anche la censura relativa alla percentuale – 25% – di abbattimento del valore del suolo (terzo motivo), che è stata effettuata dalla Corte territoriale, come riconosce lo stesso Consorzio, mediante una valutazione equitativa sorretta da adeguata motivazione.

La doglianza sulla decorrenza degli interessi dalla data dell’acquisizione della particella ***** da parte della Regione (terzo motivo) è inammissibile per novità e difetto di autosufficienza, poiché non risulta che il Consorzio ne abbia fatto motivo d’appello (cfr. pag. 4 e 5 sentenza) o di rituale deduzione in fatto e in diritto nel giudizio di secondo grado, come eccepito anche dalle controricorrenti. Nel ricorso principale neppure è dedotto che la questione sia stata prospettata nei giudizi di merito, avendo, peraltro, la Corte d’appello affermato, con statuizione non specificamente censurata, che si era formato il giudicato in ordine al fatto che la proprietà della stradina residuata tra i piloni era stata acquisita dalla Regione.

2.3. Quanto ai denunciati errori di calcolo aritmetico o di conteggio (terzo motivo), in ordine agli stessi, in base alla qualificazione che ne dà lo stesso Consorzio affermando trattarsi di una svista nell’operazione effettuata per l’abbattimento del valore e nell’individuazione del coefficiente Istat (vedi pag. 19 e 20 ricorso), non è ammissibile la proposizione di ricorso per cassazione, ma, se del caso, la procedura di correzione di errore materiale di cui agli artt. 287 c.p.c. e segg. (Cass. n. 23704/2016). Infatti 1,9rrore di calcolo può essere denunciato con ricorso per cassazione quando sia riconducibile all’impostazione delle operazioni matematiche necessarie per ottenere un certo risultato, lamentandosi un error in iudicando nell’individuazione di parametri e criteri di conteggio (e in ordine a tali profili, pure denunciati, si richiamano le considerazioni appena espresse sub p. 2.2.), mentre, ove consista in un’erronea utilizzazione delle regole matematiche sulla base di presupposti numerici, individuazione e ordine delle operazioni da compiere esattamente determinati, è emendabile con la procedura di correzione ex art. 287 c.p.c..

3. Il quarto motivo è infondato.

Contrariamente a quanto assume il ricorrente principale, il giudizio di primo grado instaurato da B.A. è iniziato nel 1992, non nel 2010 (anno di instaurazione del giudizio di appello), sicché trova applicazione nel presente processo, perché già in corso quando la vendita del bene è avvenuta, nel 2008, la disciplina della successione a titolo particolare di cui all’art. 111 c.p.c. e il processo prosegue tra le parti originarie, tranne i casi previsti dalla norma, nella specie non ricorrenti e neppure dedotti dal Consorzio, essendo la doglianza formulata sulla base di un presupposto erroneo, per quanto appena precisato.

4. I motivi di ricorso incidentale sono così rubricati: “1. Violazione o falsa applicazione delle norme di diritto- Travisamento dei fatti – art. 360 c.p.c.; 2. Falsa applicazione delle norme di diritto – art. 360 c.p.c. e artt. 1292 c.c. e segg.; 3. Omesso esame circa un fatto decisivo art. 360 c.p.c.”. Lamenta, con il primo motivo, la controricorrente B.A. l’erronea quantificazione del danno liquidato, per non avere la Corte d’appello considerato anche il fabbricato esistente, che era stato costruito nel 1985, la cui abusività era stata sanata con concessione edilizia ottenuta nel 2010. Deduce che la Corte d’appello non ha valutato il bene secondo il suo valore di mercato al momento dell’appropriazione illegittima, vertendosi in ipotesi di occupazione illegittima della strada di accesso alla sua proprietà e non in ipotesi di espropriazione legittima. Con il secondo motivo le controricorrenti affermano di non condividere l’orientamento di questa Corte, richiamato nella sentenza impugnata, secondo cui non ricorre la solidarietà passiva tra il Consorzio concessionario e la PCM commissario del governo. Ad avviso delle B. la solidarietà deve essere affermata perché si è trattato di attività illecita fonte di responsabilità ex art. 2043 c.c.. Con il terzo motivo si deduce che il difensore delle controricorrenti si era dichiarato antistatario negli atti introduttivi, nella comparsa conclusionale di primo grado era stato aggiunto che il difensore aveva anticipato le spese di C.T.U. e nella sentenza impugnata (pag. n. 4) si dava atto della domanda di corresponsione all’avvocato anticipatario delle spese processuali e delle spese di C.T.U. del primo e del secondo grado di giudizio. Ciò nondimeno, né il Tribunale né la Corte d’appello avevano disposto al riguardo. La Corte d’appello aveva compensato le spese del giudizio d’appello e ripartito in parti uguali le spese della C.T.U. e detta statuizione viene censurata, dovendo, invece, ad avviso delle controricorrenti, condannarsi il Consorzio alla rifusione delle spese del giudizio d’appello e della C.T.U. del secondo grado, che era stata disposta su richiesta del Consorzio.

5. Il primo motivo è infondato.

5.1. La Corte di merito ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte e condivisi dal Collegio, valevoli anche in ambito di responsabilità risarcitoria, secondo i quali il proprietario danneggiato non può trarre beneficio da una sua attività illecita, da valutarsi se e in quanto tale nel momento in cui è avvenuta la condotta pregiudizievole del danneggiante, nella specie consistita nella realizzazione, nel 1991, dell’opera pubblica con interclusione dei fondi (cfr. pag. 11 sentenza – Cass. n. 19305/2014; Cass. n. 26509/2016).

6. Il secondo motivo è manifestamente infondato.

6.1. Le deduzioni delle ricorrenti incidentali, a confutazione del consolidato indirizzo di questa Corte in tema di solidarietà passiva richiamato nella sentenza impugnata, vertono sul paventato rischio di inadempienza del concessionario e sulla diversità della fattispecie dell’espropriazione per pubblica utilità, ossia su ragioni non conducenti rispetto all’orientamento suindicato, che riguarda le ipotesi di concessione traslativa regolata dalla L. n. 219 del 1981 (Cass. SU n. 6769/2009 e successive conformi citate anche nella sentenza impugnata; cfr. anche Cass. n. 12554/2012) e che il Collegio condivide ed intende ribadire. Infatti, la delega conferita al concessionario, ai sensi della L. 14 maggio 1981, n. 219, art. 81, riveste caratteri di tale ampiezza da far identificare nel concessionario stesso il soggetto tenuto a rispondere dei danni procurati a terzi e delle obbligazioni strumentalmente preordinate all’esecuzione dell’opera pubblica, finanche quando derivino da attività legittima.

Si tratta, pertanto, di legittimazione individuata in base alla citata norma, ossia di una responsabilità esclusiva che ha fonte legale, ove, come nella specie accertato dai Giudici di merito, ci sia la delega di cui si è detto.

7. Il terzo motivo è inammissibile.

7.1. Occorre ribadire che in caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un’espressa indicazione legislativa, è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., e non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma. La procedura di correzione, oltre ad essere in linea con il disposto dell’art. 93 c.p.c., comma 2 – che ad essa si richiama per il caso in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese – consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo (Tra le tante Cass. n. 12437/2017; Cass. S.U. 16037/2010).

7.2. Il vizio denunciato in relazione alla statuizione di compensazione delle spese d’appello, oltre che espresso in modo apodittico, senza argomentazioni a supporto, concerne una valutazione discrezionale rimessa ai giudici di merito, che esula dal sindacato di legittimità, nei termini precisati dalla costante giurisprudenza di questa Corte. Infatti, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (tra le tante Cass.n. 19613/2017).

8. In conclusione, vanno rigettati sia il ricorso principale, sia il ricorso incidentale e le spese del giudizio di cassazione possono essere compensate, data la reciproca soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale per cassazione e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale per cassazione e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

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