LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26561/2016 R.G. proposto da:
MEDIA TEL S.A.S DI D. A. & C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Maria Angela Grilli, e dall’avv. Ugo De Luca, con domicilio eletto in Roma, alla Via F. Rosazza n. 22.
– ricorrente –
contro
BROTHER ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Nicola Sacco, con domicilio in Milano, alla Via Bellezza n. 11.
– controricorrrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2835/2016, depositata in data 5.7.2016.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14.5.2021 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.
FATTI DI CAUSA
La Media Tel s.a.s ha convenuto in giudizio la Brother Italia s.p.a. dinanzi al tribunale di Milano, esponendo di aver operato, su mandato della convenuta, come agente commerciale per la zona del Triveneto a far data dal 21.4.1999.
Ha altresì dedotto che, con comunicazione del 28.5.2006, la preponente aveva segnalato che, a causa di un non corretto utilizzo del software aziendale, erano state corrisposte provvigioni indebite ed aveva chiesto la restituzione Euro 56.903,78, ottenendo il riaccredito della minor somma di Euro 25.000,00. Pertanto, in data 16.6.2006, la Brother aveva esercitato il recesso per giusta causa, sostenendo che l’agente era a conoscenza dell’errore di contabilizzazione.
La Media Tel ha quindi chiesto di dichiarare la risoluzione del rapporto per fatto imputabile alla controparte, con condanna di quest’ultima al pagamento dell’indennità sostituiva del preavviso, dell’indennità di fine rapporto e dell’indennità suppletiva di clientela, delle somme non versate al FIRR, delle provvigioni maturante e maturande e di quelle dovute per forniture direttamente eseguite dalla convenuta nella zona riservata all’agente, con il risarcimento del danno all’immagine.
Si è costituita la Brother, sostenendo che la condotta dell’agente, consapevole di aver percepito provvigioni indebite, aveva leso il vincolo fiduciario, rendendo impossibile la prosecuzione del rapporto. All’esito, il tribunale ha accolto la domanda principale e ha condannato la convenuta al pagamento di Euro 166.199,22 per indennità sostitutiva del preavviso e di Euro 266.427,79 per indennità da cessazione del rapporto, oltre accessori e spese di lite.
Proposta impugnazione dalla Brother Italia, la Corte distrettuale, in integrale riforma della decisione di primo grado, ha ritenuto giustificato il recesso della preponente, rilevando che quest’ultima provvedeva a trasmettere periodicamente a tutti gli agenti i riepiloghi delle vendite ed il dettaglio delle provvigioni, comprese le informazioni (percentuale applicata, importi delle somme accreditate) non contenute nelle fatture, chiedendo di verificare la correttezza dei dati e di segnalare eventuali anomalie.
Le suddette informazioni consentivano di rilevare eventuali errori di calcolo e quindi, nello specifico, di avvedersi che le provvigioni erano state calcolate nella misura più alta sul prodotto con lo sconto maggiore, con un ingiusto incremento del fatturato. L’aver consapevolmente ed indebitamente percepito somme di cospicua entità, rifiutandone l’integrale restituzione, era – secondo il giudice territoriale – condotta idonea a pregiudicare il vincolo fiduciario.
La sentenza ha infine respinto la domanda di pagamento dell’indennità di fine rapporto, poiché il rapproto era stato risolto per fatto dell’agente, nonché l’indennità di preavviso, sull’assunto che il contratto di agenzia era a tempo determinato.
La cassazione della sentenza è chiesta dalla Media Tel s.a.s. con ricorso in tre motivi, illustrati con memoria.
La Brother Italia s.p.a. resiste con controricorso e con memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5.
Si assume che la Corte distrettuale avrebbe dovuto far ricorso alla prova logica ed escludere che l’agente potesse avvedersi del non corretto funzionamento del software in uso alla Brother, nonché considerare che il mancato invio delle fatture aveva reso impossibile il controllo sul calcolo delle provvigioni.
Il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 2119 c.c., art. 1455 c.c. e l’errata o omessa valutazione del comportamento dell’agente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Secondo la ricorrente, occorreva valutare la gravità dei fatti contestati tenendo conto che l’errore di contabilizzazione delle provvigioni non era di facile percezione e che la stessa preponente, che vi aveva dato causa, non si era avveduta del non corretto funzionamento del software. In ogni caso, il recesso non era giustificato, essendo in discussione la mancata restituzione di somme di contenuta entità.
I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.
La oggettiva riconoscibilità dell’errore in cui era incorsa la preponente risulta logicamente dedotta dalla sentenza sulla base del fatto che la Brother trasmetteva periodicamente i riepiloghi delle vendite e il dettaglio delle provvigioni, con le percentuali e gli importi spettanti agli agenti, indicando separatamente il prezzo netto e lo sconto applicato sulle merci elencate nei riepiloghi.
Secondo la pronuncia, l’agente era in possesso di tutte le informazioni necessarie per rilevare che le provvigioni erano state calcolate – nella misura più alta – al prodotto con lo sconto maggiore, incrementando fittiziamente il fatturato.
Peraltro, la Media Tel aveva spontaneamente provveduto ad una restituzione solo parziale degli accrediti ricevuti, a conferma della possibilità di effettuare le doverose verifiche sulla base delle informazioni di cui aveva disponibilità, non occorrendo – a tal fine anche l’invio delle fatture, una volta accertata, secondo il convincimento del giudice distrettuale, la riconoscibilità dell’errore di accredito delle provvigioni sulla base dei dati inviati all’agente.
Detta omissione non presenta, quindi, carattere di decisività.
Neppure può imputarsi al giudice di non aver fatto ricorso alla prova logica, la cui utilità era già esclusa dalla possibilità dell’agente di rilevare le problematiche segnalate dalla controparte: tale opzione era – in ogni caso – rimessa alle valutazioni insindacabili del giudice di merito.
Neppure il secondo motivo merita accoglimento, sollecitando un diverso apprezzamento della rilevanza e gravità della condotta dell’agente, su cui la Corte di merito ha correttamente posto in rilievo che nel rapporto di agenzia, la giusta causa di recesso, pur rievocando l’analoga nozione che viene in considerazione nel lavoro subordinato, deve esser valutata con maggiore severità – alla luce della maggiore autonomia di gestione dell’attività da parte dell’agente, per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali.
Ai fini della legittimità del recesso, è perciò sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata (Cass. 14771/2008; Cass. 11728/2014; Cass. 29290/2019).
L’accertata riconoscibilità dell’errore da parte delle agenti e l’ingiustificato rifiuto di restituire le provvigioni erano – in definitiva – condotte capaci di pregiudicare l’affidamento nella regolarità dell’ulteriore sviluppo del rapporto, alla luce delle usuali modalità operative delle parti e della doverosa osservanza – da parte degli agenti – degli obblighi di cooperazione nella fase di regolazione delle rispettive pretese economiche. In tale contesto, la lesione del vincolo fiduciario non poteva dipendere solo dall’entità del danno e delle somme indebitamente erogate, comunque risultate di cospicuo ammontare.
2. Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 1750 c.c., art. 1362, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che, pur essendo il contratto a tempo determinato, ne era prevista la rinnovazione tacita e pertanto, data l’intervenuta conversione in rapporto a tempo indeterminato, l’agente aveva diritto all’indennità di preavviso.
Il motivo è infondato.
La conversione del contratto di agenzia a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato si produce solo se – alla scadenza del termine – il contratto continui in via di fatto ad essere eseguito. Ove – come nella specie – sia prevista una clausola di rinnovo automatico, l’esecuzione ha luogo non a rapporto scaduto, ma nella piena efficacia del rapporto rinnovato.
La tesi formulata in ricorso condurrebbe, invece, ad escludere la stessa possibilità di rinnovazione del contratto sottoposto a termine, che, ove ne sia proseguita l’esecuzione, anche se in virtù del rinnovo, finirebbe per convertirsi sempre in rapporto a tempo indeterminato.
Va – invece – data continuità all’insegnamento di questa Corte secondo cui l’istituto del preavviso riguarda unicamente il recesso dal contratto di agenzia a tempo indeterminato, e non può essere esteso al contratto di agenzia a tempo determinato, ancorché, in mancanza di allegazione e prova della loro simulazione, si siano succeduti, senza soluzione di continuità, più contratti a termine (Cass. 3595/2011; Cass. 20265/2005).
Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 7300,00 per compenso ed 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021
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