LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6432-2020 proposto da:
C.C.V., CA.GI.FL., A.A.R., S.A., M.A., F.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PREMUDA, 2, presso lo studio dell’avvocato SERGIO LUCCHETTI, rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO TRUGLIO;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 735/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 28/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata dell’11/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO BELLE’.
RITENUTO
CHE:
1. la Corte d’Appello di Palermo, riformando parzialmente la pronuncia del Tribunale della stessa città, ha:
– riconosciuto il diritto alla ricostruzione della carriera con i servizi pre-ruolo quanto a quattro docenti (non più parti del giudizio di cassazione);
– confermato il riconoscimento del diritto alla ricostruzione della carriera quanto a nove addetti A.T.A. (anch’essi non più parti del giudizio di legittimità);
– respinto la domanda di ricostruzione della carriera di altri docenti, tra cui gli attuali ricorrenti per cassazione;
2. rispetto a questi ultimi lavoratori, la Corte territoriale, affermava che dovesse essere disapplicato il D.Lgs. n. 297 del 1997, art. 485 in quanto tale norma neutralizzava una parte dell’anzianità maturata durante il precariato e sosteneva che dovesse parimenti essere disapplicato il “correttivo” di cui all’art. 489 del medesimo D.Lgs., ma poi riteneva che dovessero restare in ogni caso esclusi dalla ricostruzione tutti i periodi di lavoro precario inferiori ai 180 giorni per anno scolastico;
3. i docenti nei cui confronti la domanda è stata rigettata hanno proposto ricorso per cassazione con un motivo, mentre il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha depositato controricorso con il quale ha insistito per il rigetto dell’avversaria impugnazione o in subordine per la cassazione con rinvio per l’esecuzione dei corretti calcoli in base alla giurisprudenza maturata presso questa S.C.;
4. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
CONSIDERATO
CHE:
1. l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia la violazione e/o falsa applicazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70/Ce e del D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 485 e 489 ed è fondato;
3. questa S.C., interpretando ed applicando i principi da ultimo definiti da Corte di Giustizia 20 settembre 2018, Motter, ha ritenuto, a partire da Cass. 28 novembre 2019, n. 31149, alla cui motivazione qui condivisa, si fa integrale rinvio anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 2 che “in tema di riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, il D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485 deve essere disapplicato, in quanto si pone in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 dello stesso decreto, come integrato dalla L. n. 124 del 1999, art. 11, comma 14, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto “ab origine” a tempo indeterminato”;
5. da ciò la medesima pronuncia ha tratto la conseguenza, anch’essa qui condivisa, per cui, sempre quanto ai docenti, “il giudice del merito, per accertare la sussistenza di tale discriminazione, dovrà comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, né applicare la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489, e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato”;
6. tali principi sono stati applicati dalla Corte territoriale, la quale però si è discostata dagli ulteriori corollari propri del citato orientamento, secondo cui non possono essere esclusi dalla comparazione i supplenti temporanei “perché la pretesa differenza qualitativa e quantitativa della prestazione, oltre a non trovare riscontro nella disciplina dettata dai CCNL succedutisi nel tempo, che non operano distinzioni quanto al contenuto della funzione docente, non appare conciliabile, come la stessa Corte di Giustizia ha rimarcato, “con la scelta del legislatore nazionale di riconoscere integralmente l’anzianità maturata nei primi quattro anni di esercizio dell’attività professionale dei docenti a tempo determinato” (punto 34 della citata sentenza Motter), ossia nel periodo in cui, per le peculiarità del sistema di reclutamento dei supplenti, che acquisiscono punteggi in ragione del servizio prestato, solitamente si collocano più le supplenze temporanee, che quelle annuali o sino al termine delle attività didattiche”, dovendosi nella ricostruzione dell’anzianità “tenere conto del… servizio effettivo prestato, maggiorato, eventualmente, degli ulteriori periodi nei quali l’assenza è giustificata da una ragione che non comporta decurtazione di anzianità anche per l’assunto a tempo indeterminato (congedo ed aspettativa retribuiti, maternità e istituti assimilati)”, mentre sono da escludere soltanto “gli intervalli fra la cessazione di un incarico di supplenza ed il conferimento di quello successivo”, né vanno considerati, “per le supplenze diverse da quelle annuali, i mesi estivi, in relazione ai quali questa Corte da tempo ha escluso la spettanza del diritto alla retribuzione (Cass. n. 21435/2011, Cass. n. 3062/2012, Cass. n. 17892/2015), sul presupposto che il rapporto cessa al momento del completamento delle attività di scrutinio”;
escludendo tout court i periodi di lavoro dei precari inferiori ai 180 giorni la Corte siciliana si è posta in contrasto con i principi di cui sopra e ciò comporta l’accoglimento del ricorso e la cassazione in parte qua, ovverosia con riferimento alla sola posizione degli attuali ricorrenti, della sentenza impugnata, con rinvio alla medesima Corte d’Appello, affinché nel definire il merito proceda facendo applicazione delle corrette regole di calcolo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa in parte qua la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021