LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8148-2020 proposto da:
G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CARLO BAROTTI;
– ricorrente –
contro
PROVINCIA DI VICENZA, in persona del Presidente pro, tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BEROLONI 35, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO CAPPELLA, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO BALZANI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 15513/2019 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 07/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata dell’11/05/ 2021 dal Consigliere Relatore Dott. BELLE’
ROBERTO.
RITENUTO
che:
1. questa S.C., con sentenza n. 15513/2019, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto da G.G. avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Venezia che, adita in sede di reclamo avverso la sentenza di primo grado secondo il rito di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, commi 47 ss., aveva disatteso il gravame proposto dal medesimo e confermato la legittimità del licenziamento intimato nei suoi confronti dalla Provincia di Vicenza;
2. il contenzioso riguarda l’impugnazione di un licenziamento per superamento del comporto, fondata, secondo la narrativa della sentenza qui impugnata, sul presupposto che la malattia fosse stata causata dal datore di lavoro;
3. la Corte territoriale aveva respinto la domanda ritenendo che potessero valutarsi solo i fatti successivi ad una certa data (20.12.2012) contemplata da una successiva conciliazione intercorsa tra le parti, sicché, avendo la malattia determinato una gravità tale da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa già alla data del 16.5.2012, era da escludersi che le condotte da considerare potessero avere avuto incidenza causale sul superamento del periodo di comporto;
3. in ogni caso, la Corte territoriale aveva poi analizzato tutti i fatti dedotti dal lavoratore, per escluderne comunque la vessatorietà;
4. la S.C., rilevando quindi l’esistenza di una doppia ratio decidendi, dava atto che era stata impugnata solo la seconda ratio (sui singoli comportamenti), il che rendeva definitivo quanto affermato con la prima (sull’assenza di nesso causale), aggiungendo peraltro che, rispetto alla valutazione delle singole condotte cui avevano avuto riguardo i motivi, le dedotte violazioni di legge avevano la consistenza dell’errato apprezzamento della fattispecie concreta, censurabile come vizio di motivazione di una tipica attività propria del giudice del merito, sicché ricorreva un’ulteriore ragione di inammissibilità, senza contare che i documenti su cui si fondavano le doglianze non erano stati neppure trascritti;
5. sul quarto motivo, riguardante la condanna alle spese, questa S.C. riteneva inammissibile la censura con cui si lamentava la loro mancata compensazione, per il trattarsi di profilo estraneo al sindacato di legittimità;
6. G.G. ha impugnato la predetta pronuncia di legittimità con ricorso per revocazione, rubricato ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 3;
7. la Provincia di Vicenza ha resistito con controricorso;
8. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale.
CONSIDERATO
che:
1. con il ricorso per revocazione G.G. afferma che undici giornate del 2012, imputate a malattia e computate nel calcolo del comporto, erano in realtà da imputare a sospensione disciplinare e da ciò egli afferma deriverebbe che, al momento del licenziamento, non fosse in realtà esaurito il periodo di comporto;
2. il ricorrente aggiunge che tutto ciò sarebbe emerso da documenti a lui pervenuti dall’INPS nel febbraio 2020, dopo la pronuncia della sentenza della S.C. qui impugnata;
3. il ricorso è inammissibile;
4. la sentenza impugnata non ha deciso la causa nel merito, avendo dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione e dunque non trova applicazione l’art. 391-ter c.p.c., che ammette in tale ipotesi il ricorso per revocazione anche ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 5;
5. trovando dunque applicazione l’art. 391-bis c.p.c., la revocazione potrebbe essere ammessa solo per errore di fatto ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, commesso nella stessa sentenza revocanda;
6. ciò non è quanto prospettato dal ricorrente che richiama, come detto, l’art. 395 c.p.c., n. 5, e deduce appunto il sopravvenuto rinvenimento di un documento a suo dire decisivo;
7. il motivo formulato non rientra dunque tra quelli rispetto ai quali è ammesso il ricorso per revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione (v. Cass. 19570/2017);
8. tutto ciò senza contare che, essendo, quella qui impugnata, sentenza dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso per cassazione in relazione a motivi che non riguardavano la durata del comporto, in alcun modo potrebbe costituire vizio di essa la successiva scoperta di un certo documento asseritamente idoneo a incidere su quel calcolo;
9. il giudizio di legittimità è infatti a critica vincolata e soggiace a proprie regole di ammissibilità, sicché quel successivo rinvenimento non potrebbe rendere ammissibili censure formulate in modo inidoneo rispetto alla sentenza di merito oggetto dell’impugnazione, ancor meno poi a fronte dell’avere riguardato, la pronuncia della S.C. e il ricorso per cassazione, altri profili del contendere;
8. all’inammissibilità del ricorso segue la regolazione delle spese secondo soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di revocazione, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021