LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4052/2016 proposto da:
SAISEB TOR DI VALLE S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, Via Antonio Bertoloni, 35 presso lo studio degli Avvocati Gregorio Critelli, e Federico Cappella, che la rappresentano e difendono per procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale –
contro
Consorzio ASI di Ragusa in liquidazione, – Gestione Separata IRSAP, in persona del legale rappresentante, domiciliato in Piazza Cavour presso la cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e difeso dall’Avvocato Vincenzo Iozzia, per procura speciale in calce al controricorso con ricorso incidentale e Det. Presidente n. 10/RG del 2 marzo 2016;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania n. 1154/2015, depositata il 06/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia.
FATTI DI CAUSA
1. Con citazione notificata il 28 novembre 2001 S.A.I.S.E.B. S.p.A., in ATI con l’impresa S.a.S. Geom. I.G., ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Ragusa il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Ragusa, d’ora in poi per brevità Consorzio ASI, per ottenerne la condanna al pagamento della somma di Lire 9.178.360.617, per le riserve iscritte in contabilità dall’attrice e relative ai lavori di esecuzione del “I Lotto funzionale alla realizzazione di una base off-shore di supporto alle attività portuali dello scalo marittimo di Pozzallo, I Stralcio funzionale”.
Tanto veniva richiesto a titolo di nuovi prezzi – resisi necessari in ragione della riscontrata, nel corso dei lavori, maggiore resistenza, rispetto a quella indicata in sede di gara delle rocce oggetto di scavo – e per i maggiori esborsi sopportati dall’impresa, i danni subiti per i giorni di sospensione e la ridotta produzione, nella impossibilità di eseguire tutte le opere oggetto di appalto, nonché per la contabilizzazione di opere non previste in contratto, i maggiori costi sopportati per la maggiore durata dei lavori, interessi e restituzione dell’importo della penale.
2. Il Tribunale, respinta la riconvenzionale del Consorzio ASI, ed in parziale accoglimento delle domande attrici, ha condannato il Consorzio ASI di Ragusa a corrispondere alla S.A.I.S.E.B. S.p.A., in ATI, la somma di Euro 1.657.158,94 oltre interessi e rivalutazione, compensando in parte le spese di lite che ha posto a carico, per il residuo, della parte soccombente.
3. Il Consorzio ASI ha impugnato la sentenza di primo grado, davanti alla Corte d’Appello di Catania richiedendo una revisione in riduzione del dovuto: per i maggiori costi dello scavo di sbancamento; per la sospensione dei lavori; per la rideterminazione della penale.
In accoglimento, quindi, della riconvenzionale proposta in primo grado la parte ha chiesto, ancora: di dichiararsi nulli e inapplicabili i “Nuovi Prezzi” determinati dalla Direzione Lavori, in relazione alla insussistente maggiore resistenza della roccia, con ricalcolo dei compensi per i relativi sbancamenti e restituzione della penale dal ritardo nella consegna dell’opera, ritardo dovuto a sospensioni determinate dalla pretesa “esorbitante” dell’appaltatrice.
4. S.A.I.S.E.B. S.p.A. con appello incidentale ha chiesto la condanna del Consorzio ASI a maggiori somme a titolo di integrazione del giusto corrispettivo degli scavi di roccia, per il risarcimento danni dovuto alle maggiori spese generali non coperte da corrispondente produzione, per i maggiori costi sostenuti per il personale ed attrezzature.
5. La Corte d’Appello di Catania, in parziale accoglimento degli appelli, principale ed incidentale, ed in riforma dell’impugnata sentenza, ha condannato il Consorzio ASI di Ragusa al pagamento in favore di S.A.I.S.E.B. S.p.A. della somma di Euro 768.056,39, escludendo la spettanza degli interessi moratori e limitando gli interessi sull’importo di Euro 480.181,20 da conteggiare dal novembre 2001 alla misura del tasso legale, compensando per metà le spese di lite.
6. S.A.I.S.E.B. TOR DI VALLE S.p.A., già S.A.I.S.E.B. S.p.A., ricorre per la cassazione della sentenza di appello con tre motivi, illustrati da memoria, ai quali resiste con controricorso il Consorzio ASI di Ragusa in liquidazione, che articola, altresì, ricorso incidentale affidato a due motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente principale fa valere la violazione e falsa applicazione del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 21 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 La Corte d’Appello, errando, con l’accogliere il relativo motivo di impugnazione, aveva ritenuto che il “nuovo prezzo”, o n. p., dovesse essere calcolato, per lo scavo di roccia rivelatosi in corso d’opera più consistente della gamma valutata ed oggetto della gara, in applicazione del R.D. n. 350 del 1985, art. 21 ragguagliando il primo “a quelli di lavori consimili compresi in contratto ovvero quando sia impossibile in tutto o in parte l’assimilazione ricavandoli totalmente parzialmente da nuove regolari analisi”.
Si sarebbe così applicato al prezziario regionale il ribasso previsto in contratto del 51,5738% per i lavori di sbancamento contrattualmente programmati, e più simili, trattandosi di appalto bandito con il sistema della cd. offerta a prezzi unitari, metodologia per la quale l’Ati aveva indicato il prezzo offerto per ciascuna delle categorie di lavoro, in una gara per la quale non esisteva un ribasso percentuale unico d’asta.
Correttamente il primo giudice invece aveva ritenuto di applicare il minore ribasso proposto dall’impresa con riferimento all’intero appalto e cioè quello del 38,9952% per il principio di equità contrattuale.
L’art. 21 nella sua chiara dizione non legittimava la interpretazione ritenuta ed il consulente d’ufficio, cui si era conformata la Corte d’Appello, non poteva interpretare in via evolutiva la norma con richiamo al ribasso della lavorazione assimilabile.
I nn. pp. (nuovi prezzi) resi necessari dalla scoperta della maggiore resistenza delle rocce rispetto alle previsioni progettuali non dovevano essere assoggettati a quel ribasso particolarmente favorevole che l’Ati aveva formulato per le sottovoci di gara relative a lavorazioni “consimili” perché esso presupponeva il possesso dei macchinari e delle attrezzature, già ammortizzati, necessari allo scavo.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente non deduce, mancando così il mezzo proposto di autosufficienza, di avere contestato al giudice di appello l’applicazione del procedimento di determinazione dei nuovi prezzi definito dal R.D. n. 350 del 1895, artt. 21 e 22 nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto assoggettate anche le lavorazioni resesi necessarie dalla scoperta della maggiore resistenza delle rocce rispetto alle previsioni progettuali, al ribasso d’asta nella misura percentuale pari a quella offerta dall’appaltatore in sede di gara per le specifiche categorie di lavorazioni in cui rientravano quelle oggetto di n. p.
1.2. Il motivo è comunque infondato.
La Corte d’Appello nell’esaminare il corrispondente motivo dell’appellante ha dato corretta applicazione al R.D. n. 350 del 1895, artt. 21 e 22 provvedendo, con il ragguagliare i prezzi per le nuove lavorazioni ai “lavori consimili compresi nel contratto”, ad applicare altresì la corrispondente misura percentuale del ribasso d’asta.
Il meccanismo stabilito dalla speciale procedura definita dal R.D. n. 350 del 1895, artt. 21 e 22 diretta a fissare il nuovo prezzo, non previsto nel corrispondente elenco, delle lavorazioni resesi necessarie per circostanze ed eventi sopravvenuti o imprevisti nel corso dell’appalto di opere pubbliche, stabilisce che il nuovo prezzo sia ragguagliato alle lavorazioni consimili comprese in contratto e che tanto avvenga anche per la misura percentuale del ribasso d’asta.
L’indicato meccanismo, chiaro nei riportati termini, vale ad inserire il n. p. nell’ambito dei definiti equilibri contrattuali e tanto perché eventi sopravvenuti nel corso delle lavorazioni in atto non valgano a scardinare la composizione dell’assetto negoziale raggiunto tra appaltatrice e pubblica committenza così compromettendo l’esecuzione stessa dell’opera.
All’indicata finalità si aggiunga che il procedimento definito dal R.D. n. 350 del 1895, artt. 21 e 22 vale ad indennizzare l’appaltatore dei maggiori oneri incontrati nel corso dell’esecuzione dell’opera pubblica per difficoltà conseguenti a cause geologiche (cd. sorpresa geologica e non solo) secondo un meccanismo che è quello di cui all’art. 1664 c.c., comma 2, che riconosce un equo compenso all’appaltatore (vd., Cass. 08/09/2015, n. 17782).
Le ragioni di equità fanno sì che l’indicato rimedio sia volto non tanto a salvaguardare i margini di utile sperato dall’operazione di appalto, quanto a reintegrare l’appaltatore dei maggiori oneri rispetto al compenso contrattuale convenuto.
2. Con il secondo motivo la ricorrente fa valere la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1063 del 1962, artt. 35 e 36 dell’art. 1224 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Le lavorazioni di sbancamento avevano natura contrattuale e quindi erroneamente rispetto alle stesse la Corte d’Appello aveva escluso gli speciali interessi di mora di cui agli artt. 35 e 36 del Capitolato Generale delle Opere Pubbliche approvato con il D.P.R. n. 1063 del 1962, citando precedenti di legittimità relativi a diverse fattispecie connotate dalla natura extracontrattuale delle lavorazioni.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1229 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
In relazione all’importo di Euro 480.181,20, riconosciuto a titolo di prezzo per i lavori di sbancamento, la Corte d’Appello aveva fatto decorrere gli interessi legali dalla notifica dell’atto di citazione e quindi dal novembre 2001, primo atto di costituzione in mora.
La costituzione in mora del Consorzio era stata invece effettuata con lettera raccomandata del 16 aprile 1997 con cui SAISEB S.p.A. aveva avanzato la richiesta di maggiore compenso in relazione alla maggiore durezza della roccia, richiesta reiterata con nota del 5 maggio 1997 e ancora con quella del 23 maggio 1997, con raccomandata del 9 giugno 1997 e del 1 dicembre 1998.
In data 19 gennaio 1999 l’impresa aveva poi notificato una domanda di arbitrato in cui chiedeva tra l’altro la spettanza dei corrispettivi per gli scavi di sbancamento delle rocce rivelatesi più resistenti.
4. I motivi, da trattarsi congiuntamente perché entrambi relativi alla natura del debito avente ed oggetto guanto spettante all’impresa in ATI per la realizzazione degli scavi delle rocce che in corso d’opera avevano rivelato una loro maggiore resistenza, sono fondati.
Le lavorazioni di scavo sono ricomprese nel contratto e quali debiti di valuta producono interessi nelle forme reclamate dalla ricorrente a far data dal primo atto di costituzione in mora.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in tema di appalto di opere pubbliche, l’equo compenso dovuto all’appaltatore, ai sensi dell’art. 1664 c.c., comma 2, per i maggiori oneri derivanti da difficoltà di esecuzione conseguenti a cause geologiche (cd. sorpresa geologica), alle quali ricondurre anche la fattispecie in esame, rappresenta una forma indennitaria di integrazione del corrispettivo e, pertanto, costituisce un debito di valuta anche se liquidato, secondo equità, prendendo a base i maggiori esborsi dell’appaltatore e adeguandoli agli indici della sopravvenuta svalutazione monetaria. Peraltro, in assenza di un’espressa statuizione al riguardo, l’adeguamento al parametro inflattivo non può ritenersi comprensivo degli interessi, che sono quindi dovuti, con decorrenza dalla intimazione di pagamento ovvero dalla proposizione della domanda da parte dell’appaltatore e non già dalla formulazione di un’eventuale riserva, non implicando quest’ultima la costituzione in mora della stazione appaltante (Cass. 08/09/2015, n. 17782; Cass. 27/03/1993, n. 3733).
5. I motivi del ricorso incidentale.
5.1. Con il primo motivo il ricorrente incidentale fa valere la violazione del R.D. n. 350 del 1895, art. 21 e l’erronea applicazione dell’art. 1664 c.c., comma 2, della L. n. 109 del 1994, art. 25 ed omessa motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Di contro a quanto ritenuto dalla Corte d’Appello non erano riscontrabili i presupposti per l’applicazione del R.D. n. 350 cit., art. 21 (specie di lavoro non prevista in contratto; utilizzo di materia di specie diversa da quella prevista in contraete; approvazione della stazione appaltante) e non vi era alcun errore progettuale, mai dedotto dall’attrice in primo grado.
5.2. Con il secondo motivo la ricorrente in via incidentale fa valere la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e l’omesso esame delle censure mosse dal consulente tecnico di parte sulla “integrità” della roccia; la mancata analisi dei motivi di appello, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
La Corte d’Appello aveva invertito illegittimamente l’onere della prova, fondando la determinazione del prezzo dello scavo sulla mancata dimostrazione da parte del consorzio che la roccia scavata effettivamente avesse una resistenza di schiacciamento inferiore ai 400 kg./cmq.
5.3. Il primo motivo è inammissibile perché per la prima volta dedotto in sede di legittimità e volto a far valere contestazioni di merito ed a sollecitare accertamenti in fatto non consentiti in sede di legittimità.
5.4. Il secondo motivo è inammissibile perché diretto a sollecitare apprezzamenti in fatto, sulla durezza della roccia, preclusi in sede di legittimità.
6. In via conclusiva, rigettati il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va nel resto, in accoglimento del secondo e terzo motivo del ricorso principale, cassata, con rinvio della causa alla Corte d’Appello di Catania, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
PQM
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale e, in accoglimento dei restanti motivi del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Catania anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 18 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021
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