LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 34926 – 2019 R.G. proposto da:
G.N. – c.f. ***** – M.B. – c.f.
***** – M.A. – c.f. ***** – M.R. –
c.f. ***** – (tutti quali eredi di M.D.), rappresentati e difesi in virtù di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato Maria Antonietta Laginestra ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Orazio Antinori, n. 4, presso lo studio dell’avvocato Ilaria De Iacovo.
– ricorrenti –
contro
MINISTERO della GIUSTIZIA – c.f. ***** – in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge.
– controricorrente –
avverso il decreto della Corte d’Appello di Potenza dei 13/17.4.2019,Z 6.492 / a, udita la relazione nella camera di consiglio del 16 aprile 2021 del consigliere Dott. Luigi Abete, MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO 1. Con ricorso ex L. n. 89 del 2001 depositato il 2.11.2018 G.N., M.B., M.A. e M.R., in qualità di eredi di Donato M., adivano la Corte d’Appello di Potenza.
Esponevano che con ricorso in data 12.12.2008 il loro dante causa aveva proposto innanzi al Tribunale di Potenza opposizione avverso cartella esattoriale; che con sentenza n. 281 depositata l’8.5.2017, passata in giudicato, l’adito tribunale aveva accolto l’opposizione.
Si dolevano dunque per l’irragionevole durata del giudizio anzidetto.
E chiedevano ingiungersi al Ministero della Giustizia il pagamento di un equo indennizzo.
2. Con decreto n. 357/2018 il consigliere designato ingiungeva al Ministero il pagamento della somma di Euro 1.200,00, oltre interessi.
3. G.N., M.B., M.A. e M.R. proponevano opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter.
Resisteva il Ministero della Giustizia.
4. Con decreto dei 13/17.4.2019 la Corte d’Appello di Potenza revocava l’ingiunzione e condannava il Ministero della Giustizia a pagare agli opponenti, pro quota, la complessiva somma di Euro 500,00, oltre interessi; condannava il Ministero a pagare, con distrazione, le spese del giudizio di opposizione, liquidate in Euro 235,00, oltre le spese vive della fase monitoria.
Evidenziava la corte che nel giudizio “presupposto”, a seguito del decesso del de cuius, M.D., i suoi eredi non si erano costituiti, sicché costoro avevano diritto all’indennizzo unicamente iure hereditario.
Evidenziava che la durata complessiva del giudizio “presupposto” sino alla data – 21.2.2013 – del decesso dell’iniziale opponente era stata pari a 4 anni, 2 mesi, sicché la durata irragionevole era stata pari ad 1 anno.
Evidenziava che, nel quadro dell’ampio effetto devolutivo dell’opposizione citata L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, si giustificava la revoca dell’ingiunzione e la determinazione dell’indennizzo nella minor misura di Euro 500,00, oltre interessi legali.
5. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso G.N., M.B., M.A. e M.R., tutti in qualità di eredi di M.D.; ne hanno chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.
Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.
6. Il relatore ha formulato ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza del ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.
7. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano l’omessa ed insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia.
Deducono che la corte di merito ha determinato la durata irragionevole in maniera del tutto immotivata; che la corte di merito del pari ha determinato il quantum dell’indennizzo del tutto immotivatamente, senza alcun riferimento alla concreta vicenda.
8. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la violazione ed errata applicazione di norme di diritto.
Deducono che la corte distrettuale ha errato a revocare la statuizione del consigliere designato in ordine ai compensi liquidati per la fase monitoria, siccome non oggetto di impugnativa.
Deducono che la corte distrettuale ha liquidato i compensi della fase di opposizione senza alcuna motivazione.
Deducono che la corte distrettuale, in sede di liquidazione dei compensi della fase di opposizione, non ha tenuto conto dell’aumento percentuale correlato all’evenienza in cui l’avvocato assista più soggetti.
9. Va debitamente premesso che, nonostante la rituale notificazione del decreto presidenziale e della proposta del relatore, i ricorrenti non hanno provveduto al deposito di memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.
10. In ogni caso, pur al di là del teste’ riferito rilievo, il collegio appieno condivide la proposta, che ben può essere reiterata in questa sede.
11. Ambedue i motivi di ricorso sono dunque da rigettare.
12. Con specifico riferimento al primo motivo, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, la corte territoriale, così come si è premesso, ha congruamente, esaustivamente ed ineccepibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo, sia in ordine alla determinazione della durata “irragionevole” del giudizio “presupposto” sia in ordine alla quantificazione del “moltiplicatore” annuo.
Più esattamente, al cospetto del novello dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il dictum della corte lucana va esente dalle forme tutte di “anomalia motivazionale” rilevanti alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, forme di anomalia tra le quali, di certo, non è annoverabile l’insufficienza della motivazione.
13. In particolare si rimarca, per un verso, che la Corte di Potenza ha correttamente determinato la durata irragionevole – un anno – del giudizio “presupposto” sino alla data – 21.2.2013 – del decesso del de cuius, dando atto, debitamente, che gli eredi, qui ricorrenti, non si erano costituiti nel giudizio “presupposto” dopo la morte del loro dante causa (cfr. Cass. 3.2.2017, n. 3001, secondo cui, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, qualora la parte sia deceduta prima della conclusione del processo presupposto, l’erede ha diritto al riconoscimento dell’indennizzo “iure proprio” soltanto per il periodo successivo alla sua costituzione in giudizio: infatti, non è possibile equiparare la posizione dello stesso al contumace, atteso che l’ineliminabile presupposto per la legittimazione all’indennizzo è la durata irragionevole del giudizio, incidente soltanto su chi è chiamato ad assumere, al suo interno, la qualità di parte; Cass., 19.2.2014, n. 4003).
E, ben vero, tal ultima affermazione non è stata oggetto di censura alcuna.
14. In particolare si rimarca, per altro verso, che la Corte di Potenza ha correttamente determinato il quantum del “moltiplicatore” annuo tra il minimo (Euro 400,00) ed il massimo (Euro 800,00) prefigurati dalla legge e comunque in misura di poco superiore al minimo evidentemente in considerazione del circoscritto periodo di irragionevole durata del giudizio “presupposto”.
Si tenga conto che la determinazione quantitativa dell’indennizzo, in misura compresa tra il minimo ed il massimo di legge, è sindacabile unicamente nei limiti del novello dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (“per omesso esame circa fatto decisivo e controverso”) (cfr. Cass. (ord.) 1.2.2019, n. 3157).
15. Con specifico riferimento al secondo motivo, la corte d’appello, correttamente, nel revocare l’ingiunzione, nel quadro dell’ampio effetto devolutivo che l’opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter esplica (cfr. Cass. 12.10.2015, n. 20463; Cass. 29.9.2015, n. 19348), ha fatto venir meno il compenso – non le spese – per la fase monitoria.
16. D’altra parte, il compenso – Euro 235,00 – per il giudizio di opposizione risulta determinato (al netto dell’attività istruttoria e/o di trattazione, che di certo non vi è stata) in misura non inferiore al minimo in rapporto allo scaglione di riferimento, sicché è incensurabile in questa sede; né la sua determinazione richiedeva motivazione.
17. Vero è infine che in relazione alla previsione del D.M. n. 55 del 2015, art. 4, comma 2, come modificata dal D.M. n. 37 del 2018, il giudice del merito è tenuto a motivare (cfr. Cass. 8.7.2010, n. 16153).
E tuttavia i ricorrenti hanno al riguardo denunciato una omessa valutazione (cfr. ricorso, pag. 27), recte una omissione di pronuncia, non hanno a rigore denunciato un vizio di motivazione.
18. In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno condannati a rimborsare al Ministero della Giustizia le spese del presente giudizio di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
19. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001; il che rende inapplicabile il medesimo D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare al controricorrente, Ministero della Giustizia, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 600,00, oltre spese prenotate a debito.
Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2021