Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27175 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36345-2019 proposto da:

MA.MA., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. BARRACCO 5, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da sé stesso;

– ricorrente –

contro

M.A., ME.AN., M.P.;

– intimati –

Avverso la sentenza n. 1274/2019 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 18/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 30/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. SCRIMA ANTONIETTA.

FATTI DI CAUSA

Nel 2004 Me.An. e M.P., convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Salerno, l’avv. Ma.Ma. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni determinati, a loro avviso, dal negligente svolgimento del mandato difensivo conferito al predetto professionista in relazione al procedimento NRG 17/93 di quel Tribunale, incardinato nei confronti dell’amministratore V.N. e del Condominio di via ***** in Salerno.

In particolare le attrici dedussero che l’avv. Ma., che all’udienza del 25 maggio 1999 aveva dichiarato la propria rinuncia al mandato difensivo, aveva omesso di comunicare loro la notifica – avvenuta il 28 febbraio 2000 – della sentenza n. 1701/99, avverso la quale le medesime avevano interposto appello a mezzo diverso difensore, dichiarato inammissibile perché tardivo.

Il convenuto contestò ogni addebito mosso nei suoi confronti, propose domanda riconvenzionale per l’accertamento del proprio diritto alle competenze e chiese ed ottenne di chiamare in causa M.A., padre delle (attrici, da lui indicato come effettivo responsabile dei danni lamentati in giudizio, in quanto con il medesimo egli aveva avuto i più significativi contatti professionali ed al quale assumeva di aver consegnato la sentenza n. 1701/99, emessa a conclusione del primo grado di quel giudizio.

Il giudice adito, con sentenza n. 1544/2010, pubblicata il 28 giugno 2010, accolse la domanda delle attrici, per quanto di ragione, e condannò il convenuto alla restituzione della somma di Euro 9.400,00, corrispondente alle spese sostenute dalle parti per i due gradi del giudizio di merito nell’ambito del proc. n. 17/93, rigettò la domanda relativa ai maggiori danni perché non provata, rigettò anche la domanda proposta dall’avv. Ma. nei confronti di M.A. ed accolse, invece, la domanda riconvenzionale spiegata dal professionista, al quale riconobbe il diritto al compenso professionale per l’attività svolta in favore delle attrici, con liquidazione riservata a separata sede, e compensò tra tutte le parti le spese di lite.

Avverso tale sentenza Me.An. e M.P. proposero appello, contestando, in particolare, sia il rigetto dell’eccezione di prescrizione che il riconoscimento al professionista del diritto al compenso professionale. Sotto il primo profilo, rilevarono di aver tempestivamente sollevato l’eccezione, ai sensi dell’art. 2956 c.c., “sin dal primo verbale di causa”, e contestarono la sussistenza di un atto interruttivo, individuato dal Tribunale nella richiesta di pagamento avanzata dal professionista con la missiva del 25 marzo 2003, valutata in relazione ad una insussistente revoca tacita del mandato. Quanto al secondo profilo, contestarono la conseguenzialità – ritenuta dal primo giudice – tra l’accertamento della responsabilità professionale a carico dell’avvocato ed il riconoscimento in suo favore del diritto alle competenze professionali.

Le appellanti conclusero, quindi, per la riforma della sentenza impugnata, con rigetto della domanda riconvenzionale per intervenuta prescrizione del cedotto diritto e per la conferma, nel resto, della medesima sentenza impugnata nonché per il riconoscimento delle spese de doppio grado di giudizio.

L’avv. Ma., costituendosi, chiese il rigetto del gravame e propose, a sua volta, appello incidentale avverso la condanna a proprio carico in favore delle,9ppellanti principali, contestando, a tale ultimo riguardo, l’accertata sua responsabilità professionale, perché le parti attrici non avevano dimostrato che la causa – affidata per l’appello a diverso difensore – avrebbe avuto esiti a loro favorevoli, nonché il quantum risarcitorio, non corrispondente alle spese effettivamente sostenute dalle parti attrici, e l’omesso accertamento dell’effettiva responsabilità di M.A., per mancata ammissione della prova documentale e testimoniale chiesta sul punto.

Il Ma. concluse chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, l’ammissione della predetta prova, il rigetto dell’appello principale e l’accoglimento dell’appello incidentale da lui proposto, con vittoria di spese del doppio grado del giudizio di merito.

Si costituì in sede di appello anche M.A., proponendo, a sua volta, appello incidentale, censurando la compensazione delle spese tra tutte le parti del giudizio, operata dal primo giudice, nonostante il rigetto della domanda rivolta nei suoi confronti con l’atto di chiamata in causa, e concluse chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, la condanna dell’avv. Ma. alla refusione, in suo favore, delle spese del doppio grado del giudizio di merito.

La Corte di appello di Salerno, con sentenza n. 1274/2019, pubblicata il 18 settembre 2019, accolse, per quanto di ragione, l’appello incidentale dell’avv. M.M. e, per l’effetto, in parziale riforma della gravata sentenza, rigettò la domanda di Me.An. e M.P.; accolse; per quanto di ragione, l’appello incidentale di M.A. e, per l’effetto, “in corrispondente riforma della sentenza gravato”, condannò l’avv. M.M. alla rifusione, in favore dell’appellante incidentale, delle spese del primo grado di giudizio, con attribuzione in favore dell’avv. Michele Giudice; confermò nel resto la sentenza impugnata; condannò Me.An. e M.P. al pagamento, in favore dell’avv. M.M., delle spese del doppio grado del giudizio, con attribuzione, per il primo grado di giudizio, in favore dell’avv. Lidia Saporito, anticipataria; condannò il Ma. alle spese di quel grado, in favore di M.A., con attribuzione all’avv. Michele Giudice, anticipatario.

Avverso la sentenza della Corte di merito l’avv. Ma.Ma. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, come sintetizzato (v. ricorso, p. 1) dallo stesso ricorrente, questi censura la sentenza impugnata per “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in combinato disposto con l’art. 91 c.p.c., per aver la sentenza d’appello ingiustamente posto a carico dell’avv. Ma.Ma. le spese del doppio grado della lite, dovute al terzo da lui chiamato in causa, sig. M.A., a fronte del rigetto della domanda di responsabilità professionale, proposta nei confronti dell’odierno ricorrente dalle attrici, sig.re Me.An. e M.P.”.

In particolare, ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe “travisato la disciplina delle spese processuali da riconoscere al chiamato in causa, qualora questi non risulti soccombente”; secondo il Ma., contrariamente a quanto ritenuto da quella Corte, “il decisum sul rapporto con il chiamante non… (sarebbe) dirimente;… (rileverebbe), invece e con valore assorbente, se la domanda, che ha dato luogo alla chiamata, sia accolta oppure non” (v. ricorso p. 7).

1.1. Il motivo è infondato, avendo la Corte di merito fatto corretta applicazione del principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità e secondo cui, in forza del principio di causazione – che, unitamente a quello di soccombenza, regola il riparto delle spese di lite – il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell’attore qualora la chiamata in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall’attore stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l’attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda; il rimborso rimane, invece, a carico della parte che ha chiamato o fatto chiamare in causa il terzo qualora l’iniziativa del chiamante, rivelatasi manifestamente infondata o palesemente arbitraria, concreti un esercizio abusivo del diritto di difesa (Cass., ord., 6/12/2019, n. 31889; Cass., ord., 1/07/2021, n. 18710; v. anche Cass., ord., 17/09/2019, n. 23123 e Cass. 25/09/2019, n. 23948).

2. Con il secondo motivo, il ricorrente, come dallo stesso sintetizzato (v. ricorso, p. 1-2), deduce la “violazione dell’art. 360 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 2222 c.c. e con l’art. 24 Cost., per aver la sentenza d’appello: a) confuso l’eventuale responsabilità dell’avv. Ma. verso le proprie ex-clienti, con la responsabilità verso lui del sig. M.A. circa l’obbligo assunto di consegnare alle figlie la copia della sentenza del Tribunale di Salerno n. 1701/99; b) rigettato ingiustamente le richieste di prova dell’odierno ricorrente, già respinte in primo grado e reiterate nella fase di gravame, concernenti tale incarico dato dall’avv. Ma. e al sigg. M.A., agli inizi di marzo 2020”.

2.1. Il secondo motivo in parte, inammissibile e, in parte, infondato.

Ed invero il mezzo in scrutinio è inammissibile laddove fa riferimento a questioni (“rapporto d’opera” tra l’avv. Ma. ed il M., v. ricorso, p. 10-11) che non risultano dalla sentenza impugnata, in cui (v. p. 11) si fa riferimento ad una “interferenza (del M.) negli affari legali conferiti con apposita procura dalle assistite all’avv. Ma., consentita a titolo amichevole o per prassi”, come sostenuto in prime cure”, ritenuta “priva (di) valore legale”, “in mancanza di un atto formale di rappresentanza conferita a M.A.”, evidenziandosi che anche nella prova articolata dal ricorrente, non ammessa dai giudici del merito e riportata in ricorso (v. p. 4), si deduce che “il rapporto di prestazione intellettuale, intercorso con le germane M., fu sempre gestito dal loro genitore M.A., il quale – tranne per il conferimento dei mandati – si occupò direttamente ed in via quasi esclusiva delle vicende delle figlie” e che il M. “ritirò per conto delle figlie la copia notificata al professionista della sentenza n. 1701/00 del Tribunale di Salerno”. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, infatti, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito; pertanto, ove il ricorrente proponga una siffatta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice de’ merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merita, (Cass. 18/10/2013, n. 23675; Cass. 3/04/2003, n. 5150); nel resto, il motivo è infondato, risultando, alla luce di quanto sopra evidenziato, corretta la statuizione della Corte di merito anche in relazione alle istanze istruttorie formulate, ritenute dalla medesima inammissibili perché inconferenti, statuizione di cui pure si lamenta il ricorrente.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

4. Non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in questa sede.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315), evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo dei rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; dichiara non doversi pronunciare sulle spese; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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