LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4553-2020 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale pro tempore, in proprio e quale procuratore della SOCIETA’ DI CARTOLARIZZAZIONE DEI CREDITI INPS (SCCI) SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELE DE ROSE, ANTONIETTA CORETTI, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO;
– ricorrente –
contro
C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL BANCO DI S.
SPIRITO, 42, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PISENTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO BRACCO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 505/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 18/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata dell’11/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. NICOLA DE MARINIS.
RILEVATO
– che, con sentenza del 18 luglio 2019, la Corte d’Appello di Torino confermava la decisione resa dal Tribunale di Cuneo e accoglieva l’opposizione proposta da C.C. nei confronti dell’INPS averso l’avviso di addebito per il versamento di contributi dovuti alla Gestione Artigiani per l’anno 2011 in ragione del reddito conseguito in qualità di socio della Zirak S.r.l.;
– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto di dover confermare il proprio orientamento in base al quale i redditi di capitale, quali devono ritenersi quelli, come nella specie, rivenienti dalla posizione di socio in una società a responsabilità limitata, non possono essere inclusi tra i redditi riguardo ai quali, secondo il D.L. n. 384 del 1992, art. 3 bis, comma 1, conv. in L. n. 438 del 1992, deve essere rapportato l’ammontare di contributo annuo per gli iscritti alle Gestioni Artigiani e Commercianti;
– che, per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste con controricorso il C.;
– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata; che il controricorrente ha poi presentato memoria.
CONSIDERATO
– che, con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 384 del 1992, art. 3 bis, comma 1, conv. in L. n. 438 del 1992, in connessione con la L. n. 233 del 1990, lamenta, in relazione al rinnovato quadro normativo in cui si inserisce la disposizione, la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale, che finisce per disconoscere il dato per cui i redditi da capitale e dividendi nella visione previdenziale costituiscono reddito a disposizione del lavoratore autonomo che in atto migliorano il proprio tenore di vita e che in potenza saranno utili per il miglioramento della prestazione pensionistica e quindi all’adeguatezza della stessa; che il motivo deve ritenersi infondato alla luce dell’orientamento costantemente enunciato da questa Corte (cfr., da ultimo, Cass. 20.8.2019, n. 21540) per cui “poiché la normativa previdenziale individua come base imponibile sulla quale calcolare i contributi la totalità dei redditi d’impresa così come definita dalla disciplina fiscale e considerato che secondo il testo unico delle imposte sui redditi gli utili derivanti dalla mera partecipazione a società di capitali, senza prestazione di attività lavorativa, sono inclusi tra i redditi di capitale, ne consegue che questi ultimi non concorrono a costituire la base imponibile ai fini contributivi INPS”;
– che, pertanto, il ricorso va rigettato;
– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021