LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14733-2020 proposto da:
P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI RIZZO 50, presso lo studio dell’avvocato EUGENIO POLITO, rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIO GIACOMO NEGALE, EDOARDO MANCINI;
– ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
– intimata –
avverso la sentenza n. 6412/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 23/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 06/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI MARCO.
RILEVATO
che:
con sentenza resa in data 23/10/2019, la Corte d’appello di Roma, pronunciando quale giudice del rinvio a seguito di cassazione in sede di legittimità, in accoglimento dell’appello proposto da P.D., ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento, in favore dell’istante, di somme a titolo di risarcimento del danno in ragione della tardiva attuazione delle direttive comunitarie in materia di medici specializzandi;
a fondamento della decisione assunta, per quel che ancora rileva in questa sede, la corte territoriale ha calcolato le somme spettanti all’originario attore, disponendo la condanna dell’amministrazione convenuta al pagamento di quanto dovuto, oltre al rimborso delle spese relative al giudizio di rinvio contestualmente concluso, al precedente giudizio di cassazione e al giudizio celebratosi, sempre dinanzi alla Corte d’appello di Roma, in sede di rinvio, disponendo, viceversa, la compensazione dei pregressi gradi e fasi del giudizio, in ragione del contrasto giurisprudenziale esistente all’epoca di dette decisioni in materia di prescrizione del diritto al risarcimento dello specifico danno dedotto in giudizio;
avverso la sentenza d’appello, P.D. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;
nessun intimato ha svolto difese in questa sede;
a seguito della fissazione della Camera di Consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 91 c.p.c., nonché del D.M. n. 37 del 2018 e del D.M. n. 55 del 2014, per avere la corte territoriale erroneamente affermato la mancata produzione in giudizio, da parte dell’istante, di alcuna notula ai fini della liquidazione delle spese di lite, e per avere inoltre liquidato, in favore dello stesso difensore, somme a titolo di rimborso dei compensi delle spese giudiziali inferiori ai minimi tariffari previsti dal D.M. n. 55 del 2014, oltreché illegittimamente in modo globale, senza alcuna specificazione delle singole voci relative alle spese e ai diritti ed onorari di avvocato;
il motivo è manifestamente fondato;
osserva il Collegio come il giudice a quo abbia liquidato le spese relativo al proprio giudizio, alla fase di legittimità e alla pregressa fase di rinvio disponendo, per ciascuna di dette fasi, l’importo globale di Euro 2.500,00 ciascuna, incorrendo, attraverso detta liquidazione, nella violazione dei parametri tariffari previsti dal D.M. n. 55 del 2014;
in forza di tale ultimo tariffario, infatti, posta la corrispondenza del valore della controversia in esame con lo scaglione tra Euro 26.001,00 ed Euro 52.000,00, gli importi a titolo di compensi di avvocato sono previsti, per i giudizi dinanzi alle corti d’appello, da un minimo di Euro 5.338,00 a un massimo di Euro 9.515,00, mentre, per i giudizi dinanzi alla Corte di cassazione, da un minimo di Euro 2.626,00 a un massimo di Euro 5.250,00;
ciò posto, in quanto incorsa nella violazione dei ridetti parametri tariffari, la sentenza impugnata dev’essere cassata in parte qua;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 92 c.p.c., nonché degli artt. 3 e 24 Cost., per avere la corte territoriale illegittimamente disposto la compensazione delle spese processuali in relazione ai pregressi gradi e fasi del giudizio, sulla base di una motivazione incongrua, inidonea a giustificare l’omessa regolazione, in proprio favore, delle spese relative a dette fasi e gradi del giudizio;
il motivo è manifestamente infondato;
osserva il Collegio come la corte territoriale abbia disposto la compensazione delle spese processuali, in relazione ai gradi e alle fasi del giudizio precedenti quelli per i quali la stessa corte ha proceduto alla determinazione delle spese del giudizio, sul presupposto del carattere obiettivamente controverso delle questioni connesse alla decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno connesso alla ritardata trasposizione, nell’ordinamento italiano, delle direttive comunitarie riguardanti i medici specializzandi;
tale motivazione appare del tutto corretta, atteso che, a fronte dell’emissione della prima decisione in appello, nella presente controversia, nel febbraio del 2011, la giurisprudenza della Corte di cassazione ha cominciato a stabilizzarsi, nella materia in esame, solo a seguito delle pronunce che, a partire dal successivo maggio del 2011, hanno cominciato a riconoscere la decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno connesso alla ritardata trasposizione, nell’ordinamento italiano, delle direttive comunitarie riguardanti i medici specializzandi, a partire dal 27 ottobre 1999, data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, art. 11 (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 10813 del 17/05/2011, Rv. 617338 – 01);
ciò posto, il riconosciuto persistente contrasto interpretativo, in ordine al dies a quo della decorrenza della ridetta prescrizione, all’epoca della pronuncia dei primi giudizi di merito relativi all’odierna controversia, vale a ritenere del tutto legittima la disposta compensazione delle spese relative ai corrispondenti giudizi di merito e al successivo giudizio di legittimità reso sull’indicata questione controversa;
sulla base di tali premesse, rilevata la manifesta fondatezza del primo motivo e la manifesta infondatezza del secondo, dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto;
non essendo necessaria l’esecuzione di ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ritiene il Collegio di poter provvedere alla decisione nel merito in ordine alla regolazione delle spese dei due giudizi di rinvio celebratisi dinanzi alla Corte d’appello di Roma, e al precedente giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;
le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo; rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al rimborso, in favore di P.D., delle spese dei due giudizi di rinvio celebratisi dinanzi alla Corte d’appello di Roma e del precedente giudizio di legittimità, liquidate, quanto a ciascuno dei due giudizi di rinvio, in complessivi Euro 6.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 2.000,00 e agli accessori come per legge; e quanto al precedente giudizio di legittimità in complessivi Euro 4.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori come per legge.
Dispone la distrazione delle spese del solo ultimo giudizio di rinvio e del precedente giudizio di legittimità in favore del procuratore del P., dichiaratosi antistatario.
Conferma nel resto la sentenza impugnata.
Condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al rimborso, in favore di P.D., delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 6 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021