Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27017 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36784-2019 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.M., elettivamente domiciliata in *****, presso lo studio dell’avvocato *****, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati SIMONE PEROZZI, ANTONINO SAVERIO PEROZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 402/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO BELLE’.

RITENUTO

CHE:

1. la Corte d’Appello di Venezia ha accolto il gravame interposto da P.M. avverso la sentenza del Tribunale di Verona, che aveva rigettato la sua domanda di riconoscimento dell’indennizzo per complicanze conseguenti ad emotrasfusioni ai sensi della L. n. 210 del 1992;

2. la Corte territoriale riteneva che ricorressero elementi presuntivi idonei a dirimere in senso favorevole il giudizio sull’esistenza della trasfusione neonatale subita dalla ricorrente e del relativo nesso di causalità rispetto all’epatite da HCV poi sviluppata, da essa ravvisati:

– nel fatto che il flacone di sangue fosse stato ordinato a nome congiunto della ricorrente e della sorella gemella;

– nella unicità di diagnosi (medesima anemia) rispetto alle due gemelle;

– nella patologia riscontrata (entrambe le gemelle hanno poi sviluppato epatite da HCV);

– nella complessiva inattendibilità della tesi per cui il flacone sarebbe stato utilizzato solo per la gemella, in quanto per essa era servito un quantitativo minimo di un paio di decine di ml, a fronte di un flacone di 350 ml, mentre il protocollo di uso di un unico flacone per paziente sarebbe stata da ritenere poco comprensibile rispetto al caso di gemelle, con un medesimo gruppo sanguigno, che presentavano unicamente gli anticorpi della madre;

3. la sentenza è stata impugnata dal Ministero della Salute con un unico motivo, resistito dalla P..

CONSIDERATO

CHE:

1. l’unico motivo di ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3), con riferimento all’art. 116 c.p.c. ed agli artt. 2697,2700,2727 e 2729 c.c. ed esso va disatteso in tutte le sue articolazioni;

2. non è intanto vero che la Corte territoriale abbia violato l’art. 2697 c.c., in quanto la sentenza impugnata ha definito l’assetto istruttorio non sulla base dell’onere della prova, ma in forza di un positivo convincimento, su base presuntiva, dell’essere stata la P. sottoposta a trasfusione neonatale e del ricorrere di nesso casuale tra tale trasfusione e l’epatite cronica da HCV successivamente sviluppata;

3. inconferente è poi il richiamo del motivo ad un’indebita contestazione della lettera di dimissioni successiva alla nascita, in cui non si dava atto dell’avvenuta trasfusione, senza le forme della querela di falso e ciò in quanto non vi è necessità di un tale mezzo impugnatorio allorquando non si intenda sostenere alcunché in contrasto con il tenore dell’atto pubblico, quanto piuttosto dimostrare il verificarsi di una circostanza di cui in esso non vi è né menzione, né smentita, valendo a tale proposito gli ordinari mezzi di prova;

4. nel resto il motivo contiene una diversa ricostruzione istruttoria e indiziaria, certamente estranea al giudizio di legittimità (Cass., S.U., 34476/2019; Cass., S.U., 24148/2013) e peraltro inammissibilmente non sorretta, quanto ad asserito contrasto del ragionamento della Corte d’Appello con le risultanze testimoniali, dalla trascrizione di queste ultime, di cui si riassume solo un ritenuto esito (“hanno consentito di acclarare” si afferma in proposito nel ricorso per cassazione), senza riportare nel contesto argomentativo il contenuto concreto delle deposizioni, tutto ciò consentendo di escludere un’utile evocazione del richiamo del motivo all’art. 116 c.p.c.;

5. neppure può infine avere seguito la denuncia, attraverso il richiamo agli artt. 2727 e 2729 c.c., di violazione delle regole sulla prova presuntiva;

non è infatti sostenibile che il ragionamento indiziario sopra riepilogato nello storico di lite presenti tratti di implausibilità che possano indurre ad ipotizzare la violazione delle citate norme di regolazione della prova presuntiva, riportandosi ancora, le diverse ricostruzioni prospettate con il ricorso per cassazione, all’inammissibile tentativo di introdurre una diversa lettura del merito della controversia;

6. alla reiezione del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità;

non sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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