Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27004 del 05/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9272-2020 proposto da:

L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, al largo MESSICO n. 7, presso il proprio studio, rappresentato e difeso in proprio;

– ricorrente –

Contro

UNICREDIT S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA, alla via POMEZIA, n. 11, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE MASSIMILIANO GRASSIA, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO FORMARO;

– controricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** S.R.L. in liquidazione;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5717/2020 della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE di ROMA, depositata il 03/03/2020;

udita la relazione della causa svolta, nella Camera di Consiglio non partecipata del 27/04/2021, dal Consigliere Relatore Dott. Valle Cristiano, osserva quanto segue.

FATTO E DIRITTO

L’avv.to L., in proprio, propone un ricorso per correzione di errore materiale e un ricorso per revocazione avverso un’ordinanza di questa Corte, Sezione VI-3, la n. 05717 del 2020, (con collegio così composto: Pres. Frasca, est. D’Arrigo, componenti De Stefano Tatangelo e Porreca) che, in un giudizio di accertamento di obbligo del terzo nei confronti della Unicredit S.p.a. (in cui debitrice esecutata era la ***** S.r.l. in liquidazione e per essa il Fallimento) ha dichiarato improcedibile il ricorso, per mancata asseverazione di conformità della notifica del ricorso, in carenza di costituzione di una delle controparti, ritenendo che l’efficacia sanante potesse derivare solo dalla costituzione di entrambe le controparti che depositino copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non ne abbiano disconosciuto la conformità all’originale e ha, inoltre, affermato la tardività dell’impugnazione per violazione del termine di sessanta giorni, trattandosi di sentenza d’appello notificata.

L’istanza di correzione riguarda l’ammontare delle spese di lite liquidate, posto che sono riconosciuti Euro ottomila, a fronte di un credito del procedente avvocato L. di poco più di Euro duecento.

Unicredit S.p.a. resiste con controricorsi separati sia alla correzione di errore materiale che alla revocazione.

Il Fallimento della ***** S.r.l. in liquidazione è rimasto intimato. I ricorsi sono stati avviati alla trattazione alla stregua degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.

A seguito della rituale comunicazione della proposta di definizione, formulata dal Consigliere relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., il ricorrente ha depositato memoria nella quale ha insistito nelle proprie prospettazioni.

I motivi del ricorso per cassazione sono così formulati:

il primo motivo deduce violazione dell’art. 391 bis c.p.c. e dell’art. 395 c.p.c., n. 4: l’ordinanza impugnata è frutto di errore di fatto ex art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, nella parte in cui afferma che il ricorso è stato notificato alla controparte a mezzo pec ma le stampe cartacee delle ricevute della notificazione telematica sono sprovviste della necessaria attestazione di conformità con sottoscrizione autografa del difensore richiesta dalla L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter.

Il secondo mezzo afferma violazione dell’art. 391 bis c.p.c. e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, sotto diverso ed ulteriore profilo, in quanto l’ordinanza impugnata è frutto di errore di fatto ex art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, nella parte in cui afferma che il ricorso è stato notificato alla controparte a mezzo pec ma le stampe cartacee delle ricevute della notificazione telematica sono sprovviste della necessaria attestazione di conformità con sottoscrizione autografa del difensore richiesta dalla L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter, non considerando che il controricorrente si è costituito depositando la copia analogica del ricorso e che il medesimo controricorrente non ha disconosciuto la copia informale all’originale notificatogli attestando nel controricorso l’avvenuta notifica del ricorso.

Il terzo motivo deduce censure di violazione dell’art. 391 bis c.p.c. e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, sotto diverso ed ulteriore profilo. L’ordinanza impugnata è frutto di errore di fatto ex art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, nella parte in cui afferma che il ricorso è inammissibile perché tardivamente notificato omettendo di considerare che le ricevute cartacee della notifica a mezzo pec della sentenza impugnata sono prive di attestazione di conformità a cura del difensore del controricorrente e che sono state oggetto di disconoscimento e di querela di falso a cura del ricorrente con la memoria difensiva depositata il 02.05.2019. La notifica del controricorso e della sentenza è viziata da illegittimità, irritualità, nullità ed inesistenza in quanto la stessa è avvenuta con allegazione al messaggio di pec di tre file in formato “pdf” e non “.p7m” e quindi privi di firma digitale e conseguentemente di sottoscrizione.

Infine, il quarto e ultimo mezzo afferma: violazione di legge di cui all’art. 391 bis c.p.c. e all’art. 395 c.p.c., n. 4, sotto diverso ed ulteriore profilo, l’ordinanza impugnata è frutto di errore di fatto ex art. 391 bis c.p.c. e art. 395 c.p.c., n. 4, nella parte in cui non accerta per il controricorso l’omessa attestazione di conformità delle stampe cartacee delle ricevute della notifica telematica con sottoscrizione autografa del difensore richiesta dalla L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter, con conseguente nullità, illegittimità ed inesistenza della costituzione e conseguente assenza di qualsivoglia diritto alla liquidazione delle spese di giudizio che ad ogni modo sono state liquidate in oltre Euro 8.000 oltre accessori di legge discostandosi dai vigenti parametri forensi e dal modesto valore della domanda che è pari a Euro 287,67 e del tipo di giudizio che è un mero giudizio di esecuzione volto all’accertamento dell’obbligo del terzo.

E’ opportuno precisare che questa Corte ha ritenuto esperibili contro lo stesso provvedimento decisorio sia il procedimento di correzione materiale che quello di revocazione per errore di fatto (anche con proposizione dei due rimedi con un unico ricorso: Cass. n. 08295 del 30/07/1999 Rv. 529135 – 01).

Il ricorso per revocazione, articolato sui quattro motivi sopra, pressoché testualmente, riportati, è inammissibile in quanto: non vi è alcuna concreta allegazione, fornita di adeguata specificità in punto di documenti e in particolare delle asseverazioni e attestazioni di conformità, per le quali era onere del ricorrente in revocazione procedere ad una loro specifica e dettagliata indicazione, in quanto documenti sui quali sarebbe caduto l’errore revocatorio.

Analogamente, per quanto concerne i documenti e gli atti di controparte non vi è alcuna specifica indicazione dalla quale desumere la, soltanto asserita, non contestazione e comunque l’efficacia sanante.

La disamina delle censure di cui ai detti motivi non può, inoltre, essere analiticamente condotta, in quanto essi prospettano questioni in fatto e diritto in modo del tutto giustapposto e apodittico, senza alcuna differenza tra questioni di fatto, rilevanti ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, e questioni di diritto o comunque di valutazione decisoria.

Tutte le affermazioni seguenti alla sopradescritta intitolazione dei motivi di ricorso afferiscono, semmai, a errori di diritto del giudice (che, in ogni caso, sono soltanto anche essi affermati) e esulano per ciò solo, dal perimetro di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4, nel cui ambito ricade soltanto quel che la dottrina afferma essere “contrasto tra la rappresentazione univocamente emergente dagli atti e dai documenti e la supposizione dell’accertamento del giudice avente ad oggetto lo stesso fatto o lo stesso complesso di fatti e deve profilarsi in termini di esclusione e non di semplice diversità e inoltre il fatto, o il complesso di fatti non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza (o l’ordinanza, come nella specie) abbia pronunciato.”.

L’esposizione dei motivi, a parte la difficoltà nell’individuare con adeguata certezza le proposizioni rilevanti in termini di critica al provvedimento in quanto carente nella ricognizione di un fatto, si risolve nel prospettare una diversa opinione del ricorrente sui fatti oggetto di causa, sia in grado di merito che in sede di legittimità, ma non individua alcun errore fattuale nel senso voluto dalla norma invocata.

In materia di revocazione per errore di fatto dei provvedimenti della Corte di Cassazione si richiama la recente giurisprudenza nomofilattica (Sez. Un. 08984 del 11/04/2018 Rv. 648127 – 02): “Il combinato disposto dell’art. 391 bis c.p.c. e dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione; né, con riguardo al sistema delle impugnazioni, la Costituzione impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, sicché non appare irrazionale la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione, considerato anche che, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza Europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia.”.

Il ricorso per revocazione incorre, pertanto, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (Cass. n. 14002 del 06/06/2017 Rv. 644473 – 01): “La revocazione di una sentenza della Corte di cassazione può essere domandata solo ove sia dedotto che la decisione sia frutto di un errore di fatto che dia luogo ad un indiscutibile contrasto tra quanto in essa rappresentato e le oggettive risultanze degli atti processuali, sicché, tale impugnazione non è ammissibile qualora, per dimostrare detto errore, sia necessario produrre documenti nuovi, non depositati nelle precedenti fasi di giudizio e non richiamati, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, con l’originario ricorso per cassazione.”

Il ricorso per revocazione non e’, inoltre, corredato di alcuna domanda relativa alla fase rescissoria, con la conseguenza che di per ciò solo esso deve essere dichiarato inammissibile (Cass. n. 24203 del 14/11/2006 Rv. 593310 – 01).

Il ricorso per correzione errore materiale, nonostante l’evidente sproporzione tra il credito del L., pari a poco meno di trecento Euro e l’ammontare liquidato a titolo di spese processuali, di Euro ottomila, è proposto impropriamente, in quanto lo si incentra non su una discrasia immediatamente rilevabile, bensì a una violazione di legge e segnatamente dell’art. 287 c.p.c., con la conseguenza che esso pure è affetto da manifesta erroneità nella prospettazione.

Entrambi i ricorsi, sia quello per revocazione che quello per correzione di errore materiale sono, pertanto, infondati e devono essere rigettati.

Le spese di lite seguono la soccombenza di parte ricorrente e sono liquidate, come da dispositivo, tenuto conto del valore della causa.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibili entrambi i ricorsi;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 510,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario, oltre CA e IVA per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021

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