Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27056 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34062-2019 proposto da:

COGES SPA, in persona dei legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CIPRO N. 47, presso lo studio dell’avvocato MARIO PISELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO BOLDRINI;

– ricorrente –

contro

A.A., APULIA CONTROPRESTITO SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 599/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 3/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. SCRIMA ANTONIETTA.

FATTI DI CAUSA

A.A. propose appello nei confronti di COGES FINANZIARIA S.p.a. (di seguito indicata pure COGES) e APULIA CONTROPRESTITO S.p.a. (di seguito indicata pure APULIA) avverso la sentenza n. 1823/2018, pubblicata il 4 aprile 2018, del Tribunale di Torino, con la quale era stata dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda principale proposta dalla A. fondata sulla violazione della normativa antiusura in relazione ad un contratto di finanziamento stipulato dalla medesima con la COGES e anticipatamente estinto; erano state rigettate le ulteriori domande proposte dell’attrice e quest’ultima condannata alle spese di lite in favore della convenuta, di APULIA (terza chiamata in causa, quale legittimata passiva dalla convenuta quale sua mandante) e di HDI ASSICURAZIONI S.p.a. (chiamata in causa da APULIA PRONTOPRESTITO S.p.a., quale legittimata passiva in ordine alla restituzione del premio assicurativo) e compensate per intero le spese di lite “tra le società convenute e terze chiamate”.

L’appellante chiese, in particolare, la riforma della sentenza impugnata con dichiarazione della nullità anche parziale della clausola di cui all’art. 3 del contratto in questione per violazione della normativa di settore, con la condanna di COGES e di APULIA, in solido, alla restituzione delle somme indebitamente riscosse e al risarcimento dei danni.

Si costituì APULIA eccependo l’inammissibilità dell’appello, del quale chiese, nel merito, comunque il rigetto; in via subordinata, chiese l’accertamento del uo difetto di legittimazione passiva in ordine alle domande di ripetizione e, quindi, il loro rigetto.

Si costituì anche COGES chiedendo, a sua volta, la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione o il rigetto della stessa.

La Corte di appello di Torino, con sentenza n. 599/2019, pubblicata il 3 aprile 2015 in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarò la nullità della clausola n. 3 del “Contratto di prestito estinguibile mediante cessione pro-solvendo di quote della retribuzione mensile”, stipulato in data 4 luglio 2005, nella parte in cui prevede che “In ogni caso di anticipata estinzione, anche per rinnovo, non sarà rimborsata alcuno dei costi indicati al pregresso punto 1.1.) lettere a), b), c), d), e)” e, per l’effetto, condannò APULIA al pagamento, in favore dell’appellante, della somma di Euro 2.818,97, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda all’effettivo saldo; rigettò le domande proposte dall’ A. nei confronti di COGES; condannò, APULIA al rimborso delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio in favore dell’appellante, come liquidate nel dispositivo della sentenza di Corte di appello; condannò l’ A. al rimborso delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito, come liquidate nel dispositivo di quella medesima sentenza.

Avverso tale decisione COGES S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo.

Le intimate non hanno svelto attività difensiva in questa sede.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione ex art. 360, c.p.c., n. 3, dell’art. 91 c.p.c., del D.M. n. 55 del 2014, nonché dell’art. 112 c.p.c., con conseguente nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4”, la ricorrente denuncia l’erroneità della sentenza impugnata relativamente al capo inerente alla liquidazione delle spese di lite sia per il primo che per i secondo grado del giudizio di merito.

In particolare, la ricorrente deduce che, pur essendo risultata integralmente vincitrice in entrambi i detti gradi di giudizio – stante il rigetto delle domande di A.A. nei confronti di COGES, con parziale conferma della sentenza di primo grado -, la Corte di appello avrebbe erroneamente riformato il capo relativo alle spese di primo domanda di parte, ed avrebbe, altresì,in modo ingiustificato e sproporzionato, ridotto le spese liquidate in primo grado (Euro “3.700,00 a titolo di compenso, oltre rimborso forfetario D.M. n. 55 del 2014, ex art. 2, ed oltre IVA se non detraibile e CPA come per legge”, somma poi ridotta in secondo grado ad “Euro 1800 oltre spese generali al 15%, CPA e IVA di legge quanto al primo grado”) e liquidato in “Euro 1:300 oltre spese generali al 15%, CPA e IVA di legge” le spese di secondo grado senza tener conto del valore della domanda, con scaglione di riferimento sino ad Euro 26.000,00.

1.1. Il motivo è fondato.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che il Collegio condivide e a cui va data continuità in questa sede, il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo (della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (Cass., ord., 12/04/2018, n. 9064; Cass. 1/06/2016, n. 11423; Cass. 30/08/2010, n. 18837).

Nella specie effettivamente, come sostenuto dalla ricorrente, la sentenza di appello, con riferimento ai rapporti tra A. e COGES nei rapporti, ha confermato la statuizione di primo grado; inoltre, l’appellante, come risulta dalle conclusioni dell’atto di appello, riportate testualmente in ricorso (v. ricorso p. 6; v. anche conclusioni riportate nella sentenza impugnata in questa sede, p. 2), si era limitata a chiedere – all’evidenza in caso di accoglimento del gravame – la vittoria di spese anche del primo grado, il rimborso forfetario delle spese generali al 15% sull’importo delle competenze liquidate ai sensi delle tariffe forensi vigenti, oltre accessori di legge, senza alcuna specifica contestazione in ordine alle spese liquidate dal primo giudice e allo scaglione di riferimento da questi applicato.

Alla luce di quanto sopra evidenziato, risulta evidente che la Corte di merito non ha fatto corretta applicazione del principio sopra ricordato. Inoltre, va posto in rilievo che, nel caso di rigetto della domanda, il valore della controversia è quello corrispondente alla somma domandata dall’attore, sicché, nel caso all’esame, lo scaglione di riferimento è quello sino ad Euro 26.000,00, come peraltro già affermato dal Tribunale, come ricordato dalla ricorrente a p. 16 del ricorso, e risulta immotivata, come pure denunciato dalla parte appena menzionata (v. ricorsa p.11), la riduzione operata al riguardo dalla Corte territoriale.

2. Stante la fondatezza dell’unico motivo proposto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto.

Non essendo necessari accertamenti di fatto, la causa si presta ad essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c.; pertanto, in parziale riforma della sentenza impugnata in questa sede, sulla base delle ragioni espresse in particolare nel p. 1 che precede, A.A. va condannata alle spese del primo grado del giudizio, liquidate – come già operato dal Tribunale – in Euro 3.700,00 a titolo di compenso, oltre rimborso forfetario D.M. n. 55 del 2014, ex art. 2, ed oltre IVA se non detraibile e CPA come per legge, nonché alle spese del secondo grado di giudizio, che si liquidano, tenuto conto dell’attività svolta, dello scaglione di riferimento sopra evidenziato, dei relativi valori minimi, in considerazione della natura e della non particolare complessità della controversia in complessivi Euro 3.118,00 per compensi, come peraltro comunque chiesto dalla ricorrente, v. ricorso p. 10 – di cui Euro 540,00 per la fase di studio + Euro 540,00 per la fase introduttiva + Euro 439,00 per la fase istruttoria/trattazione, atteso che la fase di trattazione e’, in ogni caso, ineludibile anche in appello (v. Cass., ord., 27/08/2019, n. 21743, non condividendo il Collegio, per tale ragione, quanto, in senso difforme, espresso a tale riguardo da Cass., ord., 16/04/2021 n. 10206) -, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge.

3. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo tra COGES S.p.a. e A.A., evidenziandosi che la ricorrente ha precisato di aver notificato il ricorso ad APULIA CONTROPRESTTO S.p.a. ai soli fini della c.d. denuntiatio litis.

4. Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello tesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna A.A. al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del primo grado di giudizio, che liquida in Euro 3.700,00 a titolo di compenso, oltre rimborso forfetario D.M. n. 55 del 2014, ex art. 2, ed oltre IVA se non detraibile e CPA come per legge, nonché al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio, che, liquida in Euro 3.118,00 per compensi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge; condanna altresì A.A. al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema li Cassazione, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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