LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2615/2020 proposto da:
S.K., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY 23, presso lo studio dell’avvocato VALERIA GERACE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 25399/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 02/12/2019 R.G.N. 16868/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 04/02/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRI.
RILEVATO
Che:
1. Tribunale di Roma ha rigettato il ricorso proposto da S.K., cittadino senegalese di religione musulmana, espatriato a febbraio 2015 nel timore di una reazione violenta del padre della donna di religione cattolica con cui intratteneva una relazione e che era morta di parto insieme al bambino.
2. Il giudice di primo vado ha evidenziato che il ricorrente non aveva allegato elementi utili a riconoscergli lo status di rifugiato. Quanto alla protezione sussidiaria, ha escluso che ricorressero i presupposti elencati del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ed inoltre ha verificato sulla base di Report internazionali aggiornati che neppure poteva essere riconosciuta la protezione ai sensi della lett. c) della citata disposizione.
3. Ha escluso infine il diritto del richiedente al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie evidenziando che nella specie non poteva essere attribuito rilievo decisivo alla scolarizzazione conseguita ed al lavoro medio tempore svolto in Italia non essendo altrimenti ravvisabile la necessaria situazione di particolare vulnerabilità per il caso di rientro nel paese di provenienza.
4. Per la cassazione del provvedimento ha proposto tempestivo ricorso S.K. affidato a quattro motivi. Il Ministero dell’Interno si è limitato a depositare tardivamente una memoria di costituzione al fine di partecipare alla discussione.
CONSIDERATO
Che:
5. Con il primo motivo di ricorso è denunciato, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’errato esame delle dichiarazioni rese alla Commissione territoriale e delle allegazioni formulate in ricorso con riguardo alla condizione personale del richiedente. Sostiene il ricorrente che se il Tribunale avesse valutato le condizioni del paese di provenienza ed in particolare l’impossibilità di avere dallo stato tutela per la situazione personale descritta, approfondendo specificamente tale profilo, la domanda di protezione umanitaria sarebbe stata accolta.
5.1. La censura è inammissibile. Il Tribunale ha analizzato il livello di integrazione in Italia del richiedente, ha verificato la situazione del paese di provenienza, prendendo in esame report accreditati ed aggiornati, ed ha accertato che non sussistevano le condizioni per il riconoscimento della protezione chiesta. Il motivo formulato si risolve in un’inammissibile richiesta di rivalutazione dei fatti già complessivamente esaminati dal Collegio che, valutandoli, ha ritenuto generici e poco credibili i fatti allegati.
6. Anche il secondo motivo di ricorso, con il quale è denunciata in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 7 e 14, non può essere accolto.
6.1. Nell’accertare l’insussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione sussidiaria il Tribunale ha proceduto ad un accurato esame delle fonti internazionali di informazione accertando che il Senegal si presenta come una delle democrazie più stabili dell’Africa dove si registra un deciso miglioramento nella protezione dei diritti e delle libertà civili.
6.2. La censura mossa dal ricorrente genericamente lamenta una interpretazione benevola del contenuto dei Report internazionali e non chiarisce rispetto a quale area del paese le informazioni raccolte non sarebbero attuali né precisa in base a quali fonti più recenti, rispetto a quelle consultate, la situazione sarebbe differente. In definitiva viene proposta una inammissibile diversa lettura delle emergenze raccolte preclusa a questa Corte.
7. Il terzo motivo di ricorso, che ha ad oggetto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, oltre che, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il difetto di motivazione ed il travisamento dei fatti, è inammissibile in quanto lamenta nella sostanza una carenza di motivazione della sentenza senza precisare rispetto a cosa la sentenza avrebbe dato una risposta inadeguata se non, addirittura, inconferente.
8. Neppure può essere accolto l’ultimo motivo di ricorso con il quale il richiedente si duole dell’omesso esame da parte del Tribunale delle sue condizioni personali e delle fonti informative sul paese di provenienza con riguardo alla domanda di protezione umanitaria avanzata. Deduce che infatti il fondamento della sua richiesta avrebbe dovuto essere ravvisato, ai sensi dell’art. 8 della CEDU che tutela il diritto alla vita privata e familiare e dell’art. 2 Cost., nella condizione di vulnerabilità in cui si verrebbe a trovare in caso di rimpatrio e nella mancanza di quelle condizioni minime per soddisfare i bisogni primari da porre a raffronto con il livello di integrazione raggiunto in Italia. Tuttavia, nell’ampia censura non viene affatto chiarito quali siano le circostanze decisive trascurate dal giudice di prima istanza è ci si limita a richiamare una serie di principi generali che, pur condivisibili nel loro contenuto, non risultano in alcun modo collegati alla fattispecie concreta.
9. In conclusione, per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato. La tardiva costituzione dell’amministrazione che non ha svolto alcuna attività difensiva esime il Collegio dal provvedere sulle spese del giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis del citato D.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021