LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5940/2016 proposto da:
V.M.G., V.M.M., M.S., quali eredi di G.C., e quali cessionari dei crediti della Asti Immobiliare s.p.a. in liquidazione, elettivamente domiciliati in Roma, Via Sant’Angela Merici n. 96, presso lo studio dell’avvocato Panzarola Andrea, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Gallenca Giuseppe, Papone Corrado, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Comune di Asti, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Cosseria n. 2, presso lo studio del Dott. Placidi Alfredo, rappresentato e difeso dall’avvocato Scaparone Paolo, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
E sul ricorso successivo:
Comune di Asti, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Cosseria n. 2, presso lo studio del Dott. Placidi Alfredo, rappresentato e difeso dagli avvocati Picco Cinzia, Scaparone Paolo, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
V.M.G., V.M.M., M.S., quali eredi di G.C. e quali cessionari dei crediti della Asti Immobiliare s.p.a. in liquidazione, elettivamente domiciliati in Roma, Via Sant’Angela Merici n. 96, presso lo studio dell’avvocato Panzarola Andrea, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Gallenca Giuseppe, Papone Corrado, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1504/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 04/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/06/2021 dal cons. IOFRIDA GIULIA.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 1504/2015, depositata in data 4/8/2015, pronunciata in sede di rinvio, a seguito di cassazione di pregressa decisione di appello, con ordinanza n. 3701/2014 di questa Corte, – in controversia promossa da M.G.C. e dalla società Asti Immobiliare spa, nel 1994, nei confronti del Comune di Asti, per sentire determinare la giusta indennità di espropriazione e la giusta indennità di occupazione, in relazione ad alcuni immobili inclusi in PEEP denominato cascine “*****”, in forza di variante operata dal Comune con Delib. del settembre 1991, successivamente espropriati con due decreti del novembre 1992, giudizio sospeso, ex art. 295 c.p.c., con ordinanza della Corte d’appello del febbraio 1999, in attesa della definizione del contenzioso instaurato dinanzi al giudice amministrativo avente ad oggetto l’impugnativa dei decreti di esproprio e della Delib. di variante al PEEP, riassunto dagli espropriati (a seguito di perenzione dei ricorsi amministrativi), con atto del febbraio 2011, dichiarato estinto con sentenza della Corte d’appello di Torino del 2011, decisione cassata da questa Corte con l’ordinanza del 2014, e successivamente di nuovo riassunto, nel maggio 2014, dagli espropriati, – ha liquidato l’indennità di espropriazione in Euro 667.841,60, oltre interessi legali dalla data del decreto di espropriazione al saldo, e quella di occupazione legittima in “Euro 27.8267,34” (rectius “278.267,34”), oltre interessi legali dalla domanda al saldo, ordinando il deposito della differenza dovuta dal Comune presso la sezione competente del Ministero dell’Economia e Finanze.
In particolare, i giudici d’appello hanno richiamato le conclusioni espresse dal consulente d’ufficio, nel supplemento peritale, essenzialmente in ordine al fatto che l’area, di vocazione edificatoria, sita in zona completamente urbanizzata e, al momento dell’espropriazione, “già in parte sviluppata ed edificata” e con “opere di urbanizzazione, sia primaria che secondaria,…quasi tutte presenti”, era stata espropriata dal Comune non per realizzare servizi sociali o opere pubbliche ma per edificare case di civile abitazione, direttamente o tramite cooperative; il consulente tecnico aveva quindi operato due diverse stime: a) secondo una iniziale determinazione, tenuto conto della destinazione urbanistica a “zona residenziale collinare”, con indice di edificabilità alla data dell’espropriazione (1992) quantificato in mc/mq 0,73, secondo il PEEP, atteso che il “piano costituiva una variante del PRGC”, l’indennità di espropriazione era stata quantificata dal consulente, di Euro 1.694.107,00; b) secondo altra determinazione, invece, applicato l’indice di edificabilità dello 0,25 mc/mq, contemplato dal previgente PRG, l’indennità di espropriazione era indicata in un totale di Euro 667.841,60.
Orbene la Corte d’appello, ritenendo che non potesse essere preso in considerazione il nuovo indice di edificabilità individuato dal PEEP, attesa la sua natura di “vincolo preordinato all’espropriazione”, ha applicato l’indice dello “0,25”, quale edificabilità legale esistente prima dell’apposizione del vincolo rappresentato dal PEEP, con riferimento alla data dei decreti di esproprio. La Corte d’appello ha ritenuto poi non spettante l’abbattimento del 25% ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 atteso che la realizzazione di un programma di edilizia convenzionata non configura un intervento di riforma economico-sociale.
La Corte di merito ha quindi determinato l’indennità di occupazione legittima, dal 15/5/1992 al 23/11/1992, in “un dodicesimo per anno intero di occupazione” dell’indennità di espropriazione liquidata.
Avverso la suddetta pronuncia, V.M.G., V.M.M., M.S., quali eredi di G.C. e cessionari dei crediti della Asti Immobiliare spa in liquidazione, società cancellata, propongono ricorso per cassazione, notificato il 25/2/2016, affidato ad un motivo, nei confronti del Comune di Asti (che resiste con controricorso, notificato tra l’8 ed il 12/4/2016).
Avverso la stessa pronuncia, a sua volta, il Comune di Asti, ha proposto ricorso per cassazione, notificato tra 11 ed il 2/3/2016, affidato ad un motivo, nei confronti di V.M.G., V.M.M., M.S. (che resistono con controricorso, notificato l’8/4/2016). I ricorrenti principali hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. I ricorrenti principali lamentano, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 32, comma 1, aart. 37 e L. n. 2359 del 1865, art. 39. In relazione alla liquidazione dell’indennità di espropriazione, deducendo che, da un lato, il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 come già rilevato nel precedente giudizio di rinvio, non era applicabile alla fattispecie, essendo la dichiarazione di pubblica utilità intervenuta prima dell’entrata in vigore (nel giugno 2003) del TUE, cosicché l’unico criterio di liquidazione dell’indennità era dato, secondo la L. n. 2359 del 1865, art. 39 dal valore di mercato del bene alla data del decreto di esproprio (nella specie intervenuto nel lontano 1992), e che, dall’altro lato, non contestata la natura edificatoria del terreno espropriato, doveva essere applicato il nuovo indice di edificabilità individuato dallo strumento urbanistico di carattere conformativo (non ablatorio) e generale del c.d. P.E.E.P. del 1985 (0,73), quale variante al piano urbanistico generale (come indicato dal CTU nella prima relazione depositata nel 1997), non quello presente nel PRG del 1974 (0,25), invece applicato in concreto dalla Corte di merito (e sulla base della nuova consulenza tecnica d’ufficio espletata).
2. Il Comune, da qualificarsi come ricorrente incidentale, contesta, invece, la liquidazione dell’indennità di occupazione legittima, per mesi cinque di occupazione, lamentando, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 50 in quanto l’indennità per ogni mese di occupazione doveva essere liquidata in un dodicesimo dell’indennità annua, che, a sua volta, corrisponde ad un dodicesimo dell’indennità di espropriazione (e quindi nell’importo complessivo di Euro 23.188,94), avendo invece la Corte di merito applicato il criterio di legge dettato per l’indennità annua, “omettendo una delle due divisioni per 12”.
3. I controricorrenti eccepiscono la tardività del ricorso incidentale del Comune, in quanto notificato oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata, non notificata, termine che scadeva il 29/2/2016 (a fronte di una notifica avvenuta invece il 1/3/2016), ai soli fini dell’eventuale operatività dell’art. 334 c.p.c., comma 2.
4.La prima censura del ricorso principale è fondata.
I ricorrenti principali lamentano sia l’erronea applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001 alla fattispecie sia l’erroneo riferimento all’indice di edificabilità dettato dal PRG del 1974 anziché a quello dettato dal PEEP del 1986, in vigore al momento dell’emanazione dei decreti di espropriazione (1992).
Replica il Comune controricorrente che, nella fattispecie concreta, ininfluente il riferimento in sentenza alla disciplina del T.U.E. in quanto di carattere non innovativo sul punto (stante la mancata riduzione del quantum ex art. 37, unica disposizione innovativa), il PEEP non ha previsto un nuovo indice di edificabilità di carattere generale (con valenza meramente conformativa) per l’intera area inclusa, che prescindesse dalla realizzazione dell’intervento, ma ha individuato solo la cubatura realizzabile in riferimento alle specifiche edificazioni pubbliche, ossia la realizzazione degli alloggi di edilizia economico popolare, previsti nel PEEP, costituendo quindi una specificazione del vincolo espropriativo apposto, di cui non poteva tenersi conto, dovendosi quindi ritenere permanente l’indice edificatorio previsto dal previgente PRGC.
Ora, la prima parte della doglianza è fondata, ma non determina una riforma della decisione impugnata.
In riferimento all’applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37 come modificato dalla legge finanziaria 2008 (L. n. 244 del 2007, art. 2 comma 89), contemplante l’abbattimento del 25% dell’indennità determinata, in caso di interventi di riforma economico-sociale, questa Corte ha costantemente affermato che i criteri previsti dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, in quanto introdotti a modifica del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi 1 e 2 si applicano soltanto alle procedure espropriative soggette al predetto testo unico cioè quelle in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta dopo la sua entrata in vigore (30 giugno 2003), secondo le previsioni dell’art. 57, come modificato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 302, mentre nelle procedure soggette al regime pregresso rivive la L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39 e va, quindi, fatto riferimento al valore di mercato, atteso che la norma intertemporale di cui alla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90, prevede la retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità espropriativa solo per i “procedimenti” amministrativi di espropriazione in corso, e non anche per i giudizi (Cass. 11480/2008; Cass. 14939/2100; Cass. 6798/2013; Cass. 6752/2014).
La sentenza impugnata non ha espressamente preso posizione su tale questione, in quanto ha fatto riferimento al canone del valore di mercato ai fini della liquidazione delle indennità, criterio dettato anche dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39 e non innovato dal D.P.R. n. 327 del 2001, da un lato, e poi ha ritenuto infondata nel merito la domanda del Comune di riduzione dell’indennità di espropriazione, ex art. 37 T.U.E., ritenendo implicitamente operante tale disposizione, pur vertendosi in fattispecie in cui i decreti di espropriazione risalgono addirittura al 1992.
Anche se in relazione al motivo di censura del ricorso principale la questione non assume valenza decisiva (non essendovi stata alcuna novità normativa), va chiarito tale punto.
Quanto alla seconda parte della censura, questa Corte (Cass. 266/2004; conf. Cass. 13001/2005) ha già precisato che “al fine della determinazione dell’indennità di espropriazione di un fondo edificabile in base al P.R.G. ed incluso in un piano per l’edilizia economica e popolare, l’aumento o la riduzione della volumetria fabbricabile, da parte delle disposizioni del piano particolareggiato, segnano innovazioni rispetto alle precedenti determinazioni generali sull’edificabilità dei suoli, indipendenti dal procedimento espropriativo e dalle opere pubbliche alla cui esecuzione esso è rivolto, e come tali influiscono sul valore delle aree ai fini della liquidazione dell’indennità ai sensi del D.L. n. 333 del 1992, art. 5 bis introdotto dalla Legge di conversione n. 359 del 1992, quando si traducano in una variante dell’indice medio fissato dal piano regolatore, nel senso che ugualmente fissino la cubatura realizzabile con riferimento all’intera estensione, al lordo degli spazi da lasciare poi inedificati per servizi e infrastrutture, o comunque siano rapportabili all’intera estensione in ragione della separata individuazione di detti spazi liberi con una percentuale della superficie globale, e quando inoltre estendano la variazione a tutta la zona investita dal piano, ovvero ad una sua porzione enucleabile ed enucleata per peculiarità intrinseche e per motivi di coordinamento con il complessivo assetto urbanistico, svincolati dalle determinazioni separatamente (ancorché contestualmente) adottate con il progetto espropriativo. Nel concorso di detti requisiti, al nuovo indice di edificabilità si deve attribuire la portata di modificazione del piano regolatore con funzione conformativa dei diritti di proprietà, sicché di esso deve tenersi conto ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione”.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass. SU n. 125 del 2001 – resa a sezioni unite, in sede di risoluzione di contrasto di giurisprudenza; Cass. 148/2001; Cass. 266/2004, Cass. 13958/2006; Cass. 22421/2008; Cass. 14939/2010; Cas. 24652/2016), il piano per l’edilizia economica e popolare rientra fra i piani di zona, e, quindi, fra gli strumenti urbanistici attuativi o di terzo livello, equivalenti ai piani particolareggiati o di lottizzazione ed esso ha natura di variante dello stesso piano regolatore, sia quando le sue disposizioni trasformano la destinazione delle aree da agricola in edificatoria, sia quando aumentano o riducono la volumetria fabbricabile, ed ha natura, in generale, conformativa della proprietà, importando una variante dell’indice medio di fabbricabilità fissato dal PRG, in misura indipendente dal procedimento espropriativo e dalle opere pubbliche alla cui esecuzione esso è rivolto (cfr. Cass. n. 22349/2004; Cass. 13001/2005).
Inoltre, questa Corte ha ritenuto che nella determinazione dell’indennità di espropriazione di un fondo edificabile in base al piano regolatore ed incluso in un piano per l’edilizia economica e popolare (PEEP), la valutazione delle possibilità legali ed effettive di edificazione debba essere fatta tenendo presente che i volumi realizzabili non possono essere quantificati applicando senz’altro l’indice fondiario di edificabilità, il quale è riferito alle singole aree specificamente destinate alla edificazione “privata” dallo strumento urbanistico attuativo; tuttavia, poiché ai fini dell’esercizio concreto dello ius aedificandi è necessario che l’area sia urbanizzata, occorre tener conto dell’incidenza degli spazi riservati (secondo le prescrizioni dello strumento urbanistico attuativo) ad infrastrutture e servizi di interesse generale; il che può anche essere espresso ricorrendo a indici medi di edificabilità riferiti all’intera zona omogenea; di conseguenza, si è ritenuto che tutti i terreni espropriati in ambito PEEP percepiscono la stessa indennità, calcolata su una valutazione del fondo da formulare sulla potenzialità edificatoria media di tutto il comprensorio, vale a dire dietro applicazione di un indice di fabbricabilità (territoriale) che sia frutto del rapporto fra spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi liberi o, comunque, non suscettibili di edificazione per il privato, mentre l’indice fondiario trova piena applicazione ove l’area da valutare sia collocata in comprensorio qià totalmente urbanizzato, per il quale, dunque, non è necessario lo strumento urbanistico attuativo, ancorché previsto dal piano regolatore generale (Cass. n. 18841/2016; Cass.14939/2010; Cass. 22421/2008).
Sempre secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, il carattere conformativo (e non ablatorio) del piano regolatore o di una sua variante non discende dalla sua collocazione in una specifica categoria di strumenti urbanistici, ovvero dalla presenza di piani particolareggiati o attuativi, ma dipende soltanto dai requisiti oggettivi, di natura e struttura, che presentano i vincoli in esso contenuti; ed è dunque configurabile tutte le volte in cui gli stessi vincoli mirino ad una (nuova) zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, così da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti in funzione della destinazione della intera zona in cui questi ricadono ed in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto con un’opera pubblica (Cass. 23572/2017; Cass. 207/2020; Cass. 5797/2021).
Ora la Corte d’appello, in realtà, non ha chiarito perché il PEEP, nella specie, dovesse ritenersi, invece, di carattere espropriativo e non conformativo e quindi ininfluente ai fini dell’accertamento dell’indennità di espropriazione.
E’ il controricorrente Comune ad affermare, in questa sede, che il PEEP, nella specie, non assumeva il carattere di variante generale al PRGC ma si limitava a stabilire la cubatura realizzabile solo per la realizzazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (“pari a mc 36,846”), non contenendo “alcuna previsione specifica di un indice di edificabilità generale per l’intera area inclusa nel PEEP, che prescinda dall’intervento”; ciò risulterebbe chiaramente dalla relazione peritale.
Ma, di regola, l’aumento o la riduzione della volumetria fabbricabile, da parte delle disposizioni del piano particolareggiato (nella specie il PEEP), segnano innovazioni rispetto alle precedenti determinazioni generali sull’edificabilità dei suoli, indipendenti dal procedimento espropriativo e dalle opere pubbliche alla cui esecuzione esso è rivolto, e come tali influiscono sul valore delle aree ai fini della liquidazione dell’indennità.
Ed il contrario deve essere specificamente dimostrato.
La sentenza non risulta dunque conforme ai sopra indicati principi di dritto.
5. L’unica censura del ricorso incidentale, attinente all’indennità di occupazione legittima, lamentando il Comune che sia stato liquidato importo maggiore del dovuto a titolo di indennità di occupazione legittima che doveva essere liquidata in misura pari ad 1/24 dell’indennità di espropriazione, e’, di conseguenza, assorbita.
6. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso principale, assorbito l’incidentale, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche in ordine alle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021
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