Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.26921 del 05/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.g. n. 23854/2020 proposto da:

COMUNE DI MINEO, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Agatino CARIOLA;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO ***** S.P.A., in liquidazione, in persona del curatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO STOPPANI 1, presso lo studio dell’avvocato Prof. Felice GIUFFRE’, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

***** S.P.A. in liquidazione;

– intimata –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio n. R.g.

2306/11 pendente al Tribunale Amministrativo per la Sicilia –

Sezione distaccata di Catania;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/09/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO PIETRO LAMORGESE;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista, che ha concluso per il rigetto del ricorso con la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo e le pronunce consequenziali.

FATTI DI CAUSA

La ***** Spa, costituita come “Autorità d’Ambito Territoriale” CT5 della Regione Siciliana, tra i comuni interessati alla gestione unitaria e integrata dei rifiuti, ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 200 (norme in materia ambientale), otteneva dal TAR Catania un decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo del servizio espletato a favore del Comune di Mineo.

Il Comune di Mineo proponeva opposizione, deducendo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e l’inesistenza del credito azionato in via monitoria: faceva presente di avere ripetutamente contestato alla ***** l’inadempimento contrattuale che lo aveva costretto ad operare trattenute sui pagamenti per i servizi non resi o resi in maniera difforme da quanto concordato nel contratto di servizio del 21 luglio 2005.

Il processo veniva interrotto a causa del fallimento della società e riassunto nei confronti del Fallimento *****.

Il Comune di Mineo propone ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione nel quale riferisce di avere interesse a che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, tenuto conto che il medesimo TAR si era pronunciato nel senso della giurisdizione amministrativa in altro giudizio.

Il Fallimento ***** chiede di dichiarare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, evidenziando la propria natura di ente pubblico e la configurazione del rapporto con il Comune di Mineo in termini di accordo tra pubbliche amministrazioni, L. 7 agosto 1990, n. 241, ex art. 15.

Il procuratore generale ha presentato requisitoria scritta.

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ pacifico che la ***** Spa, il cui oggetto sociale era di assicurare la gestione unitaria e integrata dei rifiuti nell’ambito del “comprensorio calatino” in Sicilia, è stata costituita come “Autorità d’Ambito Territoriale”, composta dai comuni interessati al servizio, tra i quali il Comune di Mineo (socio della *****), ai sensi del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 23 e L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 22 (cfr. L.R. 11 dicembre 1991, n. 48), ed ha svolto l’attività di “organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani”, a norma del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 200. Il rapporto tra la ***** e il Comune di Mineo è regolato da un contratto di servizio stipulato il 21 luglio 2005.

Tra la ***** e il Comune di Mineo è insorto un contenzioso concernente il pagamento del corrispettivo del servizio, preteso dalla prima e contestato dal Comune, il quale imputa alla società di essere inadempiente agli obblighi di gestione del servizio assunti nel contratto suindicato.

Il Fallimento resistente invoca la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi della L. n. 241 del 1990 (dell’art. 15, comma 2, in tema di giurisdizione, richiamava l’art. 11, comma 5, abrogato dall’allegato 4, art. 4, comma 1, n. 14, dell’Allegato 4 al c.p.a., poi confluito nell’art. 133, comma 1, n. 2, c.p.a.), in ragione del fatto che, vista la natura pubblica della *****, il contratto di servizio in questione avrebbe natura di accordo tra pubbliche amministrazioni per “lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”, tra le quali sarebbero ricomprese le attività di gestione del ciclo dei rifiuti urbani, integranti funzioni e poteri pubblici di pianificazione, organizzazione e controllo, trasferiti per legge dal Comune di Mineo alla *****.

Il Comune di Mineo replica che l’oggetto del giudizio è l’esecuzione degli obblighi contrattuali relativi al rapporto tra la società d’ambito e i comuni soci per il pagamento del servizio di igiene urbana svolto nei territori comunali; che il credito contestato nasce da un contratto di servizio concluso tra soggetti che hanno agito iure privatorum e non da un accordo tra pubbliche amministrazioni, L. 7 agosto 1990, n. 241, ex art. 15; che la ***** è una società per azioni di diritto privato, come dimostrato, anche dalla sua fallibilità; che le società d’ambito sono state costituite per volontà della legge e non sulla base di accordi con le amministrazioni comunali.

Il procuratore generale ha chiesto di dichiarare la giurisdizione del giudice amministrativo, ritenendo che la controversia inerisca alla fase esecutiva di un accordo tra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 133, comma 1, n. 2, c.p.a..

Ad avviso del Collegio, la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.

Preliminarmente, giova rilevare che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi guardare, ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della situazione giuridica dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione (ex plurimis, Cass. Sez. Un. 20350 del 2018, Sez. Un., n. 25578 del 2020, Sez. Un. 13492 del 2021). In tal senso è stata intesa la formula secondo cui “la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda” di cui all’art. 386 c.p.c..

L’indagine sulla intrinseca natura della situazione giuridica dedotta si risolveva, in passato, nella ricerca del diritto soggettivo perfetto, come tale desumibile da una norma attributiva al titolare di una protezione diretta e immediata (cfr. Cass. Sez. Un. 1894 del 1962, Sez. Un. 789 del 1963), quale condizione ineludibile del radicamento della giurisdizione del giudice ordinario, con effetti pratici in tema di riparto della giurisdizione nelle controversie aventi ad oggetto interessi non assurgenti a (o non emergenti ancora, in limine litis, come) diritti soggettivi perfetti ma neppure (assurgenti) a interessi legittimi.

Era concettualmente chiaro che gli interessi legittimi altro non sono che gli interessi che si rapportano al (o si confrontano con il) potere pubblico nella vicenda concreta, ma l’oggetto di indagine in sede di riparto della giurisdizione finiva per essere la posizione giuridica dedotta in causa dall’attore per verificarne la natura o consistenza in termini di diritto-non diritto, piuttosto che la condotta o il comportamento della pubblica amministrazione, onde accertare se questa avesse agito in concreto come autorità o jure privatorum.

La sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004 ha avuto il merito di chiarire che condizione ineludibile per configurare la giurisdizione amministrativa, sia di legittimità sia esclusiva (cfr. il punto 3.2 del “considerato in diritto”), è che la pubblica amministrazione agisca come autorità, e non come “qualsiasi litigante privato” (cfr. il punto 3), e che oggetto di causa sia sempre la contestazione dell’esercizio del potere in concreto.

In questa prospettiva la “intrinseca natura della situazione giuridica dedotta in giudizio” – che costituisce l’oggetto dell’indagine sul petitum sostanziale – viene a coincidere con la verifica della esistenza o meno di una contestazione in concreto dell’esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione-autorità, contestazione che costituisce condizione ineludibile per radicare la giurisdizione amministrativa.

Non è quindi la generica (e spesso opinabile) inerenza (dell’oggetto) della controversia a una “materia” tra quelle elencate nell’art. 133 c.p.a. a far radicare la giurisdizione esclusiva, ma la contestazione delle modalità di esercizio del potere concretamente esercitato dalla pubblica amministrazione in quella materia.

A dimostrarlo è la giurisprudenza costituzionale, la quale, nonostante l’ampiezza (e apparente totalità) della formula legislativa usata nell’indicazione di una delle “materie” di giurisdizione esclusiva, ha dichiarato l’infondatezza della proposta questione di legittimità costituzionale (del D.L. 23 maggio 2008, n. 90, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 luglio 2008, n. 123, che devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “tutte le controversie, anche relative a diritti costituzionalmente tutelati, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati”). E ciò in ragione del fatto che “l’espresso riferimento normativo ai comportamenti della pubblica amministrazione deve essere inteso nel senso che quelli che rilevano, ai fini del riparto della giurisdizione, sono soltanto i comportamenti costituenti espressione di un potere amministrativo e non anche quelli meramente materiali posti in essere dall’amministrazione al di fuori dell’esercizio di un’attività autoritativa.

Nella specie – prosegue il giudice delle leggi – venendo in rilievo questioni meramente patrimoniali connesse al mancato adempimento da parte dell’amministrazione di una prestazione pecuniaria nascente da un rapporto obbligatorio, i comportamenti posti in essere dall’amministrazione stessa non sono ricompresi nell’ambito di applicazione della norma impugnata e rientrano, invece, nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, correttamente adita” (Corte Cost. n. 35 del 2010).

Nel caso in esame, invece, erroneamente è stato adito il giudice amministrativo in una vicenda riguardante esclusivamente l’esecuzione degli obblighi contrattuali e i rapporti di debito/credito tra una società d’ambito (*****) e il proprio comune socio, nella quale non è contestato in giudizio l’esercizio del potere amministrativo.

Pertanto vanamente il Fallimento ***** si dilunga sulla propria natura di pubblica amministrazione (contestata dal Comune di Mineo), sulla genesi pubblicistica della propria costituzione e, quale effetto (assunto come) conseguenziale, sulla riconducibilità del rapporto con il Comune agli accordi tra pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 133, comma 1, n. 2, c.p.a. e L. n. 241 del 1990, art. 15.

E’ già stato rilevato che tali accordi sono destinati a disciplinare e coordinare l’esercizio di potestà amministrative tra le pubbliche amministrazioni contraenti su oggetti di interesse comune, ma non a regolare questioni meramente patrimoniali tra le parti (da Cass. Sez. Un. 21770 del 2021) e che, comunque, in presenza di accordi tra pubbliche amministrazioni è predicabile la giurisdizione esclusiva solo quando la controversia abbia come “oggetto immediato” l’accordo stesso (Cass. Sez. Un. 21652 del 2021) e non vicende meramente patrimoniali ad esso in ipotesi connesse.

In conclusione, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale rimette le parti anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021

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