Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26887 del 05/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17974/2018 R.G. proposto da:

San Giorgio IN S.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t., con domicilio eletto in Roma, Via Aurelia n. 353, presso lo studio dell’avvocato Cristina Durigon, rappresentata e difesa dall’avvocato Mario Girardi;

– ricorrente –

contro

Comune di Cori, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Belliazzi, domiciliato in Roma, p.zza Cavor presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7219/18/17, depositata il 7 dicembre 2017, della Commissione tributaria regionale del Lazio;

udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 26 aprile 2021, dal Consigliere Dott. Liberato Paolitto.

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 7219/18/17, depositata il 7 dicembre 2017, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto da San Giorgio IN S.r.l., così confermando il decisum di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento ICI per l’anno 2011;

1.1 – il giudice del gravame ha ritenuto che:

– alla fattispecie non era estensibile il giudicato, favorevole alla contribuente, formatosi sulla sentenza della Commissione tributaria provinciale di Latina, n. 1867/06/14, del 19 novembre 2014, in quanto tale pronuncia, – in disparte la questione relativa alla identità dei terreni oggetto di tassazione, – risultava fondata su presupposti diversi da quelli esaminati, e risolti, dalla sentenza oggetto di gravame;

– l’accertamento di valore conseguiva, nella fattispecie, da Delib. adottata dall’Ente locale (n. 38 del 2011) che, ai fini della determinazione del valore in comune commercio delle aree edificabili, aveva tenuto conto dei parametri delineati dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma. 5, e che, legittimamente utilizzata per l’anno di imposizione in contestazione, esponeva valori congrui;

– la stessa esistenza di vincoli non escludeva la natura edificatoria delle aree che, – per effetto di variante al Piano regolatore generale, adottata nel 2004 dal Comune di Cori (con deliberazione di c.c. n. 31 del 28 aprile 2004), – ricadevano nella zona F3 (come da certificato urbanistico prodotto in corso di causa);

2. – San Giorgio IN S.r.l. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di un complesso motivo;

– il Comune di Cori resiste con controricorso.

CONSIDERATO

che:

1. – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c., degli artt. 2697 e 2909 c.c., nonché del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, deducendo, in sintesi, che malamente il giudice del gravame aveva escluso l’efficacia ultrattiva del giudicato,, – formatosi sulla sentenza della Commissione tributaria provinciale di Latina (n. 1867/06/14) – posto che hinc et inde veniva in considerazione identità di petitum, e di causa petendi, oltreché di parti, con riferimento, quindi, alle medesime aree oggetto di tassazione ed agli stessi criteri fondativi della pretesa tributaria, criteri correlati alla edificabilità delle aree e ad una deliberazione adottata dall’Ente locale, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g), ai fini della determinazione del loro valore venale in comune commercio;

– soggiunge la ricorrente che la gravata sentenza aveva condiviso l’accertamento di valore, operato dall’avviso di accertamento, senza considerare che di detto valore il Comune non aveva offerto prova, e che questa non poteva desumersi ex se dalla deliberazione adottata dall’Ente in ordine al valore venale in comune commercio delle aree edificabili; che, ancora, avrebbe dovuto tenersi conto, a tal fine, dei vincoli e delle misure di salvaguardia che incidevano sull’edificabilità effettiva oltreché delle stesse caratteristiche intrinseche dei terreni in questione;

2. – il motivo di ricorso, – che pur prospetta profili di inammissibilità, – e’, nel suo complesso, destituito di fondamento;

3. – la sentenza, che si assume costituire giudicato vincolante (anche) nel giudizio in trattazione, ha annullato l’avviso di accertamento emesso per l’anno 2008 rilevando il difetto di motivazione dell’atto impugnato, l’inedificabilità delle aree oggetto di tassazione, – sul rilievo che detta qualità, che integra il presupposto impositivo e determina la stessa identificazione della base imponibile, presuppone l’adozione di piani attuati del PRG e, così, implica la possibilità attuale, e non meramente potenziale, di edificare, – e l’inapplicabilità retroattiva della Delib. comunale di determinazione, per zone omogenee, del valore venale in comune commercio delle aree edificabili;

3.1 – con riferimento all’efficacia ultrattiva del giudicato, la Corte ha rilevato che “Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo.”; nonché che detta efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, “non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente.” (così Cass. Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916 cui adde, ex plurimis, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512; v. altresì, in tema di ICI, Cass., 19 gennaio 2018, n. 1300; Cass., 16 settembre 2011, n. 18923; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675);

3.2 – orbene, – e dovendosi evidentemente escludere ogni efficacia ultrattiva all’accertamento che ha riguardato il contenuto motivazionale dell’avviso di accertamento emesso per l’anno 2008, non anche quello (ora) tra le parti in contestazione, – occorre rimarcare che non può ascriversi “a quei fatti che appaiano elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente” né la qualità edificabile di un terreno, – che, assente in un periodo di imposta, ben può diversamente emergere in diversa annualità, – né, come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, il valore venale in comune commercio delle aree edificabili (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5), quale elemento variabile con riferimento ai diversi periodi di imposta, (v. Cass., 30 dicembre 2019, n. 34594; Cass., 19 gennaio 2018, n. 1300; Cass., 16 settembre 2011, n. 18923; v., altresì, in motivazione, Cass. Sez. U., 28 settembre 2006, n. 25506);

4. – le residue censure risultano, poi, inammissibili nella misura in cui si risolvono in una mera contrapposizione di tesi difensive alle conclusioni cui la gravata sentenza è pervenuta, senza, così, esplicitare specifiche critiche in ordine agli accertamenti posti a fondamento di quelle conclusioni né vizi del ragionamento probatorio incentrati sull’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio;

5. – le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 1.800,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta da remoto, il 26 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021

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