Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27168 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3563-2019 proposta da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO DUCA DI GENOVA 26/A, presso lo studio dell’avvocato LUIGI ROSARIO PERONE, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPE VIO, MARCO SOLESIN;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del procuratore speciale, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTA VIERO;

– controricorrente –

contro

S.M., P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1643/2018 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 10/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 30/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

FATTI DI CAUSA

Il Giudice di pace di Venezia, con sentenza n. 46/2016, pubblicata il 28 aprile 2016, pronunciata nella causa promossa da S.M. nei confronti di Generali Italia S.p.a. (già Assicurazioni Generali S.p.a.), quale impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime, nonché nei confronti di M.G. (proprietario del veicolo antagonista, che alla data del sinistro de quo non risultava assicurato con alcuna compagnia di assicurazioni) e con la chiamata in causa di P.A. (conducente del detto veicolo), dichiarò l’esclusiva responsabilità del P. nella causazione del sinistro avvenuto in data ***** e in cui l’attore aveva dedotto di aver riportato danni, condannò Assicurazioni Generali S.p.a. al pagamento dell’importo di Euro 11.037,58 in favore del S., oltre interessi e spese di lite, e condannò il M. e il P. a corrispondere alla predetta società quanto versato all’attore per i fatti di causa.

Avverso tale decisione il M. propose appello, del quale – con distinti atti – chiesero il rigetto sia Generali Italia S.p.a. (già Assicurazioni Generali S.p.a.) che il S., mentre il P. rimase contumace in secondo grado.

Il Tribunale di Venezia, con sentenza n. 1643/2018, pubblicata il 10 settembre 2018, ritenendo fondata l’eccezione – proposta dal S. – di inammissibilità dell’impugnazione ex art. 342 c.p.c., dichiarò inammissibile l’appello proposto dal M.; dichiarò, altresì, inammissibile, per violazione del divieto di domande nuove di cui all’art. 345 c.p.c., la domanda di accertamento della corresponsabilità del S. e del P. in relazione al sinistro in questione e condannò l’appellante alle spese di quel grado.

Avverso la sentenza del Tribunale di Venezia, M.G. ha proposto ricorso per cassazione basato su un unico motivo, cui ha resistito Generali Italia S.p.a. con controricorso illustrato da memoria.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Con O.I. 19578/2020 depositata il 18 settembre 2020, è stata ordinata la rinnovazione della notifica nei confronti di S.M..

Il ricorrente ha provveduto a tanto con atto notificato in data 8.10.2020.

Anche dopo l’espletamento di tale incombente gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo, rubricato “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la sentenza dichiarato inammissibile l’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c.”, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver il Tribunale ritenuto che, pur non mancando censure a singoli passaggi della motivazione e pur essendo possibile capire quale sia la parte del provvedimento impugnata, nell’impostazione dell’appello sarebbe mancata la discussione critica dello specifico percorso logico seguito dal primo giudice.

Ad avviso del M., invece, un’attenta lettura dell’atto di appello, oltre che della comparsa conclusionale, avrebbe dovuto dar adito a conclusioni opposte, avendo egli, con i predetti atti, offerto una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, in base ad un percorso logico alternativo a quello seguito dal Giudice di pace, e sottoposto, comunque, in particolare con l’atto di appello, a dura critica il percorso logico seguito dal primo giudice, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 342 c.p.c., e dalla sentenza delle S.U. n. 27199/2017.

1.1. Osserva il Collegio che, con la sentenza n. 27199/17 del 16 novembre 2017, le Sezioni Unite di questa Corte hanno esaminato la questione di massima di particolare importanza relativa a quale sia l’ambito della nozione di specificità dei motivi di appello, ora prevista a pena di inammissibilità dal testo dell’art. 342 c.p.c. – di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. Oa), conv. con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 154 – (e dell’omologo art. 434 c.p.c., per il rito del lavoro), ed in particolare se essa imponga all’appellante un onere di specificazione di un diverso contenuto della sentenza di primo grado, se non perfino un progetto alternativo di sentenza o di motivazione, o non piuttosto soltanto una compiuta contestazione di bene identificati capi della sentenza impugnata e dei passaggi argomentativi, in fatto o in diritto, che la sorreggono, con la prospettazione chiara ed univoca della diversa decisione che ne conseguirebbe sulla base di bene evidenziate ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo Giudice.

Con riferimento al quesito sottoposto al loro scrutinio, le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto: “Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione de fa permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado” (v in senso conforme, Cass., ord., 30/05/2018, n. 13535).

1.2. Nella specie, le censure formulate con i motivi di appello sono state effettivamente sviluppate attraverso l’indicazione delle parti della sentenza di primo grado ritenute dall’appellante erronee e con la specificazione delle ragioni poste a fondamento delle doglianze sollevate, offrendo spunti per una decisione diversa. Ed invero, dalla lettura dell’atto di appello, in gran parte riportato anche testualmente nel ricorso ed al quale questa Corte ha accesso quale giudice del fatto processuale (Cass. 5/08/2019, n. 20924), in ragione della natura dello scrutinio richiesto dalla parte ricorrente, emerge che l’esito di inammissibilità dell’appello, cui è pervenuto il Tribunale non risulta corretto, dovendosi, invece, ritenere soddisfatto il requisito di specificità dell’atto di appello, in ossequio alla corretta esegesi dell’art. 342 c.p.c., avallata dalle Sezioni Unite di questa Corte e ribadita in successive pronunce (Cass., sez. un., 16/11/2017, n. 27199; Cass., ord., 3(105/2018, n. 13535; Cass., ord., 30/09/2019, n. 24206; Cass., ord., 22/0172020, n. 1433).

1.3. Ne consegue che l’unico motivo è fondato 2. In conclusione, va accolto il ricorso; la sentenza impugnata va cassata; la causa va rinviata al Tribunale di Venezia, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

3. Stante l’accoglimento, come sopra precisato, del ricorso, va dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorse, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia, in persona di diverso magistrato; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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