Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.26655 del 30/09/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sezione –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. DORONZO Adriana – Presidente di Sezione –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33170-2019 proposto da:

B.N.F., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO BUSIRI VICI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI 25;

– resistente –

nonché contro N.M.M., B.L., F.S., B.C.A., B.E., B.M.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 74/2019 della CORTE DEI CONTI – I SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 15/04/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/05/2021 dal Consigliere COSENTINO ANTONELLO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale SALZANO FRANCESCO, il quale chiede che le Sezioni Unite della corte di cassazione vogliano dichiarare inammissibile il ricorso.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. La controversia trae origine dalle indagini espletate dalla Guardia di Finanza, Nucleo Polizia Tributaria di Perugia, nei confronti del gruppo societario gestito dalla famiglia del prof. B.L..

2. Dall’attività investigativa era emerso che, negli anni tra il 2007 e il 2010, le cinque società del gruppo – amministrate dal prof. B.L. o da suoi familiari (moglie e figli) o da suoi fiduciari – si commissionavano reciprocamente, mediante apposite convenzioni di ricerca, prestazioni aventi ad oggetto la realizzazione di progetti di ricerca industriale, fatturandole e, su tali fatture, percependo i contributi di cui al D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297, (“Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori”), erogati dal M.I.U.R. ai sensi del D.M. n. 593 del 2000, art. 14, lett. c). Si trattava di provvidenze pubbliche nazionali erogate, sia a fondo perduto, sia sotto forma di credito d’imposta, in favore di piccole e medie imprese ai fini di coprire i costi sostenuti per progetti e/o commesse di ricerca industriale.

3. Il gruppo delle società beneficiarie dei contributi pubblici era composto da:

– Demetra s.p.a. (attualmente, S.P.RI.S.S. Lab, s.r.l.), amministrata dal prof. B.L.;

– Iride s.r.l., amministrata dal prof. B.L. dal 2010 e, fino al 30.11.2009, dalla di lui moglie, sig.ra M.G., in tale data deceduta;

– Syntexis s.r.l., amministrata dalla sig.ra F.S.; in data 2.4.2009 tale società aveva ceduto il proprio ramo “ricerca” alla suddetta società Demetra s.p.a.;

– Geosounding s.r.l., amministrata fino al 2011 dal sig. N.M.M. e successivamente dal prof. B.L.; in data 3.11.2010 anche tale società aveva ceduto il proprio ramo “ricerca” alla suddetta società Demetra s.p.a.;

– Re.Se.Lab. s.r.l., amministrata dal sig. B.C.A., figlio del prof. B.L., fino alla fusione per incorporazione nella società Iride s.r.l. Le società Demetra s.p.a. e IRIDE s.r.l. erano state certificate quali “ricercatori” dal M.I.U.R. e si erano alternate nell’esecuzione dell’attività di ricerca.

4. Gli accertamenti riguardavano una serie di ricerche – secondo gli inquirenti mai realmente effettuate – apparentemente svolte: a) dalla Iride s.r.l. su commissione della Demetra s.p.a.; b) dalla Demetra s.p.a. su commissione della Iride s.r.l.; c) dalla Iride s.r.l. su commissione della Synthexis s.r.l.; d) dalla Iride s.r.l. su commissione della Geosounding s.r.l.; e) dalla Demetra s.p.a. su commissione della Re.Se.Lan s.r.l.. Da tali operazioni sarebbe quindi conseguito un danno erariale di 990.286 Euro, pari ai contributi pubblici indebitamente fruiti per progetti di carattere sperimentale nel campo della ricerca mai effettivamente realizzati. In particolare, per quanto qui ancora interessa, la sig.ra M.G. veniva ritenuta responsabile, quale amministratrice della Iride s.r.l., di un danno all’erario di 196.955, pari ai contributi indebitamenti percepiti da tale società.

5. All’esito di dette indagini la Procura regionale presso la Sezione Giurisdizionale per l’Umbria della Corte dei conti chiedeva a tale Sezione di condannare al risarcimento del suddetto danno erariale, per la parte di rispettiva spettanza, tutte le suddette società, nonché i relativi amministratori pro tempore, sopra menzionati; per quanto specificamente riguardava la posizione della società Iride s.r.l., la Procura esercitava l’azione di danno, per la parte maturata sotto l’amministrazione della sig.ra M.G., nei confronti dei figli di costei – B.C.A., B.N.F., B.E., B.M.R. – quali eredi della stessa.

6. La Sezione Regionale dell’Umbria della Corte dei conti declinava la giurisdizione contabile sull’assunto che le società beneficiarie dei contributi non sarebbero state correttamente citate in giudizio e che i relativi amministratori non sarebbero stati soggetti alla giurisdizione contabile, difettando il rapporto di servizio e la prova di distrazioni di fondi da loro personalmente commesse.

7. La sentenza della Sezione Regionale è stata riformata in appello dalla Corte dei conti, che ha dichiarato la giurisdizione contabile, con rinvio al primo giudice. La Corte dei conti ha ritenuto che lo svolgimento dell’attività di amministrazione di una società beneficiaria di contributi pubblici bastasse a radicare il rapporto di servizio in capo all’amministratore e, quindi, a radicare la giurisdizione contabile; essendo poi questione di merito quella relativa all’effettiva sussistenza di condotte di appropriazione o distrazione di fondi pubblici.

8. Per la cassazione della sentenza della Corte dei conti ha proposto ricorso uno dei figli della sig.ra M., sig. B.N.F., contestando l’affermazione della giurisdizione contabile nei confronti della sua dante causa e quindi anche nei suoi confronti.

9. In assenza di controricorsi, la causa è stata discussa nella camera di consiglio di queste Sezioni Unite il 25 maggio 2021, per la quale hanno depositato memorie tanto il ricorrente quanto il Procuratore generale presso la Corte dei conti, mentre il Procuratore generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’inammissibilità del ricorso.

10. Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione formulata nella memoria del Procuratore generale presso la Corte dei conti sul rilievo della mancata notifica al suo ufficio del ricorso medesimo (notificato soltanto ai Procuratore regionale presso la Sezione Regionale dell’Umbria della Corte dei conti).

10.1. Se infatti, come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di rilevare (nell’ordinanza n. 23681/09, poi incidentalmente ripresa nella sentenza n. 36356/18), gli uffici della Procura generale presso la Corte dei conti e gli uffici della Procura regionale presso le sezioni giurisdizionali regionali della medesima Corte sono processualmente autonomi, ritiene tuttavia il Collegio che una notifica effettuata presso una Procura regionale, invece che presso la Procura generale, debba considerarsi nulla, ma non inesistente, con conseguente possibilità di sanatoria per il raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 3.

10.2. Fra la Procura generale presso la Corte dei conti e le Procure regionali presso le sezioni giurisdizionali regionali della medesima Corte sussiste infatti un collegamento tanto di carattere ordinamentale, giacché tutti tali uffici condividono l’esercizio delle funzioni di pubblico ministero nella giurisdizione contabile, quanto di carattere organizzativo e funzionale, giacché “il procuratore generale coordina, anche dirimendo eventuali conflitti di competenza, l’attività dei procuratori regionali” (D.Lgs. n. 174 del 2016, art. 2, comma 3). Detto collegamento induce, allora, a ritenere che la notifica di un ricorso per cassazione presso una Procura regionale raggiunga un soggetto non del tutto privo di collegamento con quello, la Procura generale, a cui il ricorso si sarebbe dovuto notificare; donde la conclusione della nullità, non inesistenza, di tale notifica, in sintonia con la lettura restrittiva della categoria dell’inesistenza della notifica elaborata da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 14916 del 2016 e, sotto altro aspetto, in analogia alla giurisprudenza di questa Corte in tema di notifica dei ricorso per cassazione effettuata presso una Avvocatura distrettuale dello Stato invece che presso l’Avvocatura generale (cfr., tra le tante, Cass. 12410/20: “Qualora il ricorso per cassazione sia notificato all’Avvocatura distrettuale dello Stato anziché all’Avvocatura generale dello Stato, il vizio della notifica è sanato, con efficacia ex tunc, dalla costituzione in giudizio del destinatario del ricorso”).

10.3. Tanto premesso, va altresì rilevato che, se la Procura generale presso la Corte dei conti non ha depositato controricorso, essa ha tuttavia depositato una memoria ex art. 380 bis comma 1, nella quale si è compiutamente difesa, prendendo posizione su tutte le questioni sollevate dal ricorrente B.N.F.. Appare quindi superfluo disporre la rinnovazione della notifica del ricorso, essendosi la nullità di tale notifica già sanata, per il raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., comma 3, con il deposito della memoria difensiva del Procuratore generale presso la Corte dei conti.

11. Con l’unico motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 1, B.N.F., lamenta l’errata declaratoria della giurisdizione contabile da parte della Corte dei conti. Nel motivo si deduce che, poiché la Procura contabile non aveva contestato alcuna condotta illecita direttamente addebitabile alla sig.ra M., la responsabilità erariale derivante dall’asserita distrazione dei contributi pubblici versati alla società Iride s.r.l, non riguardava costei ma, in ipotesi, la società. Al riguardo il ricorrente – richiamando a suffragio del proprio assunto un precedente del 2015 della Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana della Corte dei Conti -argomenta che, nelle azioni di responsabilità contro le persone giuridiche legate da un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione, la giurisdizione contabile si estenderebbe anche alle persone fisiche degli amministratori solo nel caso in cui costoro abbiano concorso con la propria condotta alla produzione del danno; cosicché, in difetto di qualunque contestazione relativa a condotte personalmente riferibili alla signora M., tra lei e la pubblica amministrazione non poteva ritenersi sorto alcun rapporto di servizio, con conseguente carenza dei presupposti per l’affermazione della giurisdizione contabile nei confronti degli eredi della stessa.

12. Il motivo è infondato. L’assunto secondo cui, nelle azioni di responsabilità aventi ad oggetto la distrazione di contributi pubblici da parte delle persone giuridiche beneficiarie, gli amministratori di queste ultime sarebbero soggetti alla giurisdizione contabile solo nel caso in cui abbiano direttamente concorso alla produzione del danno all’erario, mediante la loro personale condotta, non trova riscontro nei precedenti di queste Corte regolatrice. Nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite è infatti consolidato l’indirizzo secondo cui si configura un rapporto di servizio tra la pubblica amministrazione erogatrice di un contributo o finanziamento statale ed i legali rappresentanti di società persone giuridiche private percettrici dei medesimi, ovvero coloro che con quelle intrattengano un rapporto organico, che, disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato o ponendo in essere i presupposti per la sua illegittima percezione, abbiano frustrato lo scopo perseguito dalla P.A., distogliendo le risorse conseguite dalle finalità cui erano preordinate, senza, peraltro, che un’eventuale responsabilità della società o di altri soggetti elida di per sé sola quella dei legali rappresentanti stessi, al più operando il concorso dell’una e dell’altra ed applicandosi l’art. 2055 c.c. (cfr. Cass., SS.UU., n. 18991/2017; Cass., SS.UU. n. 30526/2019; Cass., SS.UU., n. 6461/2020; Cass., SS.UU., n. 19086/2020).

13. Neppure ha pregio l’argomento, ribadito dalla ricorrente anche nella memoria presentata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, secondo cui alla sig.ra M. non sarebbero state addebitate attività a lei personalmente riferibili. Deve infatti osservarsi, al riguardo, che le condotte consistenti nell’affidamento di incarichi fittizi per prestazioni (nella specie, di ricerca e progettazione scientifica) destinate a non essere effettivamente prestate, nella fatturazione di tali prestazioni inesistenti e nella conseguente esposizione, in sede di dichiarazione del reddito d’impresa, del corrispondente credito di imposta non possono che essere imputate, quando esse siano state poste in essere da una società, all’amministratore della stessa. Donde la configurabilità del rapporto di servizio nei confronti dell’amministratrice della società Iride s.r.l. e la conseguente sussistenza della giurisdizione contabile nei confronti dei suoi eredi, spettando poi al giudice di merito la verifica della fondatezza dell’ipotesi di responsabilità prospettata dal Pubblico Ministero contabile.

14. Il ricorso va quindi rigettato.

15. Non vi è luogo a regolazione delle spese di questo giudizio, perché, nei giudizi dinanzi alle Sezioni Unite in sede di ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione, il procuratore generale presso la Corte dei conti ha natura di parte solo in senso formale, sicché è esclusa l’ammissibilità di una pronuncia sulle spese processuali (cfr., da ultimo, SSUU n. 5589/20 20).

16. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, il 25 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 settembre 2021

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