LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 22744 del ruolo generale dell’anno 2019, proposto da:
M.B. (C.F.: *****) rappresentata e difesa dall’avvocato Longo Mauro (C.F.: *****), di M. &
Longo società tra avvocati S.p.A.;
– ricorrente –
nei confronti di BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A. (C.F.: *****), in persona del rappresentante per procura G.D. rappresentato e difeso dall’avvocato Ranucci Luisa (C.F.: *****);
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 8002/2019, pubblicata in data 11 aprile 2019;
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 6 maggio 2021 dal consigliere Tatangelo Augusto.
FATTI DI CAUSA
La Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. ha proposto, ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c., opposizione al precetto di pagamento intimatole da Barbara M. sulla base di titolo esecutivo costituito da ordinanza di assegnazione pronunciata ai sensi dell’art. 553 c.p.c..
L’opposizione è stata accolta dal Giudice di Pace di Roma.
Il Tribunale di Roma ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre la M., sulla base di quattro motivi.
Resiste con controricorso Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A..
E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile e/o comunque manifestamente infondato. E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.
Tale requisito è considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso e deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). La prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12761 del 09/07/2004, Rv. 575401 – 01). Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.
Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto, non presenta tale contenuto minimo.
Nella parte dedicata allo “Svolgimento del processo”, la ricorrente si limita a far presente che la banca intimata aveva proposto opposizione al precetto, dopo avere pagato gli importi dovuti in base al titolo esecutivo (con esclusione delle spese di precetto), lo stesso giorno in cui era stata notificata l’intimazione, ma non riporta (e neanche riassume in modo chiaro) gli specifici motivi posti a base dell’opposizione.
Inoltre, indica le proprie difese, svolte nel corso del giudizio di primo grado, e dà atto dell’avvenuto accoglimento dell’opposizione da parte del giudice di pace, ma non illustra in alcun modo le ragioni poste a base della suddetta decisione. In mancanza di tali indicazioni (non adeguatamente ricavabili neanche dall’esposizione a sostegno dei singoli motivi di ricorso), ad avviso della Corte deve escludersi che sia stata fornita una adeguata rappresentazione, chiara e completa, dei fatti di causa, sostanziali e processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato.
Di conseguenza, non è possibile accedere all’esame del merito del ricorso, il quale va pertanto dichiarato inammissibile.
2. Anche a scopo di completezza espositiva, è opportuno aggiungere che, per quello che è possibile evincere dal ricorso (nonostante le segnalate lacune espositive), le specifiche censure avanzate dalla ricorrente non potrebbero comunque trovare accoglimento, essendo esse stesse di per sé inammissibili e/o, comunque, manifestamente infondate (e come tali ancora una volta inammissibili) ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1.
2.1 Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Erroneo rigetto dell’istanza di declaratoria di cessazione della materia del contendere – Violazione e falsa applicazione dell’articolo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
La ricorrente sostiene che il tribunale avrebbe errato nell’escludere la cessazione della materia del contendere sull’opposizione della banca intimata, invocata da essa opposta sul presupposto che il precetto opposto era “perento”, per scadenza del termine di efficacia di novanta giorni previsto dall’art. 481 c.p.c., quanto meno al momento della prima udienza di comparizione delle parti nel giudizio di opposizione. E’ sufficiente in proposito rilevare, al di là di ogni altra considerazione, che ai sensi dell’art. 481 c.p.c., comma 2, il termine di efficacia del precetto resta sospeso qualora avverso lo stesso, come nella specie, sia stata proposta opposizione, il che esclude che potesse essersi verificata la sua “perenzione”, dedotta a sostegno della richiesta di declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Ne’ la stessa ricorrente deduce in modo sufficientemente specifico (anzi, non lo deduce affatto) di avere eventualmente rinunciato formalmente e definitivamente al precetto stesso ed alle relative spese, e di avere allegato e documentato la suddetta formale rinuncia nel corso del giudizio di merito (limitandosi a ribadire anche nella presente sede il generico ed equivoco riferimento, peraltro del tutto erroneo in diritto, come appena chiarito, ad una pretesa “perenzione” dell’intimazione).
2.2 Con il secondo motivo si denunzia “Erronea declaratoria di inammissibilità ex art. 339 c.p.c., comma 3, dei restanti motivi d’appello – Violazione e falsa applicazione dell’articolo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
Con riguardo ai motivi di appello avanzati dall’opposta e dichiarati inammissibili dal tribunale in quanto estranei al paradigma di cui all’art. 339 c.p.c., comma 3, trattandosi di giudizio di equità necessario ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, c.p.c., le censure sono inammissibili per difetto di specificità, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
La ricorrente si limita a richiamare, peraltro genericamente, l’oggetto di dette censure (salva l’indicazione delle pagine dell’atto di appello in cui le stesse erano state formulate), aventi riguardo all’efficacia di titolo esecutivo dell’ordinanza di assegnazione emessa ai sensi dell’art. 553 c.p.c., nonché all’efficacia solutoria ed alla “sufficienza” del pagamento avvenuto con l’invio di un assegno circolare, censure che il tribunale ha ritenuto non configurare violazione di norme sul procedimento, costituzionali o comunitarie ovvero di principi regolatori della materia.
Non essendo però adeguatamente illustrati gli specifici motivi dell’opposizione proposta dalla banca e le ragioni della decisione del giudice di pace, di accoglimento della stessa, non è possibile valutare nel merito il motivo di ricorso in esame.
In particolare, non è adeguatamente chiarito il concreto rilievo che avrebbe, nella presente controversia, la questione (la quale potrebbe presentare, in astratto, profili di carattere processuale) relativa all’efficacia di titolo esecutivo dell’ordinanza di assegnazione emessa ai sensi dell’art. 553 c.p.c., non essendo in alcun modo indicato se ed in che termini la stessa sia stata posta in discussione dall’opponente e quale sia eventualmente stata la decisione del giudice di primo grado sul punto.
Con riguardo alle altre questioni, per quello che è possibile evincere dalla pur lacunosa esposizione operata della stessa parte ricorrente, si tratta nella sostanza di contestazioni attinenti a profili relativi all’esattezza, alla tempestività ed alla correttezza delle modalità di adempimento di una obbligazione non contestata, peraltro derivante da un titolo esecutivo formatosi nell’ambito di un procedimento esecutivo al quale la banca non aveva partecipato come parte ma solo quale terzo pignorato.
I suddetti profili rientrano a pieno titolo nell’ambito di esplicazione del potere del giudice di pace di decidere le controversie di minor valore economico secondo equità, come previsto dall’art. 113 c.p.c., comma 2, invece che secondo diritto, onde le questioni in esame devono ritenersi del tutto estranee rispetto alla possibile violazione dei “principi regolatori della materia” che consentono la proposizione dell’appello, come in definitiva correttamente ritenuto nella decisione impugnata.
2.3 Con il terzo motivo si denunzia “Erronea condanna al rimborso delle spese di lite – Violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
Il motivo è manifestamente infondato, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1. La decisione impugnata è infatti conforme ai principi di diritto costantemente affermati da questa Corte in tema di spese processuali, che il ricorso non contiene argomenti idonei ad indurre a rimeditare.
Il giudice di pace, prima, e il tribunale, poi, hanno correttamente applicato il disposto dell’art. 91 c.p.c., secondo il quale la parte soccombente va condannata al rimborso delle spese in favore di quella vittoriosa (cd. principio di soccombenza); nella specie non vi è dubbio che la soccombenza della parte opposta sia stata integrale sia in primo grado che in appello. Del resto, la facoltà di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 14989 del 15/07/2005, Rv. 582306 – 01; conf., in precedenza: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 851 del 01/03/1977, Rv. 384463 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1898 del 11/02/2002, Rv. 552178 – 01; Sez. L, Sentenza n. 10861 del 24/07/2002, Rv. 556171 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 17692 del 28/11/2003, Rv. 572524 – 01; successivamente: Sez. 3, Sentenza n. 22541 del 20/10/2006, Rv. 592581 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 28492 del 22/12/2005, Rv. 585748 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 7607 del 31/03/2006, Rv. 590664 – 01).
2.4 Con il quarto motivo si denunzia “Erronea condanna dell’opposta ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., comma 3 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.
Anche questo motivo è manifestamente infondato, come tale inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1, in quanto la decisione impugnata è conforme ai principi di diritto costantemente affermati da questa Corte sul tema in contestazione, che il ricorso non contiene argomenti idonei ad indurre a ri-meditare Secondo l’indirizzo di questa Corte “la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3, è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all’esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonché interessi della parte vittoriosa ed a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall’art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della “potestas agendi” con un’utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte; ne consegue che la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata non richiede né la domanda di parte né la prova del danno, essendo tuttavia necessario l’accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell’infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell’ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta consapevolezza), venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell’iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22405 del 13/09/2018, Rv. 650452 01).
Nella specie, il tribunale ha espressamente rilevato proprio la palese inconsistenza delle ragioni poste dalla ricorrente a fondamento del suo gravame contro la sentenza di primo grado (non avendo ovviamente alcun rilievo – contrariamente a quanto sostiene la stessa ricorrente – sotto tale profilo, se le stesse fossero infondate o addirittura inammissibili) Il giudice di merito, valutando adeguatamente le circostanze rilevanti emergenti dagli atti ha, in altri termini, ritenuto che la ricorrente fosse consapevole della infondatezza delle proprie ragioni (o che, quanto meno, avrebbe dovuto esserlo, in base all’ordinaria diligenza) e che l’opposizione all’esecuzione della banca intimata sia stata contrastata, anche in sede di gravame, per fini pretestuosi o comunque abusivi.
La disposizione di cui all’art. 96 c.p.c., comma 3, deve quindi ritenersi correttamente applicata.
3. Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte:
– dichiara inammissibile il ricorso;
– condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 1.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021
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